Dettagli Recensione
Quale amore?
Un’ idea di felicità e di buona famiglia destituita da una forza aliena, distruttiva, indecifrabile, paura e violenza in un esilio forzato e in una redenzione tardiva e inconcludente.
Il quinto figlio è un romanzo dalla trama essenziale nella classica linearità della prosa, due giovani sposi, Harriet e David Lovatt e il proprio desiderio di genitorialita’, una vita per la famiglia in un contesto borghese, quattro figli ad assecondare la propria promessa, uno stretto senso di appartenenza in un vincolo famigliare a dispetto delle difficoltà economiche e del dissenso di amici e parenti.
In questo Eden di intimità così faticosamente edificato, un piccolo angolo privilegiato, la nascita di Ben, il quinto figlio, irrequieto già nel ventre materno, una strana creatura sproporzionata, iraconda, violenta, pericolosa, sovvertirà l’ ordine costituito destituendo il presente, forse una punizione per chi ha preteso troppo.
Che cosa cambia all’ interno e all’ esterno della famiglia Lovatt ? Chi è Ben e cosa rappresenta, cosa lo definisce, come si percepisce, da cosa è sospinto?
C’è un prima e un dopo, argomenti che lasciano intendere una tranquilla e serena conduzione familiare e un cataclisma che indossa i segni della diversità’, corruzione fisica e morale, indisciplina, il riflesso della propria paura, uno stato di dissolvenza, di certo Ben è una creatura inadatta alla convivenza, anarchica e pericolosa, che pare provenire da un altro mondo.
Il microcosmo dei Lovatt si scopre fragile, impreparato, sgretolato, pericolante, da preservare e conservare prima che una tragedia si compia, abbandonando quell’ angolo di felicità costruito così faticosamente, travolto da Ben, dai suoi comportamenti, dalle reazioni che determina, dai giudizi dei presenti, dalle progressive assenze, dal terrore sul viso dei propri figli.
E allora una decisione incombe, necessaria, liberatoria, definitiva, la negazione e l’ esilio per dimenticare, per difendere la propria idea primigenia, rigettando una condizione irrisolvibile.
Ci sarà dell’ altro, in misura uguale e contraria, una sorta di legge del