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Figlia del silenzio
 
Figlia del silenzio 2014-05-30 11:42:02 Melandri
Voto medio 
 
2.3
Stile 
 
2.0
Contenuto 
 
3.0
Piacevolezza 
 
2.0
Melandri Opinione inserita da Melandri    30 Mag, 2014
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DIBATTITO MARKET

Nel 1862 il dottor John Langdon Down fu il primo a definire i tratti della Trisomia 21, più comunemente conosciuta come Sindrome di Down.
Cento anni dopo, negli anni Sessanta del ventesimo secolo, avere un figlio Down significava ancora essere destinati a diventare genitori soli e impauriti. Significava combattere per i diritti di uguaglianza dei propri figli, per il diritto all’istruzione e all’indipendenza, convivendo col dolore eterno di vedere un figlio in difficoltà. In quegli anni però, le riforme e i cambiamenti avevano evoluzioni molto più veloci rispetto ad oggi e gli ostacoli venivano saltati anno dopo anno da eserciti di genitori coraggiosi.

David però non è tra loro.

Durante una forte tempesta di neve, con l’aiuto dell’ infermiera Caroline, aiuta la moglie Norah a partorire. Inaspettatamente, dopo Paul, viene alla luce Phoebe, una bimba in cui David riconosce immediatamente i segni della sindrome di Down.
Spaventato all’idea di dover consegnare alla moglie un carico di pena troppo elevato, decide di far credere a Norah che la figlia sia morta. La lascia invece a Caroline, con la richiesta di abbandonarla in un istituto.

Caroline si opporrà in silenzio, decidendo di tenere Phoebe con sé e per sé…

La decisione di David, intrapresa nell’arco di pochi minuti, condizionerà a tal punto la sua vita da innescare una serie di ripercussioni irreversibili sulla propria famiglia. Quella di Caroline, altrettanto subitanea e istintiva, riempirà il vuoto lasciato da un padre, con l’amore di una mamma adottiva.

Il confronto di queste due scelte costituisce, secondo il mio parere, la parte più interessante del libro. La suddivisione del racconto tra questi genitori tanto diversi tra loro, aiuta a comprenderli entrambi, creando l’aspettativa del lieto fine.
Ho trovato lo stile semplice e privo di personalità. Le parole scelte non trasmettono un particolare interesse per la scrittura e questo riduce drasticamente il valore del mio giudizio.

La recensione del Guardian fu piuttosto cruda quando il libro uscì. Per il tema etico raccontato, venne indicato come il classico romanzo da club del libro, nato quindi da una strategia di marketing letterario piuttosto che da una genuina voglia di racconto.
La critica terminava con la frase “It’s a page-turner on Valium”, esplicitando quindi una mancanza di stile e di fascino.

Io concordo.

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Commenti

6 risultati - visualizzati 1 - 6
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Peccato! Gli ingredienti per un grande romanzo ci sono tutti....
Glicine ciao, hai ragione, gli elementi ci sarebbero tutti.
Tanti punti di vista su cui poter lavorare.
Purtroppo però non c'è sale in questa minestra ;)

Valentina
Anch'io ho avuto lo stesso pensiero: peccato! Occasione sprecata...
Ciao! :-)
Si, è anche la mia opinione... Lo spunto sembra bellissimo...
Perfetta critica, hai reso l'idea e io passo :)) Con tutto il #bendidio che c'è da leggere!!
@Bruno, Rollo e Gracy: grazie per avermi letta! :)
Il romanzo ha avuto molto passaparola e un discreto successo, a dimostrazione dell'accattivante storia.
Poi però... finita la magia per quel che mi riguarda ;)

Vale

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