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L'affare Kurilov
 
L'affare Kurilov 2016-12-31 07:55:22 Renzo Montagnoli
Voto medio 
 
4.3
Stile 
 
5.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
4.0
Renzo Montagnoli Opinione inserita da Renzo Montagnoli    31 Dicembre, 2016
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Il rivoluzionario e il tiranno

Più leggo le opere di questa straordinaria narratrice, più mi stupisco, e non solo per la qualità indubbia delle stesse, ma per la versatilità dell’autore, capace di passare dal romanzo storico (Suite francese) a quello dissacrante, e che ora, con L’affare Kurilov, affronta un genere che tutto sommato dovrebbe esserle ostico, vale a dire un vero e proprio thriller. Ma, quando si è capaci di scrivere, quando si è dotati di un grande talento naturale, nulla è impossibile e si può eccellere in tanti campi. La vicenda del rivoluzionario Lev M. e del ministro zarista dell’istruzione Valerian Aleksandrovi? Kurilov, quest’ultimo un uomo crudele soprannominato il pescecane, non è di per sé nuova, cioè che ci sia un intellettuale che intenda sopprimere un tiranno non è infrequente, ma qui ciò che fa la differenza è che il primo vive abbastanza a lungo a stretto contatto del secondo, addirittura in casa sua, a cui ha approdato nella sua qualità di medico. Che sia per effetto del giuramento di Ippocrate, che sia per il conoscere a lungo e negli aspetti più intimi la vittima designata, sta di fatto che i propositi di Lev vacillano. Entrambi malati, di malattie che non perdonano, poco a poco si avvicinano e trovano di avere non pochi elementi caratteriali in comune. Ogni tanto si strappa qualche cosa nella corazza dietro cui si nascondono, ma poi si rattoppa tutto, perché in fin dei conti i due personaggi, se non uguali, sono perlomeno simili. La loro analisi psicologica é un gran pezzo di bravura della Némirovsky, che non parteggia per nessuno dei due, ma cerca di mostrarceli così come sono. Lev riuscirà a compiere la missione? Non anticipo nulla, per non far cadere la palpabile tensione che cresce a ogni pagina. Il romanzo comincia in sordina, ma con un colpo ad effetto, in una Nizza anni ‘30, poi progressivamente il ritmo cresce e si viene avvinti dalla trama e dalla straordinaria semplicità del linguaggio che, pur tuttavia, non è acerbo, ma assai maturo, capace di avventurarsi in approfondimenti di non poco spessore con una facilità disarmante.
Da leggere, lo merita.

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