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Dance dance dance
 
Dance dance dance 2012-12-31 11:59:16 Maso
Voto medio 
 
4.8
Stile 
 
5.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
5.0
Maso Opinione inserita da Maso    31 Dicembre, 2012
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L'importante è danzare

Dopo la meravigliosa ed inaspettata sorpresa avuta con “Kafka sulla spiaggia” perché non dare un’opportunità all’abbandonato “Dance Dance Dance”? Sarebbe stato ingiusto lasciarlo a se stesso senza un secondo tentativo, bollando questo romanzo come qualcosa di non gradito solo per qualche sensazione che avrebbe potuto essere errata. E infatti è stato proprio così. Comincio a sviluppare una sorta di diffidenza nel personale giudizio su libri che non mi convincono e ho bisogno di una riprova tangibile che solo con una rilettura posso ottenere. Il più delle volte questo risulta essere un procedimento che si conclude con successo e con un ripensamento a tutto tondo sull’opera in se e sulle capacità dell’autore. “Dance Dance Dance” era stato abbandonato dal sottoscritto per delle motivazioni prettamente emotive di un periodo della mia vita, come tutti ne hanno, che mi ha impedito di portare a conclusione la lettura. Finito il periodo in questione, voltate le pagine, chiuse le porte, riprenderlo è stato un attimo e il risultato è stato esaltante. Ne è venuta fuori una lettura piacevolissima, che incrementa notevolmente il mio parere, già positivo dopo “Kafka sulla spiaggia”, su Murakami. Un autore con i propri topos, caratteristici e inconfondibili. Con il solito linguaggio lineare, semplice, a tratti estremamente fotografico per quanto riguarda determinate scene. Scene che vengono pensate e descritte come se ci trovassimo di fronte ad una mostra di fotografie sul mondo contemporaneo o davanti ad un film d’autore con un eccellente gusto per l’estetica. Scene che vengono descritte con un linguaggio potente, con frasi incisive e particolari, che, il più delle volte, riescono ad esprimere a fondo quel gusto per l’essenziale tipico della tradizione estetica nipponica.
Questo romanzo in particolare racconta della vita. E fin qua non sembrerebbe nulla di particolarmente straordinario né particolare. Naturalmente il nocciolo della questione sta nel come il concetto di vita viene raccontato. Un concetto che si suddivide in una serie di collegamenti che avvengono per ogni essere umano, collegamenti i quali formano una sorta di cammino già scritto, dove ogni parte di esso trova ragione nel tutto, dove il destino, o qualcosa di indefinito ma dalle medesime funzioni, mostra a volte le proprie intenzioni e ci collega a fatti della vita in modo da raggiungere un fine ignoto. Per il protagonista di questa storia, di cui, per inciso, non viene mai menzionato il nome, il destino prende la forma di un’uomo, o di una presenza, o, ancora meglio, di un’entità immaginaria e contemporaneamente reale: l’uomo pecora. Benché il nome faccia pensare ad un personaggio dalle peculiarità comiche, egli è il guardiano di tutti questi collegamenti che segnano il percorso di vita del protagonista, che si troverà in pochi mesi a sconvolgere la propria esistenza fondamentalmente monotona al fine di perseguire e portare a termine alcune questioni in sospeso con il passato. Durante questo suo viaggio, mentale e fisico, conoscerà persone che diverranno fondamentali per il suo scopo, ma fondamentali anche per il proprio benessere. Incontrerà una ragazzina bisognosa di amore, con una dote molto particolare. Incontrerà una vecchia conoscenza salita agli onori della cronaca e diventata celebre, incontrerà una receptionist di cui avrà disperatamente bisogno. Un percorso tortuoso lo farà entrare ed uscire dalla realtà, in situazioni che solo un autore come Murakami può mettere in piedi, riuscendo a disorientare il lettore a proposito di cosa sia e cosa non sia reale e tangibile per il protagonista e per chi segue le sue vicende. In definitiva, una bellissima favola moderna sul destino che attende ognuno di noi e su come i fatti quotidiani della nostra vita possano concatenarsi per raggiungere lo scopo della nostra vita. Uno scopo che può essere alto nonostante la nostra esistenza appaia sostanzialmente inutile al progresso sociale, o uno scopo apparentemente inutile nonostante la nostra vita sia stata ricca di successi. Una sorta di meditazione, “Dance Dance Dance”, sui rapporti umani, su quanto possano essere fugaci, su quanto possano essere dolorosi nel loro apparire troppo effimeri e destinati ad una conclusione. Un romanzo che tocca alcune corde importanti, come quella del sentimento, della solitudine, del bisogno di amore, ma anche della mancata realizzazione personale che diventa malattia in un mondo così ossessionato come il nostro dal progresso, dal successo e dalla sua immagine troppo spesso opulenta e mendace. Un romanzo che, in fin dei conti, ci fa pensare e forse credere che per ognuno di noi, come succede al protagonista, c’è qualcuno che in una stanza di hotel piange per tutte le cose di cui noi stessi non riusciamo a piangere.

