La fine del mondo storto La fine del mondo storto

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Pelizzari Opinione inserita da Pelizzari    23 Agosto, 2020
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Il disprezzo dell'uomo

Paladino del ritorno alla natura, alla semplicità, all’umanità, anche con questo racconto l’autore non si smentisce e crea uno scenario che ad una prima lettura sembrerebbe fantascientifico, mentre invece non è così lontano da quella che potrebbe essere una prossima futura realtà. Perché l’impensabile può diventare realtà. Lo stiamo vedendo in questi mesi con la pandemia del coronavirus e tutti i suoi effetti a livello globale. Il racconto ha in sé più elementi davvero terrificanti, ma ci spinge a riflessioni autentiche su quanto è importante il rispetto della natura, perché è da lì che l’uomo ha tutte le risorse per sopravvivere, ma l’autore si spinge oltre. Si spinge ad una forma molto forte di disprezzo per l’uomo, che dimentica (e ri-dimentica, nonostante tutto) la distinzione fra bisogni primari e secondari, riscopre i valori della solidarietà e dell’amicizia, ma solo per opportunismo, ripropone il proprio modello di supremazia che è ciò che sta portante il mondo all’implosione. Vivere è come scolpire, si deve tirare via, togliere, per scoprire ciò che sta sotto. Questo è un pensiero ricorrente nelle espressioni dell’autore ed ha in sé una bellezza straordinaria.

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Massimo80 Opinione inserita da Massimo80    20 Luglio, 2015
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UN LIBRO STORTO, ANZI STORTISSIMO

Ci ho riprovato: ho dato una seconda possibilitá a Mauro Corona. Peccato, un’altra delusione.
L’autore in quest’opera ipotizza un’improvvisa ed inaspettata fine dei combustibili fossili e le conseguenze che si presenterebbero, raccontate al presente, in contrapposizione al modello sociale precedente dipendente dal petrolio, raccontato al passato. Si tratta di un pretesto per riflettere sulla mancanza di valori propria della nostra societá industriale rispetto alle virtú dell’antica societá contadina.

Un racconto dall’ambientazione post-apocalittica dunque. No, non immaginate una toccante narrazione tipo, per esempio, La Strada di McCarthy. In primo luogo perché, a parte la fame che fa fuori gran parte della popolazione mondiale e a cui si accenna freddamente per dover d’informazione, il cambio di corso é giudicato positivo, é appunto “la fine del mondo storto” e non é certo rappresentato con tono angoscioso e drammatico. In secondo luogo perché McCarthy, se voleva comunicare ad esemprio la sofferenza dei due protagonisti, li faceva parlare con un botta e risposta freddo, asciutto, telegrafico, da cui si doveva (e poteva) intuire il loro stato d’animo; faceva, insomma, della letteratura; Corona, per intenderci, se la sbrigherebbe piú facilmente scrivendo “la gente é triste”, che non chiamerei certo letteratura, bensí cronoca.

La Fine Del Mondo Storto é soprattutto una critica alla condizione e alla natura umana, scritta con l’occhio di chi guarda da una distanza temporale fittizia. Ma nessuno osi paragonarlo nemmeno a Il Signore Delle Mosche! Se quello di Golding era un romanzo allegorico, questo non é nemmeno un romanzo, a prescindere dallo scarto in simbolismo! Giá, perché non vi sono personaggi, non vi sono dialoghi, vi sono solo categorie sociali, o meglio ex-categorie alle prese con il nuovo assetto economico. Entrambe le opere hanno sí la stessa finalitá di comunicare un giudizio sul carattere dell’uomo e su come si organizza, ma l’opera di Golding, a differenza di questa, é artisticamente rilevante proprio perché passa il messaggio in maniera indiretta, con la geniale trovata di raccontare una storia avventurosa ed avvincente.
Qui di avventuroso ed avvincente non v’é proprio nulla, di minimamente interessante riconosco giusto qualche isolato ed impacciato tentativo di satira, come quando si rimproverano i vecchi politici, adattatisi a fare i contadini, di zappare un po’ di qua ed un po’ di lá, chiaro rimando ai cambi di partito per convenienza; ma pure Orwell é, fortunatamente, tutt’altra cosa.

A cosa somiglia? Somiglia a Superquark, o Ulisse, o qualunque sia il nome del recente programma di Piero e Alberto Angela. Esatto, ricorda proprio quei documentari in cui gli Angela si “calano” nell’antica Roma, piuttosto che su Marte o nel corpo umano e da lí ci descrivono, con linguaggio chiaro ed informativo, il luogo/tempo in cui si sono artificiosamente catapultati. Il paragone mi sembra azzeccato, da un lato perché qui la trama é inesistente, dall’altro perché lo stile é proprio quello: divulgativo.
Divulgativo si ma distaccato no; traspare infatti l’opinione personale dell’autore e si avverte quanto il tema gli stia a cuore, tanto da farsi scappare pure qualche parolaccia.

