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Dall'oblio più lontano
 
Dall'oblio più lontano 2017-10-28 15:33:25 annamariabalzano43
Voto medio 
 
4.0
Stile 
 
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Contenuto 
 
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Piacevolezza 
 
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annamariabalzano43 Opinione inserita da annamariabalzano43    28 Ottobre, 2017
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La memoria ha bisogno di radici

“Nelle grandi città , le persone che si sono perse di vista da tempo, o che non si conoscono, si ritrovano una sera su una terrazza per poi perdersi di nuovo. E nulla è davvero importante.”
In queste righe il vero tema del romanzo di Patrick Modiano “ Dall’oblio più lontano” uscito in questi giorni edito da Einaudi. Una storia semplice, apparentemente banale, che vede come protagonisti un giovane ventenne che vive della vendita occasionale di libri vecchi, una donna, Jaqueline e un uomo, Gerard Van Bever, di cui non si sa nulla, che si mantengono con le vincite al gioco nei casinò di provincia e di piccoli traffici poco chiari. Ciò che accomuna questi personaggi è la mancanza assoluta di radici stabili. Ognuno fugge da un passato al quale si accenna solo brevemente o che si ignora del tutto. Tre individui che gestiscono la loro libertà senza tuttavia riuscire a raggiungere uno stato di serenità che possa garantire loro un minimo di felicità. Il loro è un continuo vagabondare per le strade di Parigi, con qualche sosta nei bar, dove spesso allacciano relazioni casuali e superficiali con sconosciuti, senza tuttavia colmare quella profonda solitudine che non li abbandona. E i loro giorni senza meta trascorrono pervasi dal profumo penetrante dell’etere, facile rifugio nei momenti peggiori. Sullo sfondo di queste vite senza passato e senza futuro, una Parigi descritta dettagliatamente, itinerario per itinerario. Una Parigi che è l’unico punto fermo, l’unica certezza per queste esistenze alla perenne ricerca di una identità . Ed è proprio l’assoluta mancanza di identità la caratteristica principale del protagonista, di cui non conosciamo neanche il nome. E d’altronde anche per Jaqueline il nome ha carattere di provvisorietà: dopo essere scomparsa per lunghissimi anni, ella riappare con un nome diverso, Therèse. Dunque la realtà è ingannevole quanto mutevole. L’unica certezza che resta è la città con la sua toponomastica, con i suoi percorsi immutati, l’unica possibile sede di una memoria che svanisce se non radicata nel passato e proiettata verso il futuro.

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