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Se mi tornassi questa sera accanto
 
Se mi tornassi questa sera accanto 2017-08-04 04:50:47 Bruno Elpis
Voto medio 
 
3.5
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
3.0
Bruno Elpis Opinione inserita da Bruno Elpis    04 Agosto, 2017
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Quanto di sé era disposta a sacrificare

Se mi tornassi questa sera accanto di Carmen Pellegrino è la storia di una famiglia ove il patriarca, Giosuè Pindari, con forte personalità e sottofondo ideologico, cerca di sorreggere le sorti in una terra amica e ostile al tempo stesso. La madre Nora è afflitta da un disagio psichico (“Che avesse trovato nella forma di una scrittura segreta l’ennesimo rifugio, e in questa esprimesse la sua vicinanza a un certo tipo di dolore”), la figlia Lulù (“Farò la pensatrice. Avrò un’officina tutta mia dove aggiusterò i pensieri rotti”) si sente schiacciare dalle scelte del padre e dalla patologia della madre (“Mutacismo”). Fugge lontano e la narrazione assume i toni ora dell’epistolario tra padre e figlia (“Al fiume, infatti, affiderò le lettere, ciascuna in una bottiglia”), ora del diario (“Hanno scritto declino irreversibile”).

Nella Parte prima (Di qua dalle mura) domina il Fiumeterra. Giosuè ha vissuto il crollo dell’ideologia socialista, la Grande Delusione. Nora frequenta i funerali di sconosciuti e nasconde il suo dramma scrivendo con l’inchiostro simpatico e con la scrittura speculare. Lulù intanto subisce: il taglio degli adorati capelli, s’iscrive ad agraria per assecondare il desiderio del padre, vive il primo amore (“C’era dell’affetto anche per lei nel mondo ed era gratuito, oltraggioso, persino scandaloso, ma era per lei”) tra colpa e inesperienza (“Dopo essersi tolto dal suo corpo, nel quale era entrato e subito, per certe frettolosità dell’amore, ne era uscito”). Poi si chiede: “Quanto di sé era disposta a sacrificare per non sconvolgere i finti equilibri di famiglia o – più sinceramente – per non sconvolgere se stessa?”

Nella parte seconda (Di là dalle mura) domina il fiume-cielo.
“Lulù scrutava la casa mobile che era divenuta il suo approdo.”
In questa seconda fase la vita oscilla tra libertà e riflusso (“Mio padre sognava di fondare una città sulla riva di un fiume… Quel fiume lo chiamavamo fiumeterra. Aveva pensato a tutto: case per i contadini che avessero scelto di abitare nell’Ignoto Ideale… aveva scritto anche una costituzione…”), tra difficoltà e utopia (“14. Nella nostra Città si biasima l’ubriachezza ma si fa divieto esplicito di sobrietà… 16. Durante le festività è consentito sparare agli orologi”).

Ciascuno dei personaggi di questo romanzo (il padre che vede crollare i suoi sogni, la madre che si chiude nel disagio, la figlia che subisce e poi scappa) mi ha suscitato un sentimento di malinconia profonda e variegata.

Giudizio finale: abbandonico, post-utopistico, fluviale.

Bruno Elpis

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