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Il quaderno di Maya
 
Il quaderno di Maya 2014-03-10 18:03:03 romantica82
Voto medio 
 
2.5
Stile 
 
2.0
Contenuto 
 
2.0
Piacevolezza 
 
3.0
romantica82 Opinione inserita da romantica82    10 Marzo, 2014
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La perdizione e la rinascita di una ragazza

“E’ inconfondibile, non c’è nessuno che assomiglia al mio Popo, né nero, né bianco, nessuno è così elegante e teatrale, con la pipa e gli occhiali dorati e il cappello Borsalino. Poi iniziò la mia deriva di droghe ed alcool, rumore e ancora più rumore, andavo in giro con la mente offuscata e non lo rividi più”.
Ecco una frase tratta da questo romanzo, che altro non è che un diario di un’adolescente, Maya, dall’infanzia segnata dalla prematura separazione dei genitori, da una madre hostess attenta unicamente a se stessa e che non vede la figlia da anni, ma anche dall’attaccamento profondo, viscerale ed autentico con il nonno, il raffinato Popo descritto come un elegante uomo dalle braccia grandi capaci di dare conforto alla bambina, e dalla nonna Nini, una vivace latinoamericana che crede che spiriti superiori sorveglino la nostra vita.
Anche Maya ritiene che per un curioso caso, se riusciamo a tenere il cuore e la mente aperti ad accoglierli, i defunti ci mantengano la mano quando più ne abbiamo bisogno e con questa frase lascia intendere che, quando il nonno è morto creando in lei un vuoto incolmabile, lo aveva scorto in posti inaspettati, con il suo cappello scuro ed il profumo inconfondibile. E poi, quando ha iniziato a fare uso di sostanze stupefacenti, lentamente Popo è scomparso e quanto più passavano i giorni senza la sua presenza, tanto più si faceva largo nel suo cuore una congerie di sentimenti che andavano dalla rabbia, al dolore al desiderio di scomparire. E Maya realmente ha fatto di tutto per scomparire: è scappata di casa, gettando nella disperazione suo padre e la povera nonna Nini, è entrata nei bassifondi di Las Vegas facendo la pusher ed ha addirittura smesso di mangiare.
Ma poi, dopo una serie rocambolesca di episodi e, soprattutto, dopo che Popo non ce l’ha fatta proprio più a vederla denudata della propria dignità di donna e di essere umano, Maya viene riportata finalmente a casa recando dietro di sé qualcosa che la polizia non deve scoprire. Così la nonna Nini escogita che, per farla scomparire dalla vista degli sbirri che la cercano e dalle tentazioni della droga, il posto migliore sia in una lontana isola: Chiloè, un posto naturale fatto di cielo e mare e lontano anni luce dalla tecnologia infernale- a detta di Nini.
In questo arcipelago ad attenderli vi è un bizzarro amico della nonna, Manuel, uomo taciturno e schivo, che mette a disposizione la propria casa e la sua vita frugale. Qui Maya scoprirà un mondo nuovo, l’amicizia, l’amore e, addirittura, un segreto inconfessabile che riguarda la propria famiglia.
Io amo molto Isabel Allende, trovo che sia una delle voci della letteratura contemporanea più imponenti, ma questo libro non mi ha particolarmente entusiasmata.
La narrazione è veloce, l’idea del diario scritto da Maya di proprio pugno è vincente, trattandosi della storia di un’adolescente, ma mi sembra una storia dal finale troppo scontato e, soprattutto, la scrittura non è briosa, ricca di simbolismi e di caratterizzazioni, tipica della Allende, ma piuttosto stanca. Insomma, nulla di nuovo sotto il sole, dal punto di vista della vicenda narrata, ed una delusione quanto al racconto!

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Commenti

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anche a mio giudizio è un romanzo deludente.
ho dovuto constatare amaramente che non c'è tra queste pagine la vecchia Allende, peccato!
Gli ultimi romanzi della Allende, anche Il gioco di Ripper, non sono propriamente dei capolavori.
Forse ha perso un pò di ispirazione Peccato davvero!
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