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Anna
 
Anna 2023-02-23 08:25:29 Antonella76
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Antonella76 Opinione inserita da Antonella76    23 Febbraio, 2023
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La vita non ci appartiene, ci attraversa



Ebbene sì, non avevo ancora letto "Anna".
Dopo il suo recente ultimo libro, che mi ha lasciato un po' tiepida, avevo bisogno di ritrovare l'Ammaniti che piace a me, quello che sa graffiare ed emozionarmi, quello capace di esorcizzare il tragico con un'ironia sferzante, spesso grottesca, quello impagabile nel dare voce agli adolescenti e alle miserie degli ultimi, di coloro che sono sempre ai margini di qualcosa.

Qui siamo proprio ai margini del mondo, o meglio... ai margini dell'umanità.

Sicilia 2020, il mondo è stato devastato da una pandemia, "la rossa", che ha sterminato tutti fatta eccezione per i bambini, nei quali il virus rimane latente fino alla pubertà.
Chissà che effetto mi avrebbe fatto leggere di una pandemia nel 2015, ovvero quando il romanzo è stato (profeticamente) scritto, quando ancora certe cose potevano accadere solo nei libri, distopici per giunta!Oggi conosco troppo bene la portata di questa parola e tutto ciò che ne consegue, e questo ha sicuramente influito sul mio coinvolgimento emotivo.
Ciò che un tempo avrei definito "fantascienza", adesso non mi sembra poi così assurdo e devo ammettere di aver provato una quasi imbarazzante sensazione di sollievo, pensando che "poteva andare peggio di così".

Tante critiche sono piovute su questo libro a causa delle cose in comune con la "La strada" di McCarthy, ma ad essere sinceri, se proprio vogliamo trovare una somiglianza, questa inizia e finisce nell'ambientazione "post-apocalittica".
Non riesco a metterli a confronto in quanto viaggiano a livelli di profondità completamente differenti, con stili molto diversi.
Quello di McCarthy, per me, è un libro intoccabile. Il Libro. Intriso di una malinconia struggente, senza eguali.
Questo di Ammaniti è invece un ottimo romanzo, che porta con sé la cifra stilistica di Ammaniti che riesce a fare sua una tematica non nuova, dimostrandoci ancora una volta la sua grande capacità di entrare nella testa dei ragazzini.

In "Anna" si sente forte la voglia dell'autore di provare ad immaginare un mondo di bambini privati della presenza degli adulti, e quindi anche del loro condizionamento.
Ce ne aveva dato un piccolo assaggio già in "Io e te", presentandoci un ragazzino che si autoisolava dal mondo dei grandi, che (s)fuggiva dalle loro regole.
Qui porta all'eccesso questa intenzione, la estremizza fino a mettere su carta una sorta di esperimento sociale: un'infanzia allo stato brado, dove le regole del passato non valgono più.

Con il suo stile crudo, e senza mai cedere troppo il passo al dramma, Ammaniti ci mette di fronte allo scardinamento di tutte le sovrastrutture sociali e ci consegna un mondo desolato, brutale, violento, inselvatichito, in cui coloro che, da sempre e per sempre, sono il simbolo dell'innocenza, manifesteranno ben presto il loro lato selvaggio, primordiale, alternando picchi altissimi di umanità a livelli di ferocia inauditi.

In mezzo a tutto lo sfacelo, Anna riesce ancora ad emozionarsi, ad amare, a vivere sprazzi di "normalità", di un'adolescenza che le è stata strappata.
In mezzo alle barbarie messe in atto per poter sopravvivere, c'è ancora chi mostra atti di altruismo, di generosità.
In un mondo dove tutto è ridotto a puro istinto, le bestie, quelle vere, brillano di una luce ineguagliabile, portatori sani di amore e speranza.

Ed è proprio con quest'ultima che Ammaniti ci lascia.
Un'allegoria della speranza, forse un po' infantile, forse troppo ingenua, ma proprio per questo pura: il miglior finale che potesse scrivere per questa storia.



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