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Il giardino di cemento
 
Il giardino di cemento 2016-05-19 13:55:25 Portoro
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3.0
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4.0
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5.0
Portoro Opinione inserita da Portoro    19 Mag, 2016
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Campo libero

Il senso del limite (cultura e civilizzazione) è connesso a un'abitudine di regole e codici morali condivisi, più o meno avvertito nella misura in cui si partecipa alla vita sociale. In un contesto di desolazione suburbana, fra rioni demoliti in attesa che vengano su nuovi grattacieli, quattro fratelli restano soli: prima muore il padre, per un infarto; poi la madre, che passa dal lutto a una malattia di giornate a letto e interminabili dormite con i farmaci sul comodino.
Questa agonia è una sorta di preparazione allo sbando completo che vivranno i figli: Julie, diciassette anni e naturale mamma vicaria; l'io-narrante Jack, torvo quindicenne devastato dall'acne; Sue, tredicenne cavia introversa della curiosità sessuale dei primi due; Tom, il più piccolo, già vittima di bullismo a scuola, che alterna il desiderio di travestirsi da ragazza a quello di tornare neonato accudito.
L'estinzione dell'autorità è campo libero: la macabra euforia per una simile conquista, inattesa, altera il sentimento dei ragazzi persino rispetto alla scomparsa dei genitori: la gerarchia tra fratelli è più blanda, talvolta si dissolve in aperta complicità, ambigue effusioni, "esperimenti" e sfoghi - come quando mamma e papà si assentavano e loro potevano giocare senza più regole. La fine del controllo è l'inizio di un graduale regresso, imbarbarimento che trascura l'igiene della casa, anarchia alimentare, nottambulismo.
Il decesso della madre, peraltro, coincide con lo scoppio di un'estate impietosa e con la chiusura delle scuole. L'incertezza, il timore che i servizi sociali intervengano, e che la casa finisca rasa al suolo, come inghiottita dalle macerie tutt'intorno, induce i ragazzi a nascondere il cadavere materno in un baule e a riempirlo di cemento.
Tutto il romanzo verte sui simbolismi psicologici - Jack sogna spesso una scatola di cui non osa verificare il contenuto; e gli impulsi a trasgredire la legge, già presenti quando il padre era in vita, dilagano. Julie e Sue assecondano Tom, ne fanno una grottesca bambola con tanto di parrucca; Jack è ogni giorno più geloso della sorella maggiore che, in modo più o meno esplicito, sembra incoraggiare il suo desiderio. L'isolamento degenera in una autarchia famigliare, in un volontario ritiro che soffoca angosciato e, al tempo stesso, si crogiola nella propria emarginazione. Lo sviluppo dell'adolescenza di Jack, tra brufoli e cattivi odori, va in parallelo con la putrefazione che spacca il cemento, apre una fessura nel sepolcro. Questo sogno maleodorante, percorso da ostilità, tensioni, erotismo, culmina nell'incesto, che segna anche il brutale ritorno alla realtà.

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Commenti

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Che storia, penso che non la potrei reggere. Bello il tuo commento, di contro.
Bel commento anche questo. A me McEwan non dispiace affatto: "Solar" mi è piaciuto molto, ad esempio.
Laura, Rollo, vi ringrazio. Il commento è lacunoso, ho trascurato diversi aspetti non meno importanti; d'altronde per un'analisi completa occorrerebbe dilungarsi: usi e costumi del web non lo permettono. In ogni caso, quella di McEwan è una scrittura fredda, incisiva, che riesce a imporsi anche quando la materia è così respingente. Il romanzo allestisce una sorta di teatro antropologico, con un'ipotesi di assoluta (tremenda) libertà - per i ragazzi - che agevola impulsi e dinamiche psicologiche altrimenti inibite o mascherate. Lo consiglio, è ben giocato sul filo della verosimiglianza, senza compiacimenti morbosi né cadute gratuite. La parte iniziale, col rapporto padre-figlio, è magistrale, tesa, fitta di rimandi psicanalitici. Dopo la morte della madre c'è un lieve cedimento, una virata semi-horror comunque elegante e ricchissima di spunti. Non ho letto "Solar", ma conto di farlo al più presto.
Stranamente, manca la versione ebook in italiano. L'ho trovata gratis in lingua orginale, però, e forse varrà la fatica di leggerla.
In risposta ad un precedente commento
Portoro
20 Mag, 2016
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Di necessità virtù: la comprensione di un libro tradotto è fin troppo limitata; ma il mio inglese, a voler essere generosi, è "scolastico". Tu che puoi non esitare!
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