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Suite francese
 
Suite francese 2016-10-13 02:19:40 Renzo Montagnoli
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Renzo Montagnoli Opinione inserita da Renzo Montagnoli    13 Ottobre, 2016
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Il super capolavoro

Suite francese é un progetto letterario ambizioso con cui Irene Nemirovsky voleva parlare della seconda guerra mondiale, vivendola giorno per giorno, strutturato in cinque parti (Tempesta in giugno, Dolce, Prigionia, Battaglie, La pace), di cui solo le prime due completate, poichè nel luglio del 1942 fu arresta, in quanto ebrea, e deportata ad Auschwitz, dove morì di febbre tifoide il 17 agosto dello stesso anno. Restano quindi solo di questo poema sinfonico Tempesta in giugno e Dolce, pubblicati postumi in Francia nel 1954, sufficienti però per dare un’idea di ciò che l’autrice voleva rappresentare. Sono entrambi riportati in questa edizione di Adelphi, in cui è possibile cogliere quella continuità che è propria appunto di una Suite. Tempesta in giugno è una serie di quadri con cui si rappresenta il caos magmatico che segue all’invasione della Francia da parte dei tedeschi, mentre Dolce ha più la struttura di un romanzo, con una delicata storia d’amore fra un ufficiale germanico e una signora francese, il cui marito è stato fatto prigioniero. In entrambi i casi, sia pur con motivazioni diverse, ci troviamo di fronte a qualche cosa che trascende il cosiddetto capolavoro, tanto che non riesco a trovarne una definizione, se non quella di super capolavoro. In particola in Tempesta in giugno i vari quadri sono raccordati con una puntualità e una perfezione che oserei definire incredibile; se ci sono dei personaggi emblematici che danno corpo alla narrazione e sullo sfondo troviamo un’umanità impazzita nella fuga, la cura del dettaglio è impressionante, senza che tuttavia venga a costituire un appesantimento che possa nuocere alla lettura. Tutto scorre veloce o lento, a seconda delle circostanze, con descrizioni mirate, con una capacità di ricreare l’atmosfera del momento che consentono a chi legge di vedere le scene, come in un film. A ciò giova indubbiamente uno stile snello e fresco, una frequente nota poetica che smussa, attenua la tensione quel tanto che basta per scorgere gli eventi come una sequenza di fotogrammi. Raramente mi é accaduto di imbattermi in una scrittura così inappuntabile, così concisa e al tempo stesso completa, in una sapiente concatenazione di ritmi senza che vi sia una nota stonata; la sua non è una scrittura, ma La Scrittura, cioè il massimo che ci si possa attendere da un’opera letteraria e se stupiscono e avvincono le trame dei singoli quadri, non si può non porre in rilievo appunto la bellezza di questo stile che da solo attira l’attenzione. Sono non pochi i personaggi principali, la cui psicologia é analizzata approfonditamente e sono, per certi versi, simboli di classi sociali, verso le quali la narratrice dimostra ben poca simpatia, fatta eccezione per il grado più basso della borghesia. Non è infatti un caso se rilucono i coniugi Michaud, modesti impiegati di banca, legati da un tenero e incrollabile amore che li porta a essere totalmente solidali nei momenti dolorosi e nelle piccole e non frequenti gioie della vita; sono minuscole realtà che, tuttavia, nel reggere se stessi finiscono con il reggere l’intera umanità. É quindi solo l’amore - quell’amore che si traduce in un sentimento di totale affetto e condivisione, che è superiore a ogni ricchezza e bramosia di potere - a salvare il mondo, concetto che è sorprendente ove si consideri che Irene Nemirovsky era figlia di uno dei più grandi banchieri dell’epoca, un uomo dalla ricchezza smisurata.
La seconda parte, Dolce, è in un certo senso più convenzionale, con questo lento innamoramento che mai arriverà a un amore reciproco palesemente manifestato, perché troppo grandi sono certe differenze, fra il vincitore e la sconfitta, fra chi, prima di essere uomo, è soldato e colei che, insoddisfatta del marito che si trova in prigionia, non può tradire il suo paese e desidera avere un uomo vero. L’autrice cesella le parole, riesce a rendere perfettamente questi insanabili contrasti che in altre penne sortirebbero ridondanti di retorica, ma che qui invece sono di grande semplicità e naturalezza in quanto propri dell’esistenza.
A qualcuno, come per esempio al sottoscritto, potrà risultare più gradito Tempesta in giugno, ma comunque pure Dolce è un romanzo di assoluto rilievo, una di quelle storie d’amore così realistiche da non sembrare assolutamente frutto di creatività.
Resta da chiedersi come averebbero potuto essere le altre tre parti, ma qui entriamo nel campo delle congetture. Pertanto, l’analisi e il giudizio è forzatamente limitato a queste due prime e mi pare di aver evidenziato abbastanza compiutamente la loro importanza, derivante da valori che non sono solo letterari, ma che si espandono alla storia, alla filosofia e perfino alla sociologia; di ciò che non non ha potuto scrivere, si può dire solo che di sicuro sarebbe stato di estremo interesse.
Dire che il libro sia meritevole di lettura finisce con l’essere un po’ riduttivo; più che consigliarla, credo invece sia mia dovere raccomandarla, lasciandosi trasportare dal ritmo adottato dalla narratrice; per le riflessioni c’è tempo, lasciatele a una indispensabile e ancor più gratificante rilettura.


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Commenti

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Ce l'ho sul comodino, devo leggerlo.
Leggo il tuo entusiasmo, Renzo, per questo libro. Consenso che molti lettori condividono. Io però mi dissocio, perché non mi piace la scittura dell'autrice (neanche in questo libro) : trovo che c'è qualcosa di vecchio e qualche ingrediente di troppo; in particolare risconro un'atmosfera un po' leziosa, comune anche ad altre scrittrici che reputo tutt'altro che notevoli.
Leggere con calma, soprattutto Tempesta in giugno, che come romanzo è decisamente fuori dai canoni.
Vedi, i gusti sono esclusivamente individuali; se non fosse così tutti leggeremmo sempre e solo gli stessi autori ed è per questo che ho il massimo rispetto per le opinioni altrui.
Grandissima scrittrice! Condivido il tuo entusiasmo. Il film che ne hanno tratto è invece un po' fumettone rosa.. Peccato!
Del resto Dolce ha una trama convenzionale, tipica di un romanzo d'more, ma ciò che lo differenzia è l'aspetto della reciproca attrazione, congiunta a una latente e infine emergente ritrosia. Questa caratteristica non è facile da da proporre in un film, a meno che non sia diretto da un grandissimo regista - e credo che Saull Dibb non lo sia...
siti
14 Ottobre, 2016
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Per me fu invece deludente.
Come ho detto a Emilio, è una questione di gusto; non avevo mai letto nulla di quest'autore prima di Suite francese e l'inizio è stato più che incoraggiante, almeno per me.
Condivido l'entusiastico giudizio su uno dei pochi libri che mi hanno profondamente commosso, anche perché ho sempre viva la tragica biografia della Némirovsky quando leggo i suoi libri.
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