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Klara e il Sole
 
Klara e il Sole 2023-02-21 14:37:34 FrancoAntonio
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FrancoAntonio Opinione inserita da FrancoAntonio    21 Febbraio, 2023
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Che ne sa un Tamagotchi dell’amore?

Klara è un AA F, cioè un’Amica Artificiale di sesso femminile alimentata a energia solare. In un non lontano futuro distopico – in cui gli adolescenti intellettualmente più dotati vengono sottoposti a un “potenziamento” (mediante editing genetico) che comporta qualche rischio fisico, ma pure un isolamento domiciliare con insegnamenti forniti in telematico – le occasioni di socializzare per le nuove generazioni sono sempre meno frequenti. Così sono stati previsti “incontri di interazione”, in cui gruppi di teen-ager sono costretti a confrontarsi in pseudo-feste casalinghe, dove, però, spesso viene fuori il lato peggiore del loro carattere, e sono stati inventati gli AA: androidi dotati di una evoluta intelligenza artificiale che cercano di mitigare la solitudine in cui i ragazzini vivono, diventando loro amici speciali, loro confidenti.
Klara è un modello B2, ma a differenza anche dei più avanzati B3, ha delle caratteristiche che la rendono unica: è una grandissima osservatrice e ha uno sviluppato senso empatico che le consente di compenetrarsi negli stati d’animo degli umani. È stata acquistata per Josie, ma si può dire che sia stata la stessa Klara a sceglierla, quando l’ha vista la prima volta oltre la vetrina del negozio nel quale lei era esposta. Si sono subito piaciute e quando, alla fine, la ragazzina era tornata con la madre per comprarla, ne era stata felicissima. Ma Josie è una bambina malaticcia, forse proprio a causa del potenziamento subito: ci sono giorni che non ha neppure la forza di alzarsi dal letto. Lo spettro della morte la terrorizza e teme di fare la fine della sorellina Sal prematuramente scomparsa. La madre, donna in carriera, e la domestica cercano di accudirla al meglio delle loro forze, ma senza apparenti risultati.
Klara, allora, cercherà in tutti i modi di salvare la sua amica umana, andando anche oltre i compiti di una AA. Cercherà di comprendere il mondo degli umani, che solo parzialmente le è chiaro; di far rinsaldare l’amicizia tra Josie e Rick, l’unico vero amico che la ragazzina abbia; di farsi apprezzare pure da Madre e da Domestica Melania. Soprattutto proverà ogni strada (per lei concepibile) al fine di ridarle la salute. Giungerà a implorare pure un aiuto “speciale” a quello che, per lei, è l’unica fonte di energia, vita e vigore: il Sole. Per la sua amica umana nessun sacrificio sarà troppo grande, anche dovesse costarle la sua stessa efficienza ed esistenza.

“Klara e il sole” è un romanzo malinconico e toccante, una favola moderna, anzi, verrebbe da definire post-moderna, dove l’androide prende il posto del classico eroe “senza macchia e senza paura” e mostra di possedere più umanità degli stessi esseri umani; per lo più egoisti, arrivisti ed egocentrici. Ne consegue che, più di loro, conquista la simpatia e l’affetto del lettore. La storia ci è raccontata in prima persona proprio da lei che – in un linguaggio forzatamente povero e impreciso, vuoi per l’esiguità del vocabolario fornitole dal suo software, vuoi per quella delle sue conoscenze che, per quanto vaste siano, non le consentono di descrivere e comprendere appieno le molteplici, spesso contraddittorie realtà umane – tenta di dare una descrizione e spiegazione a ciò che le accade attorno in un misto di valutazione scientifica ed elaborazione mistico-fideista.
Ishiguro è, sostanzialmente, uno scrittore britannico, ma qui si manifesta tutta la sua sensibilità nipponica e il retaggio della cultura del suo Paese che ha inventato cuccioli elettronici come i Tamagotchi e i Furby, ma che non ha abbandonato i dettami del Bushido. Solo così si può comprendere appieno Klara e la sua totale incondizionata dedizione alla sua adolescente, il suo spirito di sacrificio, la gioia di riuscire ad appagare la ragazza anche a proprie spese.
Per il lettore europeo non sempre è facile capire i ragionamenti di Klara. Ciò pure a causa della schematicità degli stessi; in parte dovuta alla predetta semplicità del linguaggio (che per certi versi simula quello di una persona afflitta da autismo e, per altri, potrebbe essere idoneo a dar la voce ai sentimenti dei nostri animali domestici), in parte al tentativo di Ishiguro di rendere con parole i processi cognitivi elettronici. Tipico di ciò, ad esempio, è il frammentarsi delle immagini nella visione di Klara che, in alcune circostanze, vede per riquadri (in inglese “boxes”), ognuno dei quali inquadra una caratteristica saliente dell’ambiente circostante, un po’ come le cornici con cui le fotocamere a fuoco automatico circondano gli oggetti salienti di una scena. Stratagemma interessante, ma, spesso, non immediatamente comprensibile che confonde e disorienta e non sempre fa capire i motivi di questo “disorientamento elettronico”.
Però, una volta che si è entrati nello spirito dell’androide, se ne riescono a seguire i processi mentali e a prevederne le mosse. Forse quelli che stupiscono di più, e restano poco comprensibili, sono gli umani, in alcuni casi decisamente illogici e in altri incomprensibilmente, pedissequamente collaborativi nell’assecondare l’androide anche quando questo, per assolvere la sua missione “salvifica”, sembra compiere atti misteriosi, assurdi (per chi non ha la tensione eliotropica dell’androide) quando non addirittura illegali; collaborazione inesplicabile soprattutto se si tien conto che la maggior parte di loro fa fatica a notare la differenza tra Klara e un aspirapolvere o un qualsiasi altro elettrodomestico e, il più delle volte, come tale la tratta.
Trattandosi di una fiaba, ovviamente, la fine (che non anticipo) è lieta, almeno per gli umani, ma forse sarebbe stato gradito un epilogo più rigidamente logico e conseguenziale alla realtà (fanta)scientifica in cui ci si muove, piuttosto che una soluzione da deus ex machina che sembra attingere più al mondo magico al misticismo shintoista.
In conclusione si tratta di un bel libro, commovente e ben scritto, che ci lascia solo con un velo di malinconia finale e con la convinzione che, spesso, anche esseri (o cose) che riteniamo privi di anima sono migliori di noi. Unica pecca, forse, lasciare il lettore con tante domande irrisolte, ma, visto che la storia ci è narrata da Klara, sarebbe stato impossibile dare risposta ai tanti punti interrogativi che lei stessa non saprebbe come spiegare.

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