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Benedizione
 
Benedizione 2020-12-07 19:03:18 Vita93
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Vita93 Opinione inserita da Vita93    07 Dicembre, 2020
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Una vita

Ci sono due elementi che aiutano a comprendere il senso dei romanzi di Kent Haruf.
Il primo è dato dalla biografia dell’autore. Figlio di un pastore metodista, obiettore di coscienza durante la guerra del Vietnam, infine docente universitario dopo una lunga serie di altre mansioni ricoperte (bracciante agricolo, operaio edile, assistente in una clinica riabilitativa, bibliotecario).
Dopo aver pubblicato due romanzi di scarso successo, nel 1999, a 56 anni, ottiene un buon riscontro con “Canto della pianura”, primo volume di una trilogia, e decide di abbandonare l’insegnamento per dedicarsi alla scrittura, sulle orme di autori quali Hemingway, Faulkner, Cechov, a cui ha dichiarato di essersi ispirato.
Per molti aspetti, la storia di Haruf ricorda quella di Williams, autore di "Stoner”. Entrambi americani. Entrambi docenti universitari. E soprattutto entrambi non immediatamente apprezzati e caratterizzati da una sorta di rivalutazione postuma.
Il secondo elemento è contenuto in una dichiarazione di Haruf, in una delle sue ultime interviste. “Voglio pensare di aver scritto quanto più vicino all’osso che potevo. Con questo intendo dire che ho cercato di scavare fino alla fondamentale, irriducibile struttura della vita, e delle nostre vite in relazione a quelle degli altri”.

“Benedizione”, seguito dei precedenti episodi “Canto della pianura” e “Crepuscolo”, è stato curiosamente pubblicato in Italia come primo volume della trilogia. Non avendo letto gli altri due romanzi, non saprei dire quanto le opere siano indipendenti tra loro o viceversa strettamente collegate.
Il romanzo è ambientato nella fittizia cittadina di Holt, situata nelle pianure orientali del Colorado. Una piccola località. Pochi negozi, tutti situati lungo la Main Street. Qualche bar. Vaste distese pianeggianti, con le montagne in sottofondo. Campi di grano e mais. Case con la veranda, dove riposarsi nelle serate estive, in attesa di una brezza che rinfreschi spirito e corpo dopo una giornata calda e afosa.
Dad Lewis, anziano proprietario di un negozio di ferramenta, è un malato terminale. Affronta il suo ultimo mese di vita. Viene accudito dalla moglie Mary e dalla figlia Lorraine, con alle spalle un passato doloroso. Attorno a loro si muove una comunità ricca di storie semplici, ordinarie. La vicina di casa Berta May con la nipote Alice, rimasta orfana. La vedova Willa e la figlia Alene. Il pastore Lyle, spedito a Holt per punizione e i cui sermoni pacifisti non trovano terreno fertile nella mentalità della comunità. Detestato dalla moglie e dal figlio, proprio per questa sua incapacità di conformarsi.

È l’America rurale, profonda, religiosa, immutabile. Barricata a difesa del cambiamento, del “diverso”. Dove si respira un sottile velo di pudicizia, di moralismo. “Benedizione” rappresenta una sorta di bilancio, di regolamento dei conti che un uomo, onesto e ruvido, ha con le proprie scelte e con i sensi di colpa che, necessariamente, fanno parte di una vita intera. È una vicenda di luci ed ombre. Accanto a questo strato di rigidità, c’è infatti spazio per la tenerezza, la compassione, la speranza. È una storia di grande dignità ed umanità, che si inserisce perfettamente in una certa tradizione letteraria statunitense (penso, ad esempio, a Marilynne Robinson).

“Prima, davanti al negozio, quando mi sono messo a piangere. Ecco perché sono crollato. Era la mia vita quella che stavo vedendo. Quel piccolo contatto tra me e un’altra persona, una mattina d’estate, dietro il bancone. Scambiare due parole. Tutto qui. E non era niente”.

Haruf tratteggia vite comuni, quasi insignificanti. Ma che, proprio in quanto tali, ci appaiono delicate, indispensabili, vicine.

“Quella sera, dopo che le Johnson furono andate via, Lorraine portò fuori un tavolo e lo apparecchiò in veranda. Berta May e Alice attraversarono il cortile con pane, fagiolini e rapanelli, e si sedettero tutti a tavola nell’aria fresca, Dad Lewis con una coperta sulle ginocchia. Dopo cena, Alice prese la bici per fare un giro in strada. Dad la guardava dalla veranda. Spero che non le vadano addosso. Farai bene a tenerla d’occhio. Il cielo era ormai buio e si erano accesi i lampioni, lei pedalava avanti e indietro, da un cono di luce all’altro”.

È un testo pacato e malinconico, addolcito da una prosa sobria, soffusa. Frasi semplici. Tanti dialoghi diretti, rigorosamente senza virgolette. Come se le parole fossero una delicata e naturale estensione del contesto e dell’ambientazione in cui vengono pronunciate. Un romanzo di cui si fa quasi fatica a parlare, tale è il livello di intimità che si instaura tra le pagine ed il lettore.

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Commenti

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Ciao, Iacopo.
Mi ha incuriosito la tua recensione.
Della famosa trilogia conosco solo "Canto della pianura" . Poi sono stato felicemente sorpreso dal suo primo romanzo, "Vincoli", che implicitamente menzioni fra i suoi primi libri di scarso successo. L'ho trovato molto bello, e la vecchia Holt mi è sembrata migliore della moderna Holt immaginata successivamente.
In risposta ad un precedente commento
Vita93
08 Dicembre, 2020
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Ciao Emilio, grazie mille.
Terrò in considerazione il tuo giudizio puntuale. Credo proprio che non mi fermerò a "Benedizione". Haruf è un autore che mi ha incuriosito e che probabilmente approfondirò.
Stavo proprio cercando da tempo un commento su questo autore.
Dalla tua recensione anche io ho pensato a Stoner.
In risposta ad un precedente commento
Vita93
15 Dicembre, 2020
Segnala questo commento ad un moderatore
Ciao Silvia, e grazie.
La tendenza a godere di una grande considerazione postuma, maggiore di quella ricevuta in vita, è una caratteristica che accomuna molti autori.
Ciao, mi aspetta sul comodino. Ne hai scritto molto bene.
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