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La ciociara
 
La ciociara 2019-06-30 12:54:22 leogaro
Voto medio 
 
4.3
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
5.0
Piacevolezza 
 
4.0
leogaro Opinione inserita da leogaro    30 Giugno, 2019
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Esperienza immersiva nella violenza

Il romanzo è ambientato durante la seconda guerra mondiale, tra Roma e alcuni paesi della Ciociaria. Cesira, di origini ciociare, è rimasta vedova dopo un matrimonio infelice e gestisce un negozio nella capitale; vendendo al mercato nero, la donna riesce a tirare avanti insieme alla figlia Rosetta.

Settembre 1943: costretta dalla carestia e dai bombardamenti, Cesira lascia Roma per rifugiarsi a Vallecorsa, suo paese natale. Ma il viaggio si interrompe a Fondi: le rotaie sono state bombardate e il treno è bloccato. Ospitate dall’ambigua Concetta in una modesta casa di contadini, sono costrette a fuggire per l’eccesivo interesse di due giovani fascisti per Rosetta. Cesira chiede aiuto ad un negoziante suo conoscente, Tommasino Festa, che le conduce nel villaggio montano di Sant'Eufemia, dove vivono alcune famiglie di sfollati di Fondi. Tra essi, le donne conoscono l’idealista Michele. Con l’arrivo delle piogge autunnali, l'avanzata alleata si blocca e il fronte si stabilizza a sud di Sant'Eufemia: cominciano i bombardamenti su Fondi e gli sfollati passano dalla speranza alla disperazione. I tedeschi attuano feroci rastrellamenti di giovani: per sfuggirgli, Michele scappa in montagna, per tornare solo a sera a Sant'Eufemia, Cesira e Rosetta lo accompagnano. A Natale, giungono a Sant'Eufemia due inglesi: per paura delle rappresaglie tedesche, solo Rosetta si fa avanti per accoglierli e sfamarli.

Gennaio 1944: gli Alleati sbarcano ad Anzio, ma vengono presto bloccati: il tempo scorre lento, tra la quotidiana monotonia e i timori dei bombardamenti. Solo in primavera l’avanzata riprende: giungono così a Sant'Eufemia alcuni tedeschi fuggitivi, che prendono Michele come guida per risalire verso nord. Cesira e Rosetta lasciano Sant'Eufemia e scendono a Fondi, ove trovano solo una gran confusione: soldati angloamericani, sfollati, contadini… Saputo del trattamento di favore per chi ha aiutato gli Inglesi, Rosetta racconta l'episodio del Natale, ottenendo così un passaggio a Vallecorsa. Ma la gioia durerà poco, poiché le due donne giungono in un paese deserto, alla mercé dei soldati di passaggio. La violenza che incontrano non è solo quella dello stupro: l’esperienza della guerra muterà profondamente i comportamenti delle due, incrinando i loro rapporti, precipitandoli in una profonda incomunicabilità. Dopo ulteriori disavventure, quando infine giungeranno a rivedere all'orizzonte la cupola di S.Pietro, dalle lacrime sgorgherà la speranza del ritorno alla vita, dopo il logorio morale e materiale della guerra.

Stile asciutto e crudo, quello di Moravia, che usa un linguaggio diretto, decisamente poco aulico, per narrare vicende che, non dimentichiamolo, nascono da esperienze personali dell’autore stesso. La lettura è piuttosto snella, sebbene il ritmo non sia incalzante, anzi. Il romanzo, nel raccontare il susseguirsi degli eventi, prende un ritmo sonnolento che, gradualmente, scava nell’animo del lettore, lo costringe a riflettere, immedesimarsi. I personaggi sono ben delineati, impossibile non identificarsi nella fragile Rosetta, nella determinata Cesira o nell’idealista Michele… anche i personaggi “negativi”, come l’ambigua Concetta o il losco Clorindo, hanno un ruolo ben definito nel romanzo e la loro presenza è essenziale alla trama, come pure coerenti sono i loro comportamenti. La guerra è guerra, non c’è da scherzare; e Moravia ci scaraventa dentro, nelle giornate sonnolente d’attesa, nei quotidiani timori, nelle speranze vanificate, nell’universale dolore. E’ un libro che un po’ logora dentro, così come fa qualsiasi guerra. Perché la guerra non finisce con l’armistizio: i suoi strascichi, indelebilmente marchiati nell’animo dei superstiti, restano, come scorie radioattive impossibili da espellere. Un romanzo non sempre scorrevole, non certo una lettura d’evasione: è un classico da leggere, con la dovuta attenzione.

“Questo è certamente uno dei peggiori effetti della guerra: di rendere insensibili, di indurire il cuore, di ammazzare la pietà.”

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Commenti

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bella recensione. Letto qualche anno fa, l’ho trovato un romanzo avvincente, anche se crudo. Ma è lo stile dell’autore. Un grande!
Ho fatto acquisti di eBook di Moravia a prezzo scontatissimo la settimana scorsa. “Il disprezzo”, “L’amore coniugale”, “Agostino”. Mi mancano, devo assolutamente leggerli. Ma aspetteranno qualche mese, ho qualche mattone appena cominciato. Ciao!
In risposta ad un precedente commento
leogaro
01 Luglio, 2019
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Grazie per il complimento. Infatti è crudo come solo Moravia, Pasolini e pochi altri sanno essere, ma necessario. Io invece, in un prossimo futuro proverò "Gli indifferenti"... ma più in là, perchè anch'io dedico l'estate alla lettura dei "mattoni" !! Saluti.
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