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Il sentiero dei nidi di ragno
 
Il sentiero dei nidi di ragno 2020-10-22 15:41:28 Vita93
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Vita93 Opinione inserita da Vita93    22 Ottobre, 2020
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Sangue e corpi nudi

Il 17 marzo 1945, a poco più di un mese dal termine dell’esperienza italiana nella seconda guerra mondiale con i fatti di Piazzale Loreto e la contemporanea resa di Caserta, Italo Calvino partecipa al conflitto di Bajardo, nella provincia ligure di Imperia, in una delle ultime battaglie partigiane.
Il suo nome da partigiano è "Santiago", un richiamo alla cittadina cubana dove lo scrittore nasce nel 1923.

Questa esperienza è alla base del suo primo e celebre romanzo, “Il sentiero dei nidi di ragno”, pubblicato nel 1947 a soli 24 anni e scritto per partecipare al Premio Mondadori.
"Ricordo che scrissi con grande lentezza e incertezza il primo capitolo, poi lo interruppi per alcuni mesi, poi decisi di finirlo e lo portai avanti tutto d'un fiato".
Il testo fa parte della cosiddetta “letteratura della Resistenza”. Motivato dalla fine di una guerra straziante che non ha risparmiato nessuno. Simbolo della necessità, talvolta una vera e propria smania, di raccontare e condividere qualcosa. “Un senso di umanità ribollente, di bisogno di sincerità, di vigore”.

Nel 1964 Calvino aggiunge al romanzo una prefazione sincera e preziosa, lucida e tenera.
È tangibile l’importanza fondamentale che il testo, seppur in piccola parte acerbo, ha avuto per Calvino. “La mia storia cominciava ad esser segnata, e ora mi pare tutta contenuta in quell’inizio. Forse, in fondo, il primo libro è il solo che conta, forse bisognerebbe scrivere quello e basta, il grande strappo lo dai solo in quel momento, l’occasione di esprimerti si presenta solo una volta, il nodo che porti dentro o lo sciogli quella volta o mai più. Forse la poesia è possibile solo in un momento della vita che per i più coincide con l’estrema giovinezza. Passato quel momento, che tu ti sia espresso o no (e non lo saprai se non dopo 100, 150 anni; i contemporanei non possono essere buoni giudici), da lì in poi i giochi sono fatti, non tornerai che a fare il verso agli altri o a te stesso, non riuscirai più a dire una parola vera, insostituibile”.

E perché scegliere Pin, ragazzino partigiano, come protagonista di una storia adulta di sangue, corpi nudi e sofferenza?
“Ogni volta che si è stati testimoni o attori di un’epoca storica, ci si sente presi da una responsabilità speciale. A me, questa responsabilità finiva per farmi sentire il tema della Resistenza come troppo impegnativo e solenne per le mie forze. E allora decisi che l’avrei affrontato non di petto ma di scorcio. Tutto doveva essere visto dagli occhi d’un bambino, in un ambiente di monelli e vagabondi. Inventai una storia che restasse in margine alla guerra partigiana, ai suoi eroismi e sacrifici, ma nello stesso tempo ne rendesse il colore, l’aspro sapore, il ritmo”.

Il ragazzino, Pin, ha infatti una doppia valenza simbolica. Dietro al disorientamento del protagonista in mezzo agli incomprensibili adulti si cela lo spaesamento del borghese Calvino durante il conflitto, a contatto con un ambiente partigiano lontano dalla propria estrazione sociale. Mentre le circostanze in cui Pin dimostra una spavalderia tale da farlo sentire complice degli altri "fuorilegge" fotografano la speranza intellettuale (ancora impersonificata dallo scrittore) di essere stato all’altezza della situazione.

Sempre nella prefazione, curiosa è l’esplicitazione (impressionante per un ragazzo di soli 24 anni) di un doppio fronte di polemica. In primo luogo verso i ben pensanti, ovvero i “detrattori della Resistenza” pronti a criticare ogni minimo sbandamento della gioventù post bellica. E poi riguardo ai “sacerdoti di una Resistenza agiografica ed edulcorata”. Ovvero il pericolo che alla nuova letteratura fosse riservata una funzione celebrativa e didascalica, nel tentativo di assegnare una direzione politica. Ecco il perché di una storia di personaggi storti, di partigiani in cui nessuno è eroe e nessuno ha coscienza di classe. Una Resistenza vista come esigenza di carattere primario di ribellione e sopravvivenza, priva di retorica ed immagini mitizzate.

Un’altra tipicità del romanzo è racchiusa nello stile neorealistico rappresentativo di quegli anni, profondamente differente da quello che lo scrittore adotterà nella propria maturità artistica. Anche se è tuttavia già presente una componente fiabesca, ariostesca, tipica degli altrettanto fortunati romanzi successivi.
La prosa, arricchita da modi di dire popolari e folkloristici, è limpida.
Lampante è il richiamo a modelli letterari ben precisi, su tutti l’Hemingway di “Per chi suona la campana” del 1940.
Le riflessioni teoriche, storiche e politiche affidate al pensiero del commissario di brigata Kim, nel capitolo nove, sono probabilmente l’unica traccia giovanile di un testo intramontabile che frequentemente è ancora nelle classifiche dei libri più venduti e letti del momento, a distanza di svariati decenni dalla data di pubblicazione.

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Commenti

4 risultati - visualizzati 1 - 4
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Ciao Iacopo. Bella presentazione. Un romanzo importante, molto significativo.
In risposta ad un precedente commento
Vita93
25 Ottobre, 2020
Ultimo aggiornamento:
25 Ottobre, 2020
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Ciao Emilio, grazie mille. Un romanzo senza dubbio importante. La genesi letteraria di uno degli autori più importanti del secondo Novecento.
E' molto piacevole leggerti, Jacopo, una bel commento. Conosco il libro solo per fama ma spero di leggerlo quanto prima. Mai letto Calvino, grande lacuna.
In risposta ad un precedente commento
Vita93
26 Ottobre, 2020
Ultimo aggiornamento:
28 Ottobre, 2020
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Ciao Ioana, grazie mille. Si tratta di uno scrittore estremamente poliedrico. Personalmente non sono un grande amante del genere fantastico di una parte della produzione letteraria dell'autore, nè del cosiddetto "periodo combinatorio" ("Le città invisibili") o meta-narrativo ("Se una notte d'inverno un viaggiatore").
Forse il Calvino che apprezzo maggiormente è proprio quello de "Il sentiero dei nidi di ragno", caratterizzato dalla commistione tra movimento neorealista e dimensione fiabesca.
Sia chiaro che il mio è un giudizio del tutto soggettivo.
Perchè oggettivamente, laddove debba esprimere un commento o una recensione su qualsiasi testo di Calvino, non posso non ammirare la purezza di una scrittura sempre limpida e cristallina e la capacità dell'autore di analizzare lucidamente la società contemporanea attraverso una straordinaria varietà di toni e stili.
4 risultati - visualizzati 1 - 4

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