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A con Zeta
 
A con Zeta 2015-04-10 16:18:10 pirata miope
Voto medio 
 
3.8
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
3.0
Piacevolezza 
 
4.0
pirata miope Opinione inserita da pirata miope    10 Aprile, 2015
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IO SONO QUI, E TU, LETTORE, DOVE SEI?

Prima di affrontare la prima pagina del romanzo dello scrittore idolo della gioventù turca, Hakan Günday, ti colpisce e ti inquieta la copertina: due figure stilizzate, verosimilmente un giovane uomo e una giovane donna, paiono voler ergere una barriera fra te e loro, lui ti volta le spalle e dal velo che copre il volto di lei si scorgono solo gli occhi, spaventati o minacciosi. Sopra di loro la prima e l’ultima lettera dell’alfabeto, la A e la Z, una vocale e una consonante, speculari per posizioni e per suono, a evocare il primo la mansuetudine e la musicalità della femminilità, l’altro la durezza di una virilità che si impone. Uniti insieme la A e la Z in turco alle lettera significano “vuoto” e se il vuoto denota una mancanza, tale mancanza rimanda anche alla possibilità di colmarlo, con tutte gli altri segni dell’alfabeto, vocali e consonanti che, combinati, creano un universo, l’universo di cui sono fatti i libri e la letteratura. La storia di Derdâ, con la a accentata, e Derda, è appunto la lunga e difficile strada percorsa da due giovani diseredati per arrivare alla coscienza che suoni e immagini di un’esistenza rimandano all’abisso doloroso dell’insignificanza se privati dell’energia salvifica della letteratura. Lei viene venduta dalla madre a un aguzzino che la trascina a vivere da reclusa a Londra, quando riesce a evadere, diventa grazie al fascino del velo una diva del cinema hard ed eroinomane fino a quando un’infermiera la adotta e le consente di arrivare alla laurea. Lui vive in una baraccopoli a Istambul confinate con il cimitero: il padre è in prigione, la madre muore di cancro, e lui sopravvive facendosi pagare dai parenti dei defunti in visita la pulizia delle lapide; per non essere rinchiuso in un orfanotrofio fa a pezzi la madre e la seppellisce nel camposanto, e infine quando non gli è più consentito lavorare lì, va a fare il facchino in un stamperia clandestina e grazie a un romanzo di uno scrittore turco, Otuz Atay, “I reietti”, regalatogli quasi per caso, impara a leggere, e fa dello scrittore un idolo a cui è fanaticamente devoto. Il libro però è davvero un feuilleton rocambolesco dove ai due giovani protagonisti capita tutto ciò che potrebbe capitare oggi sia a Londra sia in Turchia, accomunati dallo stesso degrado morale: il loro destino si incrocia con mafiosi turchi, drogati, masochisti, terroristi, spie, studenti stupratori della buona borghesia inglese. Ad esercitare forza attrattiva sul lettore, dunque, per Gunday, non è tanto come si racconta una storia, ma la storia in sé nella capacita di essere in simbiosi con le mille sfaccettature del reale: « Io sono qui, caro lettore, e tu, dove sei?» domandano ossessivamente Derda, Derdâ e Atay, lo scrittore loro pronubo, come a dire che tutti siamo parte della medesima trama di uno scombinato romanzo.

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Augusto, bel commento e interessante segnalazione.
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