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Adesso che sei qui
 
Adesso che sei qui 2021-01-28 07:35:30 68
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68 Opinione inserita da 68    28 Gennaio, 2021
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Amore fragile e infinito

Un cappotto indossato in un caldo giorno d’ agosto, inizio di una vita senza memoria, nomi e volti dimenticati, gesti ripetuti e ogni volta diversi, una nuova presenza ad accompagnare ogni giorno, forse originata da un trauma pregresso, quell’ “ ospite tedesco “ ( L’ Alzheimer ) che ha intaccato la propria persona rendendola così fragile, ridefinendo il gusto delle cose .
Il presente è una dipendenza sempre più marcata, negli occhi altrui il proprio cambiamento, un senso di impotenza, incredulità, paura, lontananza.
Che cosa sta accadendo a zia Camilla, quali gli esordi della malattia, chi non ricorda può deprimersi, negare, farsi aggressivo, disperarsi, tradito da una parte di se’.
Segni poco chiari sottoposti a una diagnosi spietata, irreversibile. un malato che impara a scivolare lungo i muri invisibili di un’ esistenza sempre più solitaria, mentre gli affetti più cari hanno paura, negano, cercano risposte, improvvisano soluzioni improbabili, finiscono con l’ allontanarsi, convinti che la vita sta altrove.
Ma c’è anche chi non cede, la nipote Andreina, che non crede all’apparenza e riconosce l’ unicità di una presenza, ricordando l’ affetto di zia Camilla, per anni sostituitasi alla propria madre, generosa, spiritosa, altruista, innamorata delle rose e di un cane.
È allora che ci si inventa un altro presente, zia e nipote, un rapporto forte, speciale, una scelta obbligata, i ricordi dell’ una dentro l’ affettività dell’altra, pezzi di vita da collocare e ricostruire, una fanciullezza che si stupisce e si perde continuamente, un neo linguaggio che nella presenza e nella gestualità riassapora il gusto della vita.
Nasce una socialità diversa, consapevoli che il tempo ha cambiato la propria essenza, la notte è un ospite ostile, la calma un amico fraterno, i luoghi cari imprescindibili, le parole vanno centellinate, spesso spezzate, dimenticate, perdute per sempre, chissà.
In questi giorni il cuore riscopre la parte più vera, addentrandosi nel ricordo di una donna talmente forte da rendere gli altri distratti, il presente e il proprio se’ hanno origini lontane e riscoprono un senso di accudimento che allontana la paura.
Un amore purissimo, condito dalla leggerezza di una madre non madre, una donna senza figli che si è presa cura della nipote, porto sicuro lontano da casa, nel presente ruoli invertiti, zia, mamma, nipote, non importa in quale ordine, a contare solo l’affetto reciproco.
Nel vortice emozionale che sembrava perso, un luogo in cui la memoria inselvatichisce il presente per coccolare il passato, Andreina si racconta per ricordare un’ infanzia felice che vive dello stupore del presente, quell’amore incondizionato che genera amore ed entra dentro, per sempre.
La malattia di Alzheimer induce due strade contrapposte, la cattiva imitazione di una normalità perduta, riportando erroneamente il malato alla realtà o l’ ingresso e il viaggio nella sua realtà, in quel mare di bugie che fanno bene, vivendo una normalità diversa, bella e piena, possibile, anche se diversa.
Non si può guarire dalla malattia ma si può convivere con la malattia, dispensando allegria e gioia, così è stato per zia Camilla, abbandonata ogni paura, affidandosi al cambiamento.
Oltre alcuni trattamenti farmacologici il malato non è la malattia, vive, sente e reagisce in una illogicità istintuale che diviene trasparenza, verità rivelata di noi stessi.
Ed allora come sono stati quei giorni?

...” Giorni felici, fatti di tempo presente, che nessuno ha più, pieno di senso, perché allegro, di libertà, senza programmi, un’ isola di vita dove riconoscerci. Ciascuna di noi usciva più viva da quei pomeriggi. Era vita per tutte. Zia Camilla ci regalava la vita come dovrebbe essere “...

Un romanzo poetico ed essenziale, nella forma e nei contenuti, che restituisce un senso di pienezza emotiva e affettiva laddove prevalgono vuoto e paura. Un viaggio nella crudeltà di una malattia indefinibile, subdola, così uguale e diversa nei segni tangibili, che azzera la memoria e ridefinisce i rapporti, scavando nell’ io più profondo, in una dimensione di vita affettiva rigenerata e fragilmente esposta.
Un ringraziamento e un plauso all’autrice per come ha saputo trattare e restituire un tema così doloroso e complesso, con un occhio oltre la scienza, riportando alla “ visibile normalità “ ciò che sovente è destinato a un triste “ isolamento dimenticato “.

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