Dettagli Recensione
In nome dell'amore
In quanti modi è possibile raccontare l’amore? De Giovanni lo fa, alternando due storie principali che si rincorrono nel tempo, tra passato e presente.
Per tutto il romanzo, come un filo conduttore, ci guida una voce straziata dal mal d’amore, è Catullo che con i suoi versi canta il suo amore per Lesbia.
A quei versi sembra fare eco, ai nostri giorni, la storia di un professore infelice, che insegna all’università una materia che nessuno ascolta, e che è sposato a una donna che non ama. Fin quando un giorno nell’aula tra gli studenti, noncuranti delle sue parole, intravede una luce negli occhi di una donna, la luce della passione.
E poi c’è il “Vecchio”, di cui scopriamo la quotidianità attraverso i pensieri e le riflessioni di Oxana la badante moldava che lo accudisce. Queste due storie sembrano scorrere parallele, in realtà si intrecceranno alla fine del romanzo, in un finale, che forse voleva essere sorprendente, ma che è invece del tutto prevedibile.
Le tre voci del romanzo, Catullo, il professore e il Vecchio ci parlano d’amore, un amore totale, irrazionale, forte e doloroso
“… era così innamorato da sembrare un dio,o al contrario da sembrare un pazzo, e che in fondo non c’era differenza. Non c’è differenza.”
E queste vite, che sembrano così distanti tra loro, nel tempo e nello spazio, si uniscono proprio in nome di questo amore, antico
“… si appartiene a quello che in amore si diventa, a quello che un amore sa dare.”
Questa storia è un viaggio nei sentimenti e ci svela in fondo che l’amore, si, dona la felicità ma ha anche il potere di infliggere ferite dolorose.
“È dunque utopistico sperare nell’amore? Questo mi stai dicendo? Eduardo Galeano sosteneva che l’utopia “è all’orizzonte … Mi avvicino di due passi, lei si allontana di due passi. Cammino per dieci passi e l’orizzonte si sposta di dieci passi più in là. Per quanto io cammini, non la raggiungerò mai. A cosa serve l’utopia? Serve proprio a questo: a camminare”.
O meglio a vivere.
Un romanzo profondo, una bella storia, che non mi ha però coinvolto nè emozionato.





























