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Ferito 2018-02-06 22:45:01 68
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68 Opinione inserita da 68    07 Febbraio, 2018
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Complessità relazionale e crudeltà dell’ evidenza

Highland, Wyoming, provincia americana del gelido west, in una terra inospitale dove nulla sembra all’ apparenza accadere si erge il ranch del bizzarro protagonista, un nero di mezza età con una laurea in storia dell’ arte, un agricoltore ed allevatore di cavalli che ha da sempre cullato il sogno di una vita all’ aria aperta a contatto con i ritmi naturali, che vive in un isolamento volontario ed ha scelto con chi stare, perché la’ fuori molte persone sono piuttosto pericolose ma vi è anche parecchia gente come si deve.
Un uomo pratico e riflessivo, piuttosto razionale, vedovo da alcuni anni, che ama esplorare e ritirarsi a pensare in una caverna, che non cede facilmente alle lusinghe dell’ amore e che vive secondo la lentezza ed i cambiamenti stagionali.
L’ attesa protratta di un qualsiasi accadimento segue lo svolgimento della storia stessa , un omicidio efferato, un sospetto vicino, una fine enigmatica in una traccia che pare da sempre la stessa.
Una storia costruita su diversi intrecci relazionali-famigliari-sociali laddove la quotidiana perseveranza sembra conservare un peso rilevante, la diversità è rigettata dall’ ignoranza, il colore della pelle desta tuttora sospetti infondati e recalcitranti e l’ omosessualità è scansata e tollerata solo se riguarda qualcun altro.
In primis spicca il profondo rapporto affettivo tra il protagonista ed il giovane David, fuggito dalla tradizionalita’ e maldestra inconsistenza famigliare per potere vivere liberamente la propria omosessualità, agli occhi altrui ancora inaccettabile, in un angolo di mondo ed affetti che senta finalmente propri.
John lo tratterà da padre e da amico insegnandogli i trucchi del mestiere e continuerà a vivere come ha sempre fatto pur sapendo che nulla sarà più come prima e che sarà difficile conservare un senso di identità ed appartenenza, sorvolando l’ ignoranza e le cattiverie della comunità’.
Ma c’ è anche una sfera delle piccole cose, una dimensione umana, quella conoscenza costruita su gesti ripetuti, fatica, sudore, freddo, condivisione, stima e fiducia.
Trattasi della vita all’ interno di questo microcosmo, con i propri legami duraturi ed incipienti, la possibilità di un matrimonio, il senso delle piccole cose.
C’è anche un altra porzione di mondo la’ fuori, che in parte è lo stesso ma con protagonisti diversi, crudele, cieco, assassino, imbrattato di falsità e brutalità più di quanto raccontino gli affetti domestici e l’ istintualità del regno animale.
John lo conosce bene e vi si muove con saggezza e cautela, per alcuni è un punto di riferimento, un saggio e pacato cowboy, anche se il colore della sua pelle sembra essere ancora un punto di partenza, un’ attesa sottaciuta, precludendogli relazioni e legami ( ma non famigliari ).
La storia si tinge di mistero all’ interno della crudeltà della vita che mostra tutta se stessa offrendosi ad una fluidità inaspettata, non ci stupiamo ne’ ci stupiremo di quello che accade e sta per accadere, pronti all’ inevitabile e avvezzi al protrarsi dell’ evidenza, è questa la bellezza del romanzo, espressione della semplicità di un sistema relazionale e del giusto equilibrio che accarezza le peculiarità dei personaggi .
Una semplicità di forma e contenuti è funzionale alla narrazione in cui veleggia sempre una certa rassegnazione, un senso di ingiustizia riconosciuto e manifesto, una oppressione ed un turbamento difficili da spiegare e sopire, tratti ben conosciuti per aspetti letterari e caratteristiche evidenti di questo angolo di mondo dalle mille contraddizioni in essere.

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