Come la pensa dunque Corona? Secondo Corona la montagna e la campagna ci salveranno e la fine dei combustibili fossili é piú che altro lo spunto per far di queste l’elogio, attraverso la descrizione di tecniche, usanze, tradizioni, mestieri tipici.
E’ la rivincita ahimé pretenziosa di contadini e pastori su industriali ed intellettuali, della manualitá sulla professionalitá, della pratica sullo studio. Peccato non riuscire a simpatizzare con i montanari ed i contadini di Corona, dipinti in questo libro come eroi senza macchia salvatori di coloro che furono ricchi, a cui insegnano il mestiere.
A questi santi altruisti delle montagne e delle campagne si contrappongono appunto i ricchi delle cittá che incarnano il male (nella profezia di Corona sono questi i primi a praticare il cannibalismo), ma non solo: in pratica tutte le categorie sociali diverse da contadini, pastori e guide alpine sono umiliate. Proprio cosí, pare ci sia posto per redimere solo tre categorie sociali ed una é proprio la guida alpina, non si sa bene a che titolo! Non si salvano nemmeno gli artisti, tantomeno le opere d’arte, che vengono bruciate per scaldarsi.

Il sogno di Corona é un’economia mossa dal baratto ed una societá fondata sull’uguaglianza, di indubbio stampo socialistico e dove inverosimilmente tutti fanno i contadini; nonostante la vocazione personale di ognuno possa essere altra dall’agricolutra, tutti si scoprono felici.
Era davvero cosí idilliaca la societá contadina? Corona pare concentrarsi solo sugli aspetti del nuovo corso storico favorevoli alla sua tesi: a parte la seccatura della fame, dipinta non tanto negativamente perché miete vittime, quanto positivamente perché pare “avvicini gli uomini”, sembra che non si senta la mancanza di nulla di ció che fu proprio della cosiddetta modernitá.

Nonostante la fine del consumismo abbia condotto la societá alla perfezione propria dell’economia di sussistenza, il sogno si infrange nella pessimistica involuzione del finale, zeppo di sfiducia nell’uomo.

In breve, pochi discutibilissimi contenuti ripetuti e straripetuti all’inverosimile. Questa é forse l’unica analogia con l’altro libro di Corona che ho letto, Come Sasso nella Corrente, ovvero lo sforzo vano che si percepisce nel creare sostanza quando il tutto potrebbe esaurirsi in poche pagine.
Uno scritto prima utopico poi distopico, anarchico, pseudoecologista (qualcuno spieghi a Corona che non vi é da compiacersi nel ritornare a scaldarsi e cucinare bruciando legna anziché gas naturale, dato che la legna inquina decisamente piú del gas), farcito di banalitá, inesattezze, scenari poco plausibili e luoghi comuni.
Un’occasione persa, perché i valori positivi che vuole comunicare, come l’importanza delle doti manuali, del vivere a contatto con la natura e della rinuncia al superfluo, sono appannati da troppa arroganza e presunzione.
Brutto.

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Zine Opinione inserita da Zine    29 Giugno, 2013
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Ecatombe plausibile

