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Maschio bianco etero
 
Maschio bianco etero 2015-05-15 11:01:46 Donnie*Darko
Voto medio 
 
3.8
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
3.0
Piacevolezza 
 
4.0
Donnie*Darko Opinione inserita da Donnie*Darko    15 Mag, 2015
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L'edonista redento (?)

Insolente sciupafemmine, alcolista ed egocentrico, sottilmente astuto e soprattutto abituato a una vita di eccessi Kennedy Marr osserva il mondo dalla dorata torre che si è costruito grazie alla sapienza con cui usa le parole nei suoi folgoranti romanzi o nelle richiestissime sceneggiature.
Dal microcosmo proletario d'Irlanda alla luci della ribalta della Mecca del cinema. Dal clima brumoso e umido della terra natia al sole cocente e benevolo di Los Angeles.
Kennedy se la spassa, scialacqua denaro e tempo, lavora quel tanto per garantirsi il mantenimento del suo smodato tenore di vita e per restare sulla cresta dell'onda, che si sa, a Hollywood ti spiaccica sulla battigia in men che non si dica.
Una bega con l'intransigente fisco americano, un premio vinto nonostante l'opposizione dei soliti ipocriti parrucconi e, soprattutto parecchi soldini, lo richiamano in Gran Bretagna per circa un anno, in cambio dovrà introdurre un gruppo di studenti all'arte dello scrivere.
Non essendo molto affine all' integrità morale causerà sin da subito parecchi problemi, sino a giungere al punto di dover scendere a patti con un passato troppe volte soffocato da notti di focoso sesso e sballi inverecondi alimentati da alcol e droga.
I conti lasciati in sospeso esigono essere saldati, e questa volta a Kennedy non basterà sedurre la starlette di turno o scolarsi l'impossibile per zittire quel tarlo che da tempo gli divora il cervello.
Dopo il Gesù di "A volte ritorno" John Niven crea un altro personaggio memorabile; un uomo capace di essere disgustoso e allo stesso tempo maledettamente affascinante nell'arco della stessa riga. Subdolo e manipolatore, ma anche brillante e piacevolmente anticonvenzionale, viene inquadrato alla perfezione dalla prosa diretta, vivace e decisamente volgare dell'autore. Il quale, oltre a centrarne la forza pubblica ostentata con regolare compiacimento, ne riesce a cogliere le debolezze private e lo spirito più angustiato, fino a mettere a nudo i sensi di colpa e il rammarico per aver evitato qualcosa che visto col senno della (forse) raggiunta maturità tanto male non doveva essere.
La famiglia è il nucleo destabilizzante. Sia quella da cui si è staccato lasciando una figlia adolescente, sia quella presa in carico dall'amorevole fratello Patrick, il quale però non può stoppare il tempo per la madre sempre più vicina all'ultimo viaggio, o esorcizzare i fantasmi della sorella Geraldine, perduta in una vita infame mentre Kennedy, tronfio ed egoista, preferisce volgere lo sguardo altrove.
Far pace con i suoi demoni e con chi in fin dei conti gli ha voluto sempre bene diventa basilare, oppure non resta che proseguire sul cammino dell'autodistruzione sino ad un finale non arduo da prevedere.
John Niven ancora una volta fomenta risate ma allo stesso tempo solletica la riflessione; leggera eppure mai superficiale la sua storia si basa su una moraletta di fondo tutto sommato risaputa -il denaro non è tutto- però esposta con simpatia e brio, miscelate con un toccante intimismo sfoderato regolarmente al punto giusto.

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Commenti

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Grazie Alessandro, questo non me lo perdo, m'era piaciuto troppo il precedente libro e grazie al tuo commento sono invogliata a leggere anche questo. Ciao
Ciao Lucia e grazie a te. Anche a me era piaciuto parecchio il precedente, questo è un attimo inferiore ma non delude :-)
Bel commento e sacrosanta conclusione: al di là dei grandi libri, esistono volumi scritti con una certa "onestà" artigiana, nel senso che risultano piacevoli nonostante riprendano visioni già raccontate.
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