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Se l'acqua ride
 
Se l'acqua ride 2021-07-04 19:06:44 archeomari
Voto medio 
 
3.3
Stile 
 
3.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
3.0
archeomari Opinione inserita da archeomari    04 Luglio, 2021
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Se tutti i fiumi fusse come ‘l Po!

“Quando che senti l’acqua che ride, che gorgoglia, vuol dire che lì c’è una pietra, o il fondo basso, e bisogna starci alla larga. Se l’acqua ride, il burcio piange!”

Ganbeto è il ragazzo protagonista del romanzo, per tutta la durata della vicenda non scopriremo mai il suo nome di battesimo. Non è importante saperlo: in un mondo semplice, di lavoratori, in buona parte quasi analfabeti, di barcari che lavorano notte e giorno sul burcio, cioè il barcòn, l’imbarcazione adibita alla navigazione, per riconoscersi basta usare i soprannomi. Così il nonno di Ganbeto si chiama Caronte, lo chiamano tutti così dalle rotte padovane a Trieste; e lo stesso nome, Ganbeto, come l’autore ci spiega nel “glossario minimo dei barcari” significa “ferro ricurvo a U, dotato di perno di chiusura, utilizzato per unire due anelli, o la catena all’ancora”.

Terminata la terza media “per grazia ricevuta”, con tanto di cero acceso davanti a San Giacomo, nell’estate del 1965, Ganbeto comincia a dedicarsi all’arte del barcaro e il nonno Caronte lo assume come “morè” sul suo burcio.
Siamo in pieno boom economico italiano e Malaguti ricostruisce l’ambientazione tipica di quegli anni: l’avvento della televisione nelle case, pagata con le cambiali, gli appuntamenti del Carosello con le sue canzoni e le réclames, la voce di Mina che Ganbeto tanto apprezza, la vespa 50L, la diffusione dei bagni privati e l’utilizzo più volte improprio del bidet:

“Cossa che serve? -aveva sussurrato, indicando il recipiente basso e oblungo di porcellana bianca, con due rubinetti, vicino al vate. Scaia aveva alzato le spalle, confessando che suo papà si era vergognato di mostrarsi ignorante coi murari e col dràulico, e così non aveva chiesto niente. Alla fine avevano dedotto che era per lavarsi i piedi, e così facevano. Ogni tanto sua mamma ci lasciava i fagioli secchi a riprendersi”.

Spassosa anche la parentesi scolastica col professore di italiano, un certo, “Gatti Benito Detto Libero, per tutti semplicemente Oio” che faceva pagare 20 lire ogni errore di ortografia “Non possono più essere accettati ‘cedimenti vituperevoli’ al codice dell’ignoranza”. Ho riso di cuore quando Ganbeto ha recitato alla madre alcune strofe del Cinque Maggio del Manzoni e nè lui nè la madre conoscevano il significato di alcune parole altisonanti.

La lingua ha molti termini veneti che non sono illustrati nel glossario a fine libro, ma da napoletana non ho avuto il benchè minimo problema a comprenderne i significati o le sfumature. È indubbio che avrei avuto piacere di conoscere meglio l’etimologia di altri termini come “bocia”, “calumarsi dietro una tosa” e tanti altri, il cui significato si intuisce bene.
Nel libro sono presenti tante interessanti tematiche: lo sfondo dell’Italia anni ‘60, il mestiere dei barcari e dei cariolanti, le loro rotte, il ruolo della donna, depositaria delle conoscenze religiose e tramite coi Santi e la Madonna, le prime esperienze amorose di Ganbeto, il rapporto con il padre, la figura orgogliosa e autoritaria del nonno Caronte, che proprio non vuole rinunciare al suo vecchio burcio, la Teresina, che funziona meccanicamente coi remi per comprare una nuova imbarcazione a motore, come se ne vedono lungo il Po.

Una prosa lineare con rarissimi guizzi lirici che rendono indimenticabile la narrazione:
“Sarebbe stato un lavoro di ricostruzione certosino, stupendo e doloroso. Stupendo perchè ogni volta che tornava a varcare col pensiero la soglia del negozio, sentiva in tutto il corpo qualcosa che non aveva mai provato, e di cui pareva non potersi mai stancare.
Doloroso, perché, se ne sarebbe reso conto poco per volta, con il passare delle settimane la sua mente avrebbe operato sul ricordo della ragazza come la corrente del fiume sui sassi, che sembra accarezzarli e invece li smussa, li leviga, li modifica (…) perdendo per sempre, la pura bellezza dell’istante”.

Una bella lettura. Il libro è nella cinquina finalista del Premio Campiello. Vincerà?
Staremo a vedere.

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Commenti

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Marianna, la storia narrata non ha presa su di me; l'uso di bambini o ragazzini come protagonisti spesso è deludente, ad eccezione dei capolavori o testi autobiografici. Vedo che non hai trovato esaltante neppure lo stile. D'altronde con autori che non conosco vado molto molto cauto.
In risposta ad un precedente commento
archeomari
08 Luglio, 2021
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In effetti non mi ha esaltato, nonostante la storia sia apprezzabile. C'è di meglio, per fortuna.
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