Mauro Corona è uno scrittore senza mezzi termini. Non è il tipo che edulcora il proprio linguaggio quando si mette a fare prosa letteraria. Come parla, così scrive, coinvolgendo il lettore nella sua narrazione come se si stesse ad ascoltarlo seduti a un tavolo dopo cena, vicino a un fuoco, con un bicchiere di vino in mano. Le sue storie sono forti, di pancia. La gente si comporta per quello che è, senza fronzoli né affettazioni artefatte.
Corona si porta dentro in ogni riga le sue montagne, la sua vita volutamente semplice, le tradizioni, in costante contrasto con la società frenetica e cittadina che caratterizza il mondo di oggi. Il romanzo nasce proprio come critica spietata della società moderna e ne descrive il tanto sospirato (e ovviamente tragico) crollo.
“La fine del mondo storto”, edito da Mondadori, prende il via con l’avverarsi del peggior incubo del mondo moderno: l’esaurimento improvviso delle risorse energetiche naturali. Niente più petrolio, gas, elettricità. Niente computer, satelliti, televisione. La fine di ogni tecnologia, all’improvviso, all’aprirsi di un inverno che promette di rivelarsi il più crudele della Storia.
Gli uomini muoiono a centinaia, a migliaia. A milioni. Chi rimane, dà fondo alle risorse rimaste fino ad arrivare al cannibalismo. Questo, in città. Nelle campagne e sulle montagne il dramma è meno pronunciato, grazie alle abilità pratiche della gente che ancora vi abita e vi lavora.
Solo i più forti, coloro che si rimboccheranno le maniche e torneranno a imparare a sfruttare la terra e le proprie mani per sopravvivere, riusciranno a impedire l’estinzione del genere umano. Il lavoro di gruppo, il bene comune, deve prevalere su tutto il resto.
Così sarà, finchè non si raggiungerà di nuovo un relativo benessere. Allora, come nella natura dell’Uomo, il circolo vizioso dell’avidità e del conflitto ricomincerà daccapo.
La scelta del tema ha un sicuro intento polemico, nient’affatto smorzato e anzi rimarcato costantemente all’interno della narrazione. Corona trova aberrante il modo in cui la società moderna ha affidato le proprie sorti alla tecnologia e alle risorse deperibili, facendo cadere nel dimenticatoio le conoscenze pratiche cresciute con l’Uomo, conoscenze che gli hanno permesso di sopravvivere nei secoli e prosperare nonostante la sua indole autodistruttiva.
Non si può negare che il nostro sistema scolastico privilegia le materie teoriche, il pensiero astratto e le arti ( per quanto la Cultura sia un bene ben poco preservato in Italia) piuttosto che il lavoro pratico, sia esso agricolo, venatorio o artigianale. Prova ne è che moltissimi mestieri sono scomparsi e altri si affidano a macchinari che condizionano pesantemente le competenze manuali di chi svolge ancora talune attività.
Con la carestia mondiale di energia, Corona distrugge alle fondamenta una società che ormai si regge sulla mente e la costringe a tornare al lavoro delle mani, all’attenzione verso la terra, i cicli delle stagioni, la soddisfazione dei bisogni fondamentali. Ci mette di fronte all’ecatombe da cui dovrà nascere l’Uomo nuovo, se non vorrà estinguersi.
Non sono del tutto d’accordo con l’analisi dell’autore riguardo al comportamento dei sopravvissuti una volta compreso che l’inverno in corso potrebbe essere l’ultimo. La cessazione di ogni violenza, ruberia, individualismo; la coscienza del valore del gruppo, il silenzio e la scomparsa di ogni sentimento che non sia mero istinto…Da un lato, a mio avviso, troppo radicale. Dall’altro, utopistico nel pensare che l’Uomo sia davvero in grado di pensare al bene del gruppo senza la presenza di un leader, di qualcuno che conduca in una qualche direzione coloro che non sanno arrangiarsi e hanno bisogno di essere guidati.
Questa visione bucolica e vagamente “comunista” (con grande profusione di parole sull’annullamento del divario tra ricchi e poveri, anche se in realtà Corona attribuisce difetti indifferentemente a entrambe le parti) appare più una speranza di ravvedimento post-tragedia che qualcosa di veramente plausibile. Le insistenze su certi temi rendono la lettura del racconto per certi versi pesante, nonostante l’indubbia maestria di Corona.
Non al livello di altri suoi scritti, utile per riflettere sui livelli di assurdità a cui la nostra società si è arrampicata, danzando in punta di piedi sull’orlo del baratro.

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Consigliato per gli ammonimenti fin troppo veri a darci un taglio con la tecnologia sfrenata. Un po' meno per il tono moraleggiante...
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bookspassion Opinione inserita da bookspassion    08 Febbraio, 2013
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E SE UN BUONGIORNO.. NON CI FOSSE PIU'?

Quali sarebbero le conseguenze se gas, petrolio, elettricità e tutte le nostre care comodità sparissero da un giorno all'altro? La risposta si trova proprio in questo libro, quando il tempo delle pance piene, il tempo delle vacche grasse ci abbandona.
Tutto viene bruciato per scaldarsi dal freddo pungente, ma come si fa adesso? Come ci si procura da mangiare? Si muore? Anche.. i primi a patire di più sono vecchi, malati e bambini, ma la verità è che tutti ormai spaesati non sono in grado neanche di accendere un fuoco con dei legnetti, banche diventano latrine (a cosa serve ormai l'oro?), ville utilizzate come perfette stalle.
Procede la lettura e la coscenza umana si lascia alle spalle la frenesia, la fretta e migliora. Questo perchè di fronte alla morte si è tutti uguali e i pochi sopravvissuti si rimboccano le maniche per soppravivvere alla meno peggio. Ora come tornano utili contadini e artigiani.
Ci si mangerebbe le mani perchè forse sarebbe stato meglio investire un po' di più in agricoltura piuttosto che nell'industria. Col tempo si ritrovano valori dimenticati, semplicità, lentezza e si apprezza di nuovo la Natura.
Ma la morte bianca e nera all'uomo non basta, perchè per qualche strana ragione, quando finalmente ritrova l'equilibrio, deve sempre complicarsi la vita e distruggere ciò che con tanta fatica e sudore ha creato.

