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Il disertore
 
Il disertore 2017-11-20 20:32:15 Laura V.
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Laura V. Opinione inserita da Laura V.    20 Novembre, 2017
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Silenzio…

È lui, secondo me, il principale protagonista di questo romanzo: il silenzio.
Quello che avvolge e scende dalla montagna, che grava spietato sui personaggi, che incombe indifferente sulle vicissitudini umane.
E di silenzio è fatta la straordinaria figura di madre che, seppur minuta e pressoché anonima nel suo abito di lutto perenne, campeggia tra queste pagine con il proprio muto dolore più assordante di tanti inutili discorsi. A lei, Mariangela, riuscito esempio di mater dolorosa, si contrappone la figura di prete Coi che, invece, in quella dimensione volutamente orfana di parole ci sta stretto e cerca allora di spezzarla, convinto che sia possibile; ma anche lui a quel silenzio si dovrà piegare, convincendosi che, alla fine, sia meglio tacere.
Mi è tornata alla mente la madre dell’omonimo romanzo di Grazia Deledda: una figura anch’essa imponente e tragica, scaturita dalla penna del nostro Premio Nobel meno di cinquant’anni prima. Tuttavia, quella de “Il disertore” è ancor più evocativa, ancor più impressionante, forse proprio per via di quel dolore silenzioso e composto che riempirà la vita della donna fino all’ultimo dei suoi giorni e serberà in eterno il suo segreto. Già, perché il silenzio sarà tutto ciò che infine resterà, al di là del tempo, nella vecchia capanna sul monte, custode di una tomba, così come per le vie polverose e inquiete del piccolo paese attorno al monumento ai caduti che, dopo tanto vacuo parlare, strepitare, urlare sarà esso stesso silenzio, profondo silenzio.
Sullo sfondo la Sardegna dell’immediato primo dopoguerra, della quale l’autore, da buon isolano, non si dimentica nei lunghi anni trascorsi nel continente: un’isola con le sue realtà, agropastorale e mineraria, le sue tensioni sociali, gli scontri tra rossi e neri, l’avanzata del fascismo a suon di bastonate e olio di ricino.
Un piccolo capolavoro con cui Dessì, del quale già avevo letto e apprezzato moltissimo il più famoso “Paese d’ombre”, si conferma un grande narratore. E anche una lettura ricca di spunti di riflessione - manco a farlo apposta - a cent’anni dalla Grande guerra.

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