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La mafia, mia madre
 
La mafia, mia madre 2017-10-24 06:42:40 ornella donna
Voto medio 
 
4.5
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
5.0
ornella donna Opinione inserita da ornella donna    24 Ottobre, 2017
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Una madre "ingombrante" e pericolosa

Pino Tinaglia approda in libreria con la sua quarta opera dal titolo: La mafia, mia madre. Il titolo, emblematico, riflette bene il contenuto del libro. Infatti il testo è un percorso approfondito e preciso della storia della mafia italiana, per un periodo abbastanza lungo che va dal 1934 al 2009, compiuta attraverso la narrazione del vissuto personale e di vita di un uomo: don Guglielmo Scarpuzza.
Guglielmo Scarpuzza ha avuto una sola madre che lo ha cresciuto e nutrito, fin dalla più tenera età: la mafia. La vita non gli ha concesso nulla, non gli ha fatto sconti e lui ha sempre cercato di elevarsi al di sopra delle miserie quotidiane, a cui è avvezzo da sempre. Il padre parlando di lui bambino così lo definisce:
“Mio figlio Guglielmo parla poco. E’ un vero siciliano. Omertoso è! Una parola è poca e due sono troppe”.
Guglielmo è anche un bambino intelligente e perspicace. Ama farsi obbedire, anche solo con uno sguardo, e intuisce presto che il suo riscatto passa, anche, attraverso l’apprendimento. Ma i suoi genitori non possono mandarlo a scuola, sono troppo poveri. Lui non li ascolta neppure, si reca da solo a scuola ed immediatamente con il suo comportamento cattura le attenzioni della maestra, che comprende la situazione. Riesce nell’intento: va a scuola ed è il primo della classe. Legge e studia con fervore, è il migliore e si fa notare.
Un altro elemento importante è che Gugliemo ha un padrino speciale: il boss locale don Salvatore Gangemi. Suo figlio ha la stessa età di Guglielmo, ma non gli assomiglia per nulla. Sarà un gioco da ragazzi per lui aiutarlo negli studi, entrando nelle grazie ben più potenti del padre. Fa presto carriera: diventa uomo di assoluta fiducia di don Salvatore, rivelando le caratteristiche di un possibile attentato contro di lui ordito dal nemico di sempre: don Vito, gli salva la vita. Il battesimo di fuoco di Guglielmo avviene all’età di tredici anni con l’uccisione proprio del nemico di don Salvatore, già detto. Da lì in poi la strada sarà tutta in salita e l’escalation di violenza sempre più in crescendo. Diventa così un boss da tutti venerato, rispettato e temuto. Ma soprattutto ricco, una ricchezza sempre sobria, mai ostentata, tenue, ma sempre più ampia. L’unico neo: le donne e soprattutto un figlio. Nel suo caso un figlio ha un duplice valore significativo: assicura un futuro, una discendenza di rispetto e di valore a lungo termine. L’unica donna che Gugliemo ama ed apprezza, però, è Anna Gangemi, che lo disprezza e gli fa un grave sgarbo: studia, diventa pediatra e sposa un collega di Palermo. Tutto pare finito, ma Guglielmo è un uomo che sa aspettare. La vendetta è covata, a lungo, terribile ed implacabile, non ammette deroghe. Arriva e sconvolge,e soprattutto è impensabile. Perché nessuno può pensare di mancare di rispetto, per qualunque motivo, a don Guglielmo, neppure la donna da sempre amata e sognata. Neppure per lei possono esserci sconti o giustificazioni di sorta.
La mafia, mia madre è un libro sulla “mafia”. Parlare di mafia non è semplice, ma l’autore lo fa in modo preciso e senza alcun giudizio di sorta. La mafia all’apparenza ha una struttura e una logica complicata. Nulla di vero, ci dice Pino Tinaglia: alla base è semplice perché obbedisce a una sola, ferrea, regola: la legge del più forte, che in questo caso si identifica con la legge di Guglielmo, che:
“Don Guglielmo Scarpuzza (…) è cresciuto nella violenza di mafia, fino a diventare tanto forte da illudersi di poterla comandare, quella piovra degenerata. Chi, però, vive e si nutre di quella linfa non può che morire per colpa della stessa. Ci si può illudere di riuscire a comandare, ma in effetti si è schiavi di quella creatura. Lei, che ti da la forza di dominare gli altri, ti entra dentro e dall’interno, ti divora e ti svuota, fino a renderti suo schiavo.”.
Quindi senza condannare né giustificare, è necessario, soprattutto per le generazioni a venire, comprendere il fenomeno mafioso nella sua interezza per ciò che realmente è, con i suoi punti di forza e le sue debolezze. Forse solo conoscendolo si potrà, in un futuro prossimo non troppo lontano, riuscire a sconfiggere totalmente questo male oscuro, così devastante. E il libro di Pino Tinaglia fornisce un ottimo e valido supporto in questa ricerca.

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