Spesso un po' ripetitivo, ma ho apprezzato moltissimo il contenuto. Ogni frase ha un suo perchè ed è quasi impossibile non sentirsi chiamato in causa. Sono cose che tutti alla fine sappiamo già ma così, nero su bianco, fa tutto un altro effetto. E fa riflettere!

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Consigliato per chi è pronto a farsi un esame di coscienza. Per un motivo o per l'altro, ci rispecchieremo tutti in questo libro..
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Sandro C. Opinione inserita da Sandro C.    14 Dicembre, 2012
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La lezione non ci basterà

Quello che esce maggiormente dalla lettura de "La fine del mondo storto" è la rabbia. L'incazzamento del Maestro Mauro Corona contro la civiltà moderna, progredita si nel tempo, ma senza tener conto del motore della vita: la Nautra.
L'autore prevede un cambiamento catastrofico per l'uomo, innescato dalla fine dell'oro nero, il petrolio, e da tutti i suoi fratelli derivati. Da quel giorno in cui ci sveglierà senza più modernità funzionanti, sarà una vera e propria Apocalisse, un susseguirsi di atrocità per l'esistenza. Ma la morte bianca e nera (così la chiama Corona) sarà anche la scintilla di una nuova era, basata sull'uso delle mani e sull'amore per la terra. Crescerà un Uomo nuovo, diverso, più concreto, più corretto, più responsabile ma soprattutto più attivo. Un Uomo in grado di ristabilire la situazione, di riprendere e rilanciare la qualità della vita. Fino a rompere il ritrovato equilibrio e cosicchè una conseguente fine catastrofica ricolpirà le future generazioni.
Libro molto interessante, piacevole (per me) da leggere, sempre ricco di semplicità e parole incisive. L'argomento trattato è certamente impegnativo e capisco quindi le critiche di alcuni lettori.
Più che un libro è una denuncia, una sorta di schiaffo atto a risvegliare gli animi pigri e svogliati di noi tutti.
Nel complesso è forse un po' esagerato, ma comunque profetico è l'aggettivo più consono.
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Bruno Elpis Opinione inserita da Bruno Elpis    12 Dicembre, 2012
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La fine del mondo storto - Commento di Bruno Elpis

In questo romanzo, premio Bancarella 2011, Mauro Corona porta alle estreme conseguenze un processo – quello di autodistruzione - che oggi è già in stadio avanzato.
Mentre noi speriamo che il processo non sia giunto a un punto di “non ritorno”, Mauro Corona immagina il giorno in cui l’umanità si ritrova senza fonti d’energia: perché petrolio e gas si sono esauriti.
Malauguratamente quest’epoca futuribile – per ironia della sorte - coincide con la stagione più difficile da affrontare in assenza di energia: “L’inverno della morte bianca e nera”.
Ne seguono eventi e riflessioni che consentono di anticipare quello che sarà il destino dell’uomo, se non correrà ai ripari per tempo.
E così scopriamo che “messa alle strette, la gente si accorge che può fare a meno di una montagna di robe”. Quindi, la nuova avventura dell’uomo è riscaldata e illuminata da roghi ove si brucia di tutto: sedie, tavoli, mobili (“La Mondadori è un bosco ceduo …”). Nel nuovo mondo, pericoli e tragedie spianano i contrasti, la morte miete vittime, la società si livella (non esistono più poveri e ricchi), si affermano lavori come il taglialegna, l’artigiano, l’agricoltore e il cacciatore.
Ne conseguono anche nuovi assetti sociali: l’uomo comprende che si è amici solo per paura e tornaconto. E che letteratura, arte e amore sono attività compatibili con uno stomaco pieno. Mentre i lavori inutili (ad esempio il giornalista e il giudice) si estinguono, si afferma il cannibalismo e si ritorna al baratto.
Mauro Corona segue le sorti dell’uomo sino a un nuovo ritrovato sociale e umano: la società perfetta, in equilibrio senza capi, e l’uomo ecologico, che si concentra per prepararsi a un altro inverno. Perché non sia più la stagione “della morte bianca e nera”.
L’immaginazione di Corona si spinge sino alla fine, che non può essere svelata. E che nella conclusione prevalga l’ottimismo o il pessimismo, credo sia un dettaglio letterario. L’importante è che il lettore partecipi in modo attivo, facendo proprie le paure e le visioni di un autore che – per vocazione artistica – diventa coscienza sociale, ammonimento e … stimolo. A non lasciare che si realizzi … la fine del mondo storto. Cercando magari di raddrizzarlo, questo mondo storto.

