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Il giunco mormorante
 
Il giunco mormorante 2017-12-11 13:17:09 Vincenzo1972
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Vincenzo1972 Opinione inserita da Vincenzo1972    11 Dicembre, 2017
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Il giunco pensante, mormora, protesta

Il giunco è una pianta che cresce generalmente sulle sponde dei laghi, dei corsi d'acqua o nelle zone paludose. E' caratteristica l'estrema flessibilità del suo fusto tanto che riesce a resistere, senza spezzarsi, alle sferzate ondose dell'acqua circostante. Si piega ma non si spezza: simbolo di un'umiltà combattiva, grintosa.
Umiltà e determinazione, quindi. E quando poi il giunco viene mosso dal vento, quando le sue foglie assecondano il movimento dell'aria, sembra quasi mormorare, sussurrare.
Come la voce che la protagonista di questo romanzo dell'autrice russa Nina Berberova sente dentro di sè, una voce che le sussurra nell'orecchio, la sprona, fa riflettere e consiglia.
E' una donna russa, trapiantata a Parigi (proprio come la scrittrice stessa vissuta nel secolo scorso); si innamora di Ejnar, perdutamente, intensamente, ma egli deve lasciare Parigi e tornare a Stoccolma lasciandola sola, siamo durante la seconda guerra mondiale e non è semplice spostarsi in Europa tra i paesi in guerra.
I due amanti però si salutano con una promessa reciproca: non sarà un addio quel loro abbraccio prima della partenza e presto si rivedranno a Stoccolma. Il giunco: si piega con umiltà al destino ma non si spezza, si rialza.
Passano gli anni, tante lettere spedite e rimaste senza risposta da parte di Ejnar, ma la donna non dimentica, ancora lo ama e quando finalmente riesce a raggiungere la fredda Stoccolma, un pò per lavoro un pò perchè lo desidera, scopre che Ejnar è sposato e vive felicemente con un'altra donna, Emma.
E' sul punto di scappar via, questa volta non è facile rialzarsi, reagire: un colpo troppo violento da sopportare, la delusione, la rabbia bruciano dentro.
Ma.. 'il giunco pensante, mormora, protesta'.
Decide di rimanere a Stoccolma, deve capire, deve parlare con Ejnar e pretendere da lui delle spiegazioni.
Grazie ad alcune conoscenze in comune, riuscirà non solo a rivedere Ejnar ma sarà anche accolta da sua moglie Emma come una cara amica di famiglia tanto da ricevere l'invito per un soggiorno a Venezia in loro compagnia.
E ancora una volta è sul punto di rinunciare, teme di non poter reggere un ulteriore colpo che frantumerebbe il suo cuore ed il suo orgoglio.
Ma quella voce, il mormorìo, decide anche per lei:
'Prenderemo per buono l'invito, non staremo a chiedercene il motivo, accetteremo Venezia come si accetta un regalo - non è detto che dalla scatola di caramelle o dal mazzo di fiori debba immancabilmente uscire un serpente o un pipistrello'.
Ed è a questo punto, nelle ultime pagine del romanzo già di per sè brevissimo, che la scrittrice con uno stile garbato ma incisivo costruisce la rivalsa della sua donna, protagonista e - probabilmente - suo alter ego.
E il lettore ne rimane quasi spiazzato, quello che sembrava l'ennesimo amore distrutto, l'ennesima beffa di un destino avverso diventa invece un inno alla libertà individuale, al diritto di ogni uomo o donna di riservarsi una propria 'terra di nessuno', un luogo dove non è ammessa alcuna ingerenza esterna, dove ognuno è padrone ed artefice delle proprie scelte e dove i propri sentimenti possono rivelarsi così come sono, senza censure, senza segreti o costrizioni di alcun tipo.
'Fin dai primi anni della mia giovinezza pensavo che ognuno di noi ha la propria no man's land, in cui è totale padrone di se stesso. C'è una vita a tutti visibile, e ce n'è un'altra che appartiene solo a noi, di cui nessuno sa nulla. Ciò non significa affatto che, dal punto di vista dell'etica, una sia morale e l'altra immorale, o, dal punto di vista della polizia, l'una lecita e l'altra illecita.
Semplicemente, l'uomo di tanto in tanto sfugge a qualsiasi controllo, vive nella libertà e nel mistero, da solo o in compagnia di qualcuno, anche soltanto un'ora al giorno, o una sera alla settimana, un giorno al mese (..) Se un uomo non usufruisce di questo suo diritto o ne viene privato da circostanze esterne, un bel giorno scoprirà con stupore che nella sua vita non s'è mai incontrato con se stesso, e c'è qualcosa di malinconico in questo pensiero.'
Un amore dissolto, quello verso Ejnar, ma anche un amore ritrovato, quello verso se stessa.
E nella partenza da Venezia stavolta non c'è alcun rimpianto, nessun dolore. Un ricordo destinato a svanire velocemente, come la città stessa:
"Tratto peculiare di Venezia: scomparire in un attimo, non correre dietro al treno, non agitare a destra e a sinistra il capo in cenno di saluto come fanno le altre città quando le lasci – svanire in un solo istante, come se non esistesse, come se non fosse mai esistita.”

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Commenti

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Una bella recensione, Vincenzo.
Ho appena terminato la lettura di un altro libro della Berberova, forse meno bello di questo, comunque leggibile : "La sovrana".
In risposta ad un precedente commento
Vincenzo1972
12 Dicembre, 2017
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Anche io ne ho appena letto un altro, Emilio, 'L'accompagnatrice' e devo ammettere che mi è piaciuto più di questo, a breve inserirò un commento. Resto comunque del parere che Irene Nemirovsky, per quanto simile nello stile, sia un gradino più in alto tra le mie preferenze.
Laura V.
13 Dicembre, 2017
Ultimo aggiornamento:
13 Dicembre, 2017
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Ma complimenti, Vincenzo! Questo titolo me lo devo proprio segnare!
E' da tempo che sento parlare di questa autrice, ma non ho ancora letto niente di suo.
Grazie! :)
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