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Cutrettola
“Per lunga pratica don Pietro Coi era avvezzo a leggere nei pensieri degli altri: i pensieri più semplici, che non trovano la via delle parole”.
Le emozioni più profonde in questo breve romanzo sono quasi tutte in filigrana, mentre la trama si snoda sui fatti di Cuadu, piccolo centro rurale che conta tra i suoi abitanti settantatré caduti della Grande Guerra. Tra questi, i due figli di Mariangela Eca, vecchia contadina che tiene chiuso in sé un dolore senza conforto.
Resta impressa la figura minuta di questa donna, col suo odore di fumo, che torna dalla montagna con la sua tipica andatura trotterellante (“madixedda”, cutrettola, la chiamava il figlio) portando in testa un fascio di legna.
Infastidita dai discorsi pomposi di chi, già con spirito fascista, esalta il sacrificio dei suoi figli morti per la patria, Mariangela trova requie solo nel silenzio, come una creatura selvatica ferita a morte, e don Pietro, viceparroco del paese, pur biasimando l'atteggiamento rigido della donna in qualche modo lo condivide (e si vedrà nel corso della narrazione fino a che punto).
Malgrado dubbi e tormentose riflessioni, che lo scrittore espone con una qualità stilistica simile a quella dei grandi romanzieri russi, don Pietro è guidato da un senso del giusto che si contrappone sia alle leggi del Governo in carica che a quelle della Chiesa, e protegge un disertore dato per disperso in battaglia, figlio maggiore di Mariangela, custodendone il segreto di un omicidio commesso nel corso di un'azione bellica:
“La colpa è di chi vuole la guerra, di chi non sa evitare la guerra”.
Così il prete dal piglio schietto di contadino finirà per adempiere le ultime volontà “profane” di un pastore di capre che grazie a sapienti flashback rivediamo docile e allegro davanti all'ovile mentre lavora il formaggio, così diverso dal “disertore”, uomo cupo e aggressivo, divorato dalla febbre e dal rimorso.
Emblematici, alla fine, i due diversi “monumenti” ai soldati caduti: uno, solenne, eretto con grandi cerimonie nella piazza del Municipio, l'altro, quello del soldato disubbidiente, protetto per sempre dal silenzio della montagna, sepoltura segreta in un vecchio ovile circondato da lumini:
“Continuò, per il resto dei suoi giorni, a portare fasci di legna dal monte...”.
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Commenti
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Giuseppe Dessì, conosciuto soprattutto per "Ombre di paese" (vincitore di un importante premio, ma non so dirvi quale perchè per i premi italici mai ho avuto buona memoria) è uno degli scrittori "alla Vassalli", se mi passate l'espressione: troppo poco conosciuti in relazione alla loro qualità di scrittori.
Hai letto anche Paese d'ombre? Per me è ancora più bello. Ciao Cristina.
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Grossa lacuna : non conosco l'autore.