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Tre donne
 
Tre donne 2017-11-13 10:53:34 Mian88
Voto medio 
 
2.8
Stile 
 
3.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
2.0
Mian88 Opinione inserita da Mian88    13 Novembre, 2017
#1 recensione  -   Guarda tutte le mie opinioni

Spaccati di vita

Gesuina, Maria e Loredana, rispettivamente, nonna, madre e figlia, sono le tre donne protagoniste dell’ultimo componimento di Dacia Maraini, persona di grande cultura e acume che ho avuto il piacere di incontrare ed ascoltare a più presentazioni.
Gesuina, ex attrice, ama l’amore e non vi si sottrae nonostante i suoi sessant’anni, circostanza quest’ultima che non è ben vista dalla nipote, la quale, ritiene che al contrario “alla sua età” dovrebbe comportarsi più da nonna e meno da ragazzina.
Maria, traduttrice, è colei che fa da ago della bilancia alla famiglia. Il suo vivere di libri la rende inconsapevole di quel che la circonda, di quel che le accade accanto. E’ apatica, autistica al mondo circostante, soltanto Francois, il grande amore con cui si scambia epistole in forma (ostinatamente ancora) cartacea riesce a riportarla nel mondo dei vivi e a farle battere il cuore.
Loredana, detta Lori, e i suoi piercing e tatuaggio del drago sulla schiena, figlia della predetta interprete, è in piena età adolescenziale, non conosce i valori e non sa gestire i sentimenti e le emozioni, è arrabbiata col mondo, è egoista, si interroga sul futuro e pone in contrasto la sua visione dell’Italia con quella del fidanzatino Tulù. E’ in continua ricerca di attenzioni, che mai arrivano. Al suo interno è timida e tenera.
Ciascuna è accomunata all’altra dai silenzi della quotidianità e dalla redazione di un piccolo diario in cui tutti i fatti e gli avvenimenti della giornata sono annotati con dovizia e cura. Mentre Gesuina li fa propri su un piccolo registratore portatile, Lori li redige su un quadernetto a fiori celato in un incavo della parete della propria camera e, invece, Maria, lo compone come se il suo interlocutore fosse il suo homme francese e dunque lo redige quasi sotto la forma di un’ulteriore missiva in cui annota lunghi pensieri e corpose parole sulle due coinquiline.
Un equilibrio labile e precario, quello descritto, che è destinato a disintegrarsi quando nelle loro esistenze, il grande amore irrompe non più platonicamente, su carta, bensì, in carne e ossa. L’irreparabile si insinua tra le mura della casa e quel che mai sarebbe dovuto accadere, accade. Da qui la mutazione dello scritto, la sua evoluzione. Le protagoniste sono costrette a far buon viso alle funeste circostanze, sono costrette a rimettersi in discussione, a fare i conti con i propri errori e le proprie paure.
Nel breve lungo racconto di Dacia Maraini, tema portante è la difficoltà della comunicazione nella società moderna e nella famiglia mixato, ad un’analisi della società stessa e della sua freneticità nonché a questa grande fame d’amore e di affetto che si palesa nelle anime e nei cuori dei personaggi delineati. Ciascuno ha un bisogno, una mancanza, una voglia di conoscere, una nostalgia di questo sentimento, un sentimento che da ognuna viene cercato nel luogo sbagliato, nel canale errato.
Tre esistenze, tre visioni della realtà, tre spaccati, tre impostazioni femministe e femminili diverse.
Ma se dal punto di vista contenutivo e degli intenti la novellatrice non delude, purtroppo viene spontaneo evidenziare che qualcosa nel testo manca. La sensazione è quella di incompletezza, per quasi 2/3 del romanzo (ovvero sino alla rivelazione dell’irreparabile che porta alla conclusione del componimento in poco più di 40/50 pagine su un volume di 204) ci si domanda dove ella voglia arrivare, cosa ci voglia dire. Molteplici sono le riflessioni che inserisce a più punti, meditazioni che chiaramente vogliono congiungere ad un disegno più grande ma che non sono immediatamente percepibili. Questo e il fatto che l’opera è narrata attraverso l’espediente del diario, rallentano la lettura (che badate bene, si esaurisce in poche ore) e ne fanno perdere di intensità. Sfiancano e quasi annoiano. E per quanto il conoscitore sia sconvolto dalla piega che le vicende prendono, per quanto chi legge sia invogliato all’analisi interiore, non può sopperire e venire meno a questi aspetti, a questi dati.
In conclusione, un libro introspettivo, piacevole ma anche incompleto, un volume che convince a metà. Da leggere ma non, se non si conosce l’autrice, come prima opera perché certamente non rappresenta quella che è la poetica della medesima.

«E’ proprio quello il bello, Lori, la tenerezza ha un suo valore nascosto ma profondo: la lentezza del pensiero, la lentezza della parola, la lentezza della scrittura, il grande privilegio di un tempo di sciatte velocità; la lentezza che pianta i suoi semi nella carne, allunga le radici, cresce, si fa foglia, fiore, albero, il respiro dell’universo.»

«Mi ha molto impressionato questa descrizione e credo di aver capito da quel racconto quale forza possano avere le parole quando diventano musica e pensiero: una struggente e commovente strategia di sopravvivenza» p. 16

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Confidavo in questo romanzo attirata dalla fama dell'autrice e dal titolo invitante, ma dopo aver letto la tua bella ed esaustiva recensione penso che passerò oltre.
Elena
In risposta ad un precedente commento
Mian88
13 Novembre, 2017
Ultimo aggiornamento:
13 Novembre, 2017
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Cara Elena, anche per me è stata una delusione da non poco. Ho letto diversi titoli dell'autrice, ho anche avuto modo di parlarle di persone e sono rimasta affascinata dalla sua mente, dalla sua cultura. Così, quando ho visto disponibile questo nuovo titolo - con questa copertina altrettanto accattivante - non ho resistito e mi ci sono buttata a capofitto. Nello scorrimento mi dicevo "va be, deve ancora prendere campo, sta intavolando le circostanze", poi, arrivata a pagina 159, tra sbadigli, dubbi, perplessità (ero quasi per abbandonarlo), ecco che la scena si muove e che un fatto porta a riattivare la mente del lettore. Però tra che è scritto sotto la forma del diario, tra che sembra non svilupparsi mai, tra che le voci parlanti si alternano con tutti i rispettivi monologhi e pensieri che potevano essere scemati (anche se essendo un diario la legittimità è indiscussa), sinceramente non mi ha convinto.
Il contenuto, gli intenti ci sono, ma secondo me quel qualcosa che non funziona prevale e fa perdere di intensità al volume.
Il mio si * no, dipende da questo: si perché il contenuto c'è (o almeno ci sarebbe), no perché resta fine a se stesso.
Se un lettore è acerbo di questa autrice, sconsiglio caldamente di cominciare la conoscenza con quest'ultima opera perché non rende quello che è il carisma di una delle penne più sostanziose e preziose del panorama italiano.
Un'altra bella recensione, Maria.
Dacia Maraini è una donna intelligente, colta e gradevole ; cerco di non perdermi nessuna delle sue interviste. Come scrittrice invece la trovo piuttosto deludente. Dunque, volentieri lascio.
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