Bruno Elpis

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... 365 racconti sulla fine del mondo (Il 28 dicembre c'è anche il mio "Sei tu il mio mondo").
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enricocaramuscio Opinione inserita da enricocaramuscio    10 Mag, 2012
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Fondamentalismo ecologico

Come reagirebbe l' umanità se un giorno si ritrovasse improvvisamente priva delle più comuni e usate fonti di energia, cioè i carburanti fossili? Come farebbe a funzionare una società ormai totalmente dipendente da macchine e tecnologia senza combustibili e corrente elettrica? Corona prova ad immaginare lo scenario che si verrebbe a creare, quale sarebbe la prima reazione degli uomini, in quale modo la società si potrebbe organizzare per far fronte al problema. Ma soprattutto l' autore sembra chiedersi: gli uomini impareranno finalmente la lezione e capiranno che il pianeta va rispettato, che la semplicità e l' essenzialità sono le chiavi per un mondo migliore, che la ricerca sfrenata dei soldi e del potere portano inevitabilmente alla rovina? Corona parte da un’ idea molto interessante ma non riesce a svilupparla adeguatamente, restando troppo sul vago e non riuscendo ad argomentare per bene le sue pur interessanti idee, facendosi trascinare troppo da un fondamentalismo ecologico che finisce per vanificarne i buoni propositi. L’ idea di fondo infatti è tutto sommato giusta, in quanto l’ autore vuole mettere in guardia l' uomo dai possibili risvolti a cui può portare lo stile di vita che la società attuale conduce, ma lo scenario che crea appare eccessivamente apocalittico e in più infarcisce il libro di retorica e luoghi comuni, spara a zero contro tutto e tutti auspicando un ritorno ad uno stile di vita da età della pietra e torna continuamente sugli stessi concetti rendendo il libro ripetitivo e privo di sostanza. Insomma, un libro ambientalista ma che appare troppo poco scientifico per essere un saggio e lontano dal poter essere definito romanzo per la totale mancanza di personaggi e fatti particolari e troppo pieno di fanatismo ideologico. Sconsigliato, ma se proprio volete leggerlo prendetelo con le pinze, come se si trattasse di una pura e semplice provocazione.

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ant Opinione inserita da ant    31 Marzo, 2012
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Ammonimento sottoforma di romanzo

Più che un libro lo definerei un ammonimento sottoforma di romanzo lungo circa 160 pagine.
Una forma nuova di scrittura a mio parere, non c'è un personaggio principale, ma la vita di tutti noi che cambia è l'argomento e il fulcro principale di questo testo.
La trama: improvvisamente agli uomini viene a mancare il petrolio e qualsiasi altra forma di combustibile per produrre energia, ed ecco che le prospettive dei viventi cambiano radicalmente, si ribaltano gerarchie, bisogni, pensieri, opportunità ,situazioni..tutto insomma.
Nelle città vivere è un inferno, già gli abitanti di campagne e montagne se la cavano molto meglio; in questo scenario apocalittico lo scrittore si scatena con similitudini e situazioni che vanno dallo scabroso al grottesco, passando per il sublime e l'ingegnoso.
Corona si sofferma spesso e volentieri su quelle che sono le ideologie e e i valori della società attuale, cioè la corsa al titolo di studio, la voglia di accaparrarsi posti di lavoro prestigiosi ed accumulare denaro; con l'avvento della catastofe energetica descritta nel libro tutti i valori di cui sopra vanno a farsi benedire , e tra gli uomini e nel mondo descritto da Corona conta e ha prestigio solo chi sa potare, mungere, zappare, costruire capanne, seminare etc.
I ricchi che bruciano i loro mobili preziosi per scaldarsi, i preti che bruciano le loro tele e quadri famosi contenuti nelle chiese; i poveri più abituati a soffrire resistoneo di più alle intemperie dell'inverno e della vita grama, tutto un ribaltarsi di situazioni come dicevo.
Gli uomini in questa dura prova capiscono che cmq prima vivevano male affanandosi in corse e ricerche di cose vacue, questa catastofe gli fa capire che i valori veri sono altri e li avevano dimenticati.
Un libro che è un esaltazione anche della vita contadina e della capacità di arrangiarsi in situazioni difficili.
L'animo umano però poi piano piano, anche se depurato e svuotato delle grossolanità dei pseudoagi precedenti, ritorna ad essere così com'è sempre stato, cioè autodistruttivo...non vi dico come.
Molto suggestivo e fantasioso
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libri che narrano di faccende umane con risvolti tragici ,ma con tanta speranza di base
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Opinione inserita da Francesco    05 Gennaio, 2012