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Commenti

12 risultati - visualizzati 1 - 10 1 2
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gracy
01 Gennaio, 2013
Ultimo aggiornamento:
01 Gennaio, 2013
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Maso...in genere non amo leggere i commenti lunghi, ma il tuo su questo libro l'ho letto e ho pensato che sei stato bravo a sviscerare tanti punti di vista sia sul libro sia su Murakami come autore...che grande uomo e che chirurgia precisa quando parla di sentimenti....dance dance dance.....all night long!!!
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MagicalRobert
01 Gennaio, 2013
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Bravissimo Maso! Sempicemente. Scusa Gracy, e a chi pensa alle recensioni corte-espressive, lunghe-noiose. Non esistono regole! :))
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gracy
01 Gennaio, 2013
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certo Magical...non esistono regole, ma io i pipponi scritti in piccolo dal mio pc mi fanno girare la testa....e poi magari si scrive tanto e si omette l'essenza del contenuto del testo letto...IMHO!
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MagicalRobert
01 Gennaio, 2013
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Non è una regola neanche questa dell'essenza omessa! :)
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gracy
01 Gennaio, 2013
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Certo, come no, è consuetudine scrivere il riassunto e i retroscena, spoilerando chi è il colpevole e chi ama chi, chi tradisce chi..
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MagicalRobert
01 Gennaio, 2013
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Non è una regola, non tutti fanno questo! :)
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Maso
01 Gennaio, 2013
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Partendo dal presupposto che, appunto, non ci siano regole, credo che generalmente sia importante equilibrare l'estensione del proprio parere con una buona dose di elementi che possono risultare utili e facilmente fruibili all'interessato. Le opinioni espresse dovrebbero forse avere quindi anche una sorta di valore, di spessore che faccia in modo che leggere commenti tanto lunghi non sia pesante e perloppiù inutile. Quando parlo di valore, naturalmente, intendo valore di intrattenimento..lungi da me il voler considerare le mie opinioni letterarie come ricche di valore "culturale"! Con la consapevolezza della mia cronica prolissità, ripongo sempre la speranza che per gli altri, leggere opinioni tanto chilometriche risulti, se non piacevole, almeno di qualche utilità :-)
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Cristina72
01 Gennaio, 2013
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Concordo sui pipponi :-)
Sintesi, sintesi e ancora sintesi!
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MagicalRobert
01 Gennaio, 2013
Ultimo aggiornamento:
01 Gennaio, 2013
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Pipponi è dispregiativo, e la sintesi, a volte, ristringe l'interesse verso chi già conosce uno stile o quel dato scrittore; fa selezione. Semplicemente stile libero! :-)
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petra
01 Gennaio, 2013
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Trovo splendida questa recensione, approfondita e invitante. Grazie!:)
12 risultati - visualizzati 1 - 10 1 2

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