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Marina bellezza
 
Marina bellezza 2016-02-13 06:16:04 LaFataRibelle
Voto medio 
 
3.3
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
3.0
Piacevolezza 
 
3.0
LaFataRibelle Opinione inserita da LaFataRibelle    13 Febbraio, 2016
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L'anima della natura, a Marina non basta

Silvia Avallone ama stupire. O meglio, turbare.
Dopo la lettura di "Acciaio", in cui le tensioni e i drammi dell'adolescenza si mescolano a quasi ogni possibile forma di violenza, mentale e fisica, ecco "Marina Bellezza", a integrare con nuovi e (a mio parere) gratuiti "strappi" emozionali il romanzo precedente. L'autrice, pare di capire, ama i contesti sociali estremi: non solo per quanto attiene alle condizioni di vita dei protagonisti, ma anche per i luoghi in cui le vicende si svolgono, chiusi e quasi estranei alla globalità che li circonda.
Là, tutto raccolto nella Piombino sorta presso l'acciaieria, in cui vi è solo rozzezza e ignoranza, e l'unica dolce luce, l'amore di Francesca, si disincanta e affievolisce, perché nessuno sa comprenderla; qui, i personaggi racchiusi tra le cime delle montagne, le storie di ognuno intrecciate alle altre, in pochi ettari di terreno, nell'aria rarefatta. È proprio il paesaggio desolato e scosceso della Valle Cervo, sembrerebbe, a farla da padrone... Andrea che vi sogna un'azienda tutta sua, la comparsa Elsa che spera in un ritorno del popolo alle origini, su quei monti solitari... Ma ogni cosa è fagocitata dalla mole enorme dell'ego della protagonista, quella Marina il cui nome è già un programma, e deduco anche per questo svetti sulla copertina del libro in questione. E tutto passa in secondo piano rispetto ai suoi dolori passati, alle sue ambizioni presenti, alle strafottenze giustificate dal fatto che "ci può stare"... Perché Marina è brava, è bella, è audace... E al fascino e a delle lunghe gambe nude tutto è concesso. Così saremmo portati a pensare che i boschi impervi del Piemonte facciano solo da pretesto narrativo, tanta è l'avversione della ragazza nei loro confronti, tanto il desiderio di spiccare il volo altrove, nonostante sia proprio quella valle, coi suoi pochi e ingenui abitanti, a concederle il carburante per il decollo... E allora perché inserire, a trama già notevolmente avviata, uno stralcio di vita montanara, a cui Andrea si vota per dimenticare lei e pure se stesso? Nonostante nella sua tenerezza e verità rappresenti per me forse il passo più bello di tutto il romanzo, esso è inadeguato nel contesto generale, dove i respiri delle vacche e il vento che soffia forte non trovano senso in maniera soddisfacente... Dunque, chissà che non siano proprio questi, il contrasto tra moderno/sbagliato e atavico/giusto, e più in generale le antinomie, la chiave della storia... Beh, può darsi: ma io li recepisco stonati, e soprattutto sterili... Poiché da tali scontri di personalità e prospettiva è come se non scaturisse nulla; e i personaggi proprio non sanno scrollarsi di dosso, in tutto ciò, la loro aura... Così i "cattivi", come il signor Caucino, non appena corrono il rischio di umanizzarsi vengono prontamente ricondotti sulla via della malvagità... E lo stesso accade ai "buoni", peraltro orchestrati secondo il principio che vede i figli non colpevoli degli errori dei padri. E se ciò è sacrosantissimamente vero, non lo è il fatto che questo spieghi anche tutte le colpe loro proprie... Sarebbe come dire che per tutti i bimbi cresciuti in famiglie ben distanti da quella del Mulino Bianco, fosse normale divenire criminali, pervertiti, alcolizzati... No: le responsabilità si smezzano, tra prole e genitori, nella vita reale... Ma non qui, dove la veridicità è fin da subito labile, anche per la bellezza che Marina, suo malgrado, porta scritta pure sulla carta d'identità. La stessa avvenenza, spudorata e incredibile, delle due protagoniste di "Acciaio", che ce le fa avvertire tutte come distanti, e irreali... E che ci apporta disagio : perché ogni volta va messa in mostra, ribadita, sottolineata da trucco e vestiti volgari, tanto che finisce per esserne deturpata. Dunque, a mio parere, "Marina Bellezza" dipinge un quadro tanto, troppo eccessivo rispetto a quella realtà tutto sommato quotidiana che si prefigge di raccontare. La Avallone smuove, è innegabile, le corde della nostra sensibilità: ma in modo così tragico (esempio lampante la scena iniziale), confuso e ricorrente, che alla fine ci perdiamo straniti, in questo mare di disgrazie... E non sappiamo più a quali scogli appigliarci, perché ciascuno di essi, ciascuno dei personaggi, risulta alla fine spiacevole e oscuro.

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"Acciaio"
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Bellissima recensione!! Complimenti Fata Ribelle
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LaFataRibelle
13 Febbraio, 2016
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Grazie mille!!! :) Troppo buona... Baci!
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