da lasciare in libreria

Dopo aver letto quasi tutti i libri di Mauro Corona, questo volumetto ha deluso ogni aspettativa.
L'idea di partenza, che si colloca nel filone apocalittico, può in parte considerarsi interessante, in quanto il tema non parte da una catastrofe di qualsivoglia tipologia, ma dal semplice esaurimento dei combustibili fossili.
Da quest'idea di partenza (possibilità non molto remota) c'erano infiniti modi per sviluppare il tema, dall'analisi sociale agli aspetti più pratici, cosa che in questo volumetto non avviene. I caratteri del testo enormi da libro per bimbi delle elementari, atti ad incrementare il numero di pagine per giustificare un libro che altrimenti sarebbe un fascicolo rendono ancor più ridicola questa opera il cui contenuto, tolti i girotondi di frasi (spesso le stesse si ripresentano più e più volte nell'arco della brevissima lettura, in un cerchio ripetitivo e avvilente) potrebbe ridursi a qualche facciata.
Un buco nell'acqua.

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Opinione inserita da maddi    10 Novembre, 2011

questo libro m'è andato storto

Mi sono avvicinata a questo libro per caso, anche se Corona lo conosco da un pezzo come scrittore.
La fine del mondo storto sicuramente vuole puntare il dito contro la responsabilità dell'uomo nei confronti del pianeta, mostrando come lo sfrutti a proprio piacimento, avendo perso del tutto la capacità di percepire le cose e la vita e di vivere in armonia.
Sono temi che condivido profondamente e in cui mi rifletto molto, ma questa lettura è di una noia incredibile e secondo me non centra l'obiettivo.
Ripete in ogni capitolo le stesse cose: l'incapacità umana di usare le mani (se non per darsele di santa ragione) e la fondamentale propensione all'avidità dell'uomo.
Posso condividerlo, lo trovo vero, ma non si può costruire una 'storia' ripetendo sempre le stesse cose.
Ad ogni pagina che leggevo mi chiedevo 'ok, e ora?'.
Corona parla di temi ormai trattati in ogni campo, che per essere appetibili sotto forma di romanzo dovrebbero avere un po' più verve o una storia che li tenga in piedi.

Aggiungo, ed è un'opinione strettamente personale ed opinabile, che se fossi il signor Mauro probabilmente avrei cercato una casa editrice diversa, magari più piccola e con un'etica sicuramente meno marcia della Mondadori (sappiamo tutti chi la possieda), per dare il segno che la distruzione del nostro pianeta si può evitare partendo proprio dalle piccole cose.

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leggete piuttosto the road, cormac mc carthy
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Fò Opinione inserita da Fò    22 Settembre, 2011
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E' un mondo storto.

Chi mi conosce lo sa. Il titolo per me è molto importante, e questo mi piace. Il nostro è effettivamente un mondo "storto", in cui nessuno vede le cose per come sono chiaramente, nessuno riconosce le cose utili e quelle superflue.. Nel libro di Corona, interviene la natura a raddrizzarlo, il naturale scorrere del tempo e degli eventi.
Un bel libro secondo me, particolare nella scrittura, anche se un po' ripetitivo comunque scorrevole. L'idea è originale e azzeccata.
Ovviamente non tutti sono interessati a questo tipo di argomento, ma a tutti quelli che nel loro piccolo cercano di "raddrizzare il mondo", lo consiglio.
Per quanto mi riguarda ho anche imparato un po' di cose.

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Opinione inserita da Chiara Ballarini    10 Agosto, 2011

un diario profetico

Potrebbe benissimo trattarsi di un diario proveniente da un futuro (purtroppo) non molto lontano.La lungimiranza della'autore è impressionante,costui è un attento osservatore della realtà...trae le sue conclusioni dal presente,disegnando le linee ben definite di questo allucinante futuro.Trovo confortante il senso di solidarietà che,automaticamente in situazioni cosi' estreme,viene a crearsi tra gli esseri umani...Mauro Corona,di umili origini,credo sia una persona di una ricchezza interiore fuori dal comune,personaggio schivo ed empatico.Questo libro è solo un racconto ma...Bhè,cominciamo a fare scorte di legna da ardere e alimenti secchi...non si sa mai.

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lo consiglio a chi è convinto che il sistema attuale (consumismo eccessivo e sfrenato) possa reggere per sempre a scapito delle risorse terrestri e dei veri valori
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phoebe1976 Opinione inserita da phoebe1976    04 Aprile, 2011
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L'uomo, la Terra ed il futuro che ci meritiamo

"Finché l'uomo non sparirà dal pianeta, farà di tutto, e ce la metterà tutta, per farsi male e per star male. Poi si estinguerà. Ma sarà colpa sua. L'uomo sarà l'unico essere vivente ad autoestinguersi per imbecillità"

Faccio una doverosa premessa: la mia è una famiglia di origine contadina, che va molto fiera del suo passato e delle tradizioni. Quindi non posso non trovarmi d’accordo in molti passi di questo libro, in cui Mauro Corona espone in un storia (di fantasia?) ciò che accadrebbe se all’improvviso petrolio, gas e carbone si esaurissero alle porte dell’inverno.
Ovviamente lui immagina il caos, la morte di metà almeno della popolazione terrestre ed un ritorno al rurale che conduca l’uomo a tornare un buon selvaggio attaccato alla natura. Nel romanzo i canoni si rovesciano, i deboli sono forti ed i potenti non sanno fare nulla con le mani.
Ma poi tutto ricomincia come in una ruota che gira.
Perché l’uomo è così, è nel suo DNA.
Nel libro ci sono spunti interessanti e carini (vedi la presenza del nostro PdC in veste di sanguisuga in bicicletta), ma la scrittura di Corona è troppo supponente e certa delle proprie idee. Dà la colpa del nostro attuale degrado alla tecnologia, al troppo sapere e sembra che da essi non possa derivare niente di buono, proprio niente. E mi pare francamente esagerato, mi pare una visione miope come quella del maestro di yoga di mia madre che non vuol comprare il frigorifero.

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...già altri libri di Corona
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Opinione inserita da Alessandro    22 Marzo, 2011

Un buon libro

Mauro Corona lascia trasparire in modo chiaro ogni sua convinzione sulla vita e sui rali valori di essa.
Alcune descrizioni risultano forti, con termini crudi che, tuttavia, sono adatti al contesto.
Se avesse romanzato di più il libro credo che sarebbe caduto in una sorta di copiatura di sceneggiature già scritte (stile "Io sono leggenda", "48 giorni dopo", ecc.).
Il libro va inteso, a mio parere, come una ipotetica cronaca di ciò che accadrebbe se qualcosa ci togliesse di colpo il superfluo ( e di ciò che accadrebbe quando il terrore e la disperazione facessero nuovamente posto a speranza ed ambizioni).
Buon libro, fa riflettere...

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andrea70 Opinione inserita da andrea70    13 Febbraio, 2011
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Peccato però...

Libro decisamente difficile da giudicare, non è un romanzo vero e proprio non essendoci personaggi , sembra più un saggio .
Il tema è di grande attualità e portato agli estremi da Corona, improvvisamente un giorno finiscono tutti gli idrocarburi (petrolio, gas...) ed il mondo si ferma ai piedi di quello che sarà il peggior inverno del mondo civilizzato.
Già qui ho qualche perplessità : troppo improvvisa la fine, la nostra civiltà supertecnologica non si era accorta di nulla e non aveva iniziato a produrre energie alternative ? Mah ...stupidi magari si , ma così tanto?.
Poi inizia un inno alla natura, alla campagna , al lavorare con le mani , al recupero di quella manualità e di quelle conoscenze antiche che avevano fatto campare i nostri nonni e che il progresso ha messo in un angolo.
Gli uomini sembrano mettere da parte contrasti ed egoismi e collaborano come mai era accaduto prima , come se il non avere più nulla rendesse le persone migliori (concetto ribadito fino alla noia nel libro), la fine del petrolio diventa una sorta di diluvio universale sui nostri cuori inariditi.
Questa parte è decisamente molto bella e lo stile di Corona diretto ed affabulante, ho qualche perplessità sul fatto che la fine del petrolio sembri portare con se la fine di ogni conoscenza relativa al progresso, si passa dagli antibiotici alle erbe della nonna , dagli aerei alle proprie gambe, in mezzo...nulla? Mi sembra un pò forzato...
Corona ripete gli stessi concetti da angolazioni diverse a costo di diventare ripetitivo, riduce le differenze tra esseri umani a quelle tra ricchi o potenti e poveri, tra prima e dopo la catastrofe, dimenticandosi di tutte le sfumature che costituiscono l'animo di una persona.
Si toglie anche qualche sassolino dalla scarpa con una descrizione al vetriolo della figura del critico letterario.
Va via come un treno in corsa fino al colpo di coda finale, all'ennesimo monito: una volta recuperata un parvenza di vita l'uomo tornerà alle sue debolezze, al potere e all'accumulo di risorse come unico scopo.
Messaggio vero e sconcertante sia per quanto riguarda lo stato della nostra terra che relativamente al nostro animo, all'egoismo e ai falsi valori dell'uomo moderno. Però peccato... perchè Corona ha uno stile non da poco , vero, diretto, ironico ; se avesse sviluppato l'idea in un romanzo , approfondendola di più , avrebbe scritto un capolavoro.
Invece si è limitato a raccontarci il mondo nel suo passaggio da nero a bianco e si è dimenticato i colori e le loro sfumature sia nella descrizione del mondo che dell'umanità che lo popola e questo libro rimane solo un bellissimo sfogo ed un monito a noi stessi, abbiamo imboccato la strada sbagliata dentro e fuori di noi , siamo "sbagliati dentro" e non possiamo cosi rispettare gli altri e il mondo in cui viviamo perchè abbiamo confuso i veri valori con ciò che ci piace. Il messaggio è da 10.

