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Per chi suona la campana
 
Per chi suona la campana 2012-12-20 13:16:12 Maso
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Maso Opinione inserita da Maso    20 Dicembre, 2012
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La guerriglia dei sentimenti

Leggere un autore premio Nobel crea sempre delle aspettative, è inevitabile ed intrinseco all’importanza che si attribuisce, a ragione, ad un riconoscimento tanto prestigioso. “Il vecchio e il mare” sembra essere il culmine, l’apice indiscusso che ha consacrato Hemingway. Nonostante questo, personalmente non ho potuto non amare maggiormente il romanzo di cui mi accingo a parlare, ultimo in ordine cronologico dell’intera produzione letteraria dell’autore: si tratta di “Per chi suona la campana”.
In primis, dovendo fare un piccolo confronto, non necessariamente appropriato, con “Il vecchio e il mare”, l’unica altra opera che ho letto dell’autore, mi sembra salti subito all’occhio il carattere meno simbolico e meno ermetico di “Per chi suona la campana”. Quest’ultimo è sicuramente più considerabile come romanzo, rispetto al primo, in quanto più articolato, più corposo e notevolmente più popolato. Rientra sicuramente più nelle mie corde, nonostante una trama inesistente fin verso le battute finali. Ma proprio qui ritengo stia il bello, la maestria, il virtuosismo di scrivere cinquecento pagine di pura bellezza narrativa e stilistica senza una base di avvenimenti concreti. Pagine che non annoiano, poiché troppo vere, a volte crude, a volte evocative, a volte tanto intrise di evidente, lampante verità e saggezza da rimanerne spiazzati.
I freddi ragionamenti di Jordan, l’Inglés, permeati insistentemente dalla necessità schiacciante di vivere, amare e provare sentimenti, si alternano ai racconti di guerriglia raccontati dai personaggi ausiliari, tutta una cerchia di persone con i quali il protagonista si troverà a convivere e collaborare per portare a termine la sua missione. Una missione in terra straniera, in una Spagna raccontata dalle sue valli, dai suoi altipiani, dai suoi boschi, che solo da lontano sente giungere gli echi più forti della guerra interna che devasta la nazione, negli anni della seconda guerra mondiale inoltrata. La stessa guerra civile raccontata con tanta, pittorica crudezza dalla “Guernica” di Picasso, viene affrescata in questo romanzo grazie ai numerosi racconti che riportano i componenti della falange di partigiani cui si aggrega Jordan. Ed è così che i racconti pieni di orrori, di sangue e di violenze si accostano alla consolante presenza della giovane e bella Maria, anch’essa parte dei guerriglieri, di cui Jordan si infatuerà.
Tutto questo per una semplice compito da svolegere, far saltare un ponte, in mezzo ad una zona boscosa, per evitare i possibili rifornimenti del nemico. A questo si dovrà giungere, ma ai fini del romanzo, che l’obbiettivo si raggiunga o meno mi sembra a dir poco irrilevante. Tutta la bellezza straordinaria del romanzo si svolge prima, nella testa di questo professore americano che ha deciso di abbandonare patria e vita per dedicarsi ad una guerra non sua, ma che condivide e a cui ormai appartiene. Una mente tesa al proprio dovere, ma tesa anche al ritorno. Basculante dalla certezza della riuscita ad ogni più minimo dubbio. Dalla voglia di vivere, ma anche dall’accettazione della morte.
Una chiosa in grande stile, che delude un po’ ma che raggiunge una sua prefezione, conclude un’opera letteraria di immenso valore, prima letterario, poi storico.
Romanzo quindi consigliatissimo, anche ai non amanti delle storie di guerra. Anche io non lo sono, eppure, nonostante si parli spesso di guerriglia, di fucili e di tattiche militari, tutto ciò non risulta mai pesante, ma anzi estremamente bilanciato da un amore per la lingua e per l’espressione del sentimento forse mai eguagliati da nessun’altro scrittore.

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