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La tristezza degli angeli
 
La tristezza degli angeli 2020-07-03 06:53:07 68
Voto medio 
 
4.5
Stile 
 
5.0
Contenuto 
 
5.0
Piacevolezza 
 
4.0
68 Opinione inserita da 68    03 Luglio, 2020
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Opposti e complementari

Parole, natura, viaggio, un trittico scandente l’essenza del romanzo, due protagonisti, il ragazzo senza nome, accolto e accudito nella dimora-locanda da due donne amorevoli che vorrebbero dargli un’ istruzione e Jens, un silenzioso postino corpulento che ha paura del mare e probabilmente è matto, inacidito dall’asprezza della vita, sempre in ritardo nelle consegne, in una terra in cui l’uomo convive con la ferocia della natura.
Un passato rivissuto nel ricordo introiettato di una morte improvvisa e accecante,( Bardur ) inaccettabile nella sostanza, laddove ci furono amicizia e poesia.
È difficile liberarsi dei ricordi, più forti della morte, il tempo si porta via ogni cosa, l’oggi rivive in alcune parole curative che restano, e hanno più colori di un arcobaleno.
Le parole sono l’unica cosa che il tempo non può calpestare ma ...” alcune sembrano possedere la capacità di opporsi al suo potere distruttivo, resistono e conservano in loro vite da lungo trascorse, il battito di cuori scomparsi, l’eco di una voce infantile, antichi baci “....
Nel cammino dell’esistenza ...” descriviamo le apparenze, non cerchiamo la verità, versi poetici inattesi, dissimuliamo la nostra impotenza e la nostra rassegnazione in una sequenza di fatti “....
L’ unione di due anime sole, il ragazzo e Jens, un viaggio condiviso per consegnare della posta al nord, dove l’ Islanda finisce e cede il passo a lande disadorne, un destino pericoloso, destinato all’ infelicita’, ma forse in qualche luogo la felicità esiste.
Un uomo acciecato dalla vita, un ragazzo che viene dal mondo dei sogni, silenzi protratti, fiumi di parole, rassegnazione , il potere di una voce, attorno a se’ la vastità del mondo.
E allora una comunanza fastidiosa, dialoghi obbligati, verità distillate, sgradevoli, necessarie, rabbia repressa, sfogata, il respiro della paura tra intermezzi di vita.
L’uomo non può sempre piangere e rimpiangere, a volte deve accontentarsi di vivere, una vita in cui sbattere il naso, allontanando la morte, comunque presente, e chi muore è vicino e lontano.
Nell’ inverno più rigido della brughiera uomini e animali convivono, resistono, avanzano con gran pena, cercano l’energia all’ interno di se’, una ragione per andare avanti, un senso dell’esistere.
Due figure erranti attraversano lunghi silenzi comunicanti con una visione opposta della vita e dei fatti per giungere a una comunanza insperata.
Jens si nutre di solitudine, lontano dall’esistenza, pensa che non è possibile stare con qualcuno che parla così tanto, il ragazzo lo guarda e cerca di capire qualcosa di questa vita infame, sente la sua forza, la sua sicurezza, e ripone in lui coraggio e speranza.
Lunghe riflessioni in un ...” cammino tortuoso attraverso un fiordo scontroso su una bagnarola con un compagno morto di paura, due brughiere alle spalle per perdersi in una nevicata accecante con un ghiacciaio empio dietro la tormenta “.... per aprirsi a una verità: il ragazzo stava bene nella nuova casa, ora ne sente la mancanza, e la morte dell’ amico Bardur, incredibilmente, gli ha offerto una possibile felicità.
In lui cresce la nostalgia di un luogo che lo ha sottratto dalla fuga, tre settimane in cui qualcosa è cambiato, una nuova vita, libri, conversazioni, istruzione, e solo ora se ne rende conto, in fondo gli bastano pochi versi per sparire nelle parole, versi che gli permettono di intravedere altri mondi oltre il potere dei sogni.
I due si troveranno nel pieno della tormenta, sommersi dalle lacrime degli angeli, dove non esiste più nulla se non neve e vento, sul loro cammino figure inattese, spezzoni di storie, attimi da condividere, una bara cui dare degna sepoltura e un pericolo silente, onnipresente, sempre in agguato, fino a ora scongiurato...
Dopo “ Paradiso e inferno “ ecco “ La tristezza degli angeli “, secondo capitolo di una trilogia, che ripropone la grandezza di un autore contemporaneo che pare avere assorbito e distillato il meglio della propria terra e dei suoi autori, in particolare Gunnar Gunnarson ereditandone la memoria e trasferendola all’oggi.
Una scrittura poetica che alterna tratti onirici e realismo estremo, graffiante, lunghe digressioni naturalistiche a dialoghi intensi intrisi di attesa e silenzio ma anche di umorismo, distillando, come sempre, parole e significati.
E scopriamo, dietro una durezza apparente, di toni e contenuti, di luoghi e uomini scolpiti dalla propria terra, un’ umanità invidiabile, tratti di dolcezza estrema, una attenta analisi interiore, cercando di scacciare l’ incubo onnipresente della morte in una dimensione talmente profonda da non sembrare vera.

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Commenti

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Mi è piaciuto molto il libro precedente, "Paradiso e inferno", da cui ho inteso la grandezza dello scrittore. Poi, però , non ho proseguito nella trilogia.
Ora, Gianni, dalla tua bella recensione capisco che anche questo libro è all'altezza.
Ho un po' di libri in lettura, ma inserisco il titolo nella lista dei desiderata.
Grande letteratura nordica, con le sue atmosfere e la sua nostalgia! Vale la pena di leggerla, anche se io evito trilogia, quadrilogie etc. Ciao Gianni
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