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Morena V Opinione inserita da Morena V    23 Gennaio, 2011
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Una premonizione, una verità.

Scenario agghiacciante, ripetuto ossessivamente, da cui salvo il monito a non dimenticare la cultura materiale che fa parte della nostra storia: il cervello ha bisogno delle mani.
Io non so cosa significhi aver fame sul serio, la fame vera che cancella di colpo ogni scrupolo etico. Non riesco neppure ad immaginarmela...
Può l'uomo occidentale viziato e impigrito vivere senza il superfluo? Che sia così alto il prezzo da pagare, fa davvero paura.
La storia nasce da una premonizione e si conlcude con una verità inoppugnabile:il peggior limite dell'uomo è l'imbecillità e non esiste ciclo storico che possa risolverlo.

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dcql84 Opinione inserita da dcql84    11 Gennaio, 2011
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Un buon Corona

Forse un pò troppo ripetitivo e poco romanzato, ma una lettura piacevole ed appasionante, un punto di vista condivisibile nella sua estrema accezione.

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LuigiDeRosa Opinione inserita da LuigiDeRosa    01 Dicembre, 2010
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Homo homini lupus (Non parliamo poi di quelli alph

In questo romanzo Mauro Corona va oltre ogni più nera previsione sulla fine della nostra società "storta".Il petrolio,il carbone, tutte le fonti energetiche che ci danno confort e gioia consumistica si esauriranno del tutto.
Le Cassandre che da tempo ci mettevano sull'avviso che prima o poi la cuccagna sarebbe finita, alla fine avranno avuto ragione, ed allora cosa accadrà?
Niente energia elettrica, niente luce, niente TV, niente medicine, niente auto,niente telefoni, niente di niente.Quando le scorte nelle case finiranno si comincerà a morire come mosche, prima i malati, poi i vecchi e i bambini. Poi giungerà l'inverno, si bruceranno monili, libri : a che serve la cultura quando si muore? Si bruceranno i soldi: a che servono i soldi
quando manca il pane e lo stomaco è vuoto da giorni?
E poi... e poi quando tutto finirà gli uomini che non sanno più zappare, coltivare, pescare, cacciare cominceranno a mangiare i morti perché l'inverno sembrerà eterno come la fame. E poi...e poi qualcosa di nuovo accadrà...

Nel tempio di Apollo a Delfi accanto alla scritta "gnòthi sautòn" (conosci te stesso) c'è da secoli e secoli una seconda scritta meno nota ma ugualmente significativa per l'uomo moderno "medèn àgan"( nulla di troppo) appunto, impariamo a non sprecare, questo è l'undicesimo comandamento!

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Ecologia di Giuseppe Brillante
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barbara78E Opinione inserita da barbara78E    28 Novembre, 2010
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un "documanzo"

un incrocio fra un documentario e un romanzo: infatti non ha un personaggio definito, ma parla della gente in genere, di come sopravvivrebbe senza più petrolio e senza le comodità a cui siamo abituati. Fa una panoramica in generale, senza soffermarsi su nessuno in particolare. Da questo punto di vista sembra un documentario di Quark, quelli su popolazioni tribali per intenderci... Descrive un ritorno alla semplicità, associata NON al benessere psicofisico (come viene definita in questi tempi), ma alla pura sopravvivenza. Gli ingredienti della vita diventano solo cibo, acqua, fuoco e un riparo. L'arte di "far coe man" diventa basilare e l'arte di arrangiarsi e di accontentarsi stravolge la lista di ciò che prima era "assolutamente" necessario (telefonino dell'ultima generazione, macchina con motori sempre più potenti, case immense con almeno 4 bagni...).
Lo stile è scorrevole, anche se in alcuni tratti un pochino ripetivo. La NON presenza di un personaggio in particolare, fa si che l'attenzione di focalizzi sulla descrizione della situazione, non tanto sulle azioni o sulle parole. Da leggere, magari con figli (che hanno tutto) e con nonni ( che magari non hanno avuto nulla e se ne ricordano).

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a chiunque abbia a cuore le tradizioni e veda un futuro nero...
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