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La felicità dell'attesa
 
La felicità dell'attesa 2016-06-13 01:57:18 Bruno Elpis
Voto medio 
 
4.0
Stile 
 
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Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
4.0
Bruno Elpis Opinione inserita da Bruno Elpis    13 Giugno, 2016
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Voglio diventare una farfalla

La felicità dell’attesa di Carmine Abate è rimandata, di generazione in generazione, nelle pagine che ripercorrono partenze e ritorni, emigrazioni e viaggi, speranze e disillusioni, promesse e smentite.

Il capostipite è Carmine Leto: torna dall’America sposato a una creola e, a Hora, paese natale del crotonese, fonda villa Shirley e la sua dinastia. Abile capomastro, incappa in due loschi figuri, i fratelli Malvasia, che sono causa della sua morte.
Protagonista del romanzo è il figlio Jon (“Jon Leto non avrebbe mai tradito impunemente un sogno”), che emigra una prima volta con intenti vendicativi (“Era partito alla ricerca dei micidianti del padre”) e in America s’innamora della leggendaria Marylin Monroe (“Quando muoio, voglio diventare una farfalla”), non ancora famosa (“Jon, lo sai che assomigli sempre di più all’attore Clark Gable?”), ma già inquieta. E bellissima.
I viaggi saranno quattro (“La prima volta era partito per odio, la seconda per amore, ora partiva per lavoro”), Gustino Malvasia intanto perisce (“Lo hanno trovato morto l’altro ieri ma noi non c’entriamo niente”), ma Jon resterà legato al suo sogno d’amore per l’intera vita.
Sul letto di morte di Jon, la saga familiare si dipana tra flash back e presente, nascite, matrimoni e tragedie, come quella del fratello Leonardo nella parrera, la miniera di zolfo.

Il romanzo abbonda di situazioni e riflessioni. Inevitabile comparare il nostro passato recente di esuli (“La terza a partire fu Franceschina Leto, destinazione Australia”) con il tragico presente in cui appariamo meta per gli emigranti.

Lo stile di Abate mescola saggezza popolare (“Tutto si giusta in questo mondo, fuorché la morte”), espressioni in albanese arbëreshë e in calabrese sulla filigrana del sogno americano (“Nella sola East Harlem vivevano ben centomila italiani”).

Giudizio finale: epopeico, arbëreshë e hollywoodiano.

Bruno Elpis

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Me lo hanno regalato a Natale, è lì che aspetta...
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