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Maschere
Daniele Mencarelli è uno di quegli autori che sa reinventarsi e riproporsi sempre in modo molto eterogeneo, sia che si parli di poesia, sia che si parli di narrativa. In “Brucia l’origine” si stacca da quella che è stata la matrice dei precedenti romanzi. Se da un lato ritroviamo i temi a lui cari e dunque un filo conduttore con il passato è mantenuto, dall’altro scopriamo uno scrittore che si confronta con l’accettazione, la non accettazione da parte degli altri, le umili origini e tanto altro ancora.
Conosciamo così Gabriele Bilancini, giovane designer romano ma trapiantato al nord dove è riuscito a fare successo. Il ragazzo si trova a Roma dopo quasi otto anni di assenza, si ritrova in un mondo che sembra essersi fermato a quello che era un tempo, un tempo che lo porta a scontrarsi con le proprie radici umili e con la propria identità. Gabriele è riuscito a farsi spazio in un mondo di successo e di persone che contano, il mondo da cui proviene sembra non essere cambiato di una virgola, sembra essersi cristallizzato. La sua esistenza milanese è inoltre caratterizzata da Camilla, detta Camomilla, borghese con cui è fidanzato ma a cui inventa scuse su scuse per non presentare la famiglia e gli amici di cui sembra vergognarsi.
«Nessuno pensa mai alla solitudine dei burattinai.»
Gabriele è un personaggio stratificato e affatto semplice. La sua vita e le sue scelte sono influenzate da tanti fattori, da un lato c’è il desiderio di un riscatto sociale, dall’altro la paura di perdere quanto faticosamente guadagnato. Il padre Mauro e la madre Tania sono un pezzo del suo passato che lo tormenta per i loro modi di fare. Giorgia, la sorella, è in costante crisi, soprattutto lavorativa.
Se a Milano egli è un uomo distaccato e professionale, a Roma è spensierato e vivace, torna nel passato, tra amici e un rifugio che torna ad accoglierlo. Una contrapposizione, quella tra ambiente romano e ambiente milanese, che diventa una vera metafora di conflitto interiore. Cosa è giusto? Cosa non lo è? Come risolvere questa dualità tra ciò che si è e la maschera che si indossa? Perché Gabriele a Milano indossa maschere e ancora maschere e a Roma ne indossa altre perché alla fine non sa più chi è. Ci ricorda anche che non sempre soldi e successo portano felicità, questo a differenza di quanto spesso pensiamo. Il contesto in cui vive è obbligato e coniugato al successo ma il protagonista ci fa anche riflettere sul fatto che non sempre questo è sinonimo di serenità. Tutto ha un costo e un peso.
«Un dolore senza collocazione precisa, non è come un’ulcera allo stomaco, o un’emicrania, semmai è più simile a una specie di febbre, brucia, spesso sino allo spasmo, senza il bisogno di alzare la temperatura.»
Cos’è poi la felicità? Cosa può definirsi tale? Il denaro può misurare la felicità che si trova nelle relazioni umane? Tanti i quesiti su cui ci porta a riflettere Daniele Mencarelli in “Brucia l’origine”.
Non è difficile immedesimarsi con Gabriele e ancora meno lo è chiedersi quanto anche noi siamo spesso influenzati da chi ci circonda nelle scelte che costantemente portiamo avanti.
“Brucia l’origine” è un romanzo in cui ritroviamo la penna del narratore, ritroviamo tutta la sua delicatezza ma anche tutta la sua profondità. È un testo che suscita ricerca, che porta a interrogarsi sul senso di appartenenza, che ci fa interrogare sul riscatto sociale ma anche sul bisogno costante di ritrovarsi con se stessi e le proprie radici.
«[…] Invece lo so eccome. So che significa la vergogna, la solitudine. La nostalgia. Vincere non rende felici, Giorgia, io non sono tanto diverso da te.»
Un testo da leggere se si è alla ricerca di un volume che sappia scrollare e suscitare emozioni. La narrazione è ancora avvalorata da una penna fluida e magnetica che coinvolge e trattiene.
Un Mencarelli, ancora, che affronta tante tematiche sociali e culturali e che ci porta a riflettere sulle radici, sull’accettare se stessi e il proprio passato ma che fa anche un focus specifico sul nostro tempo e sulla società che ci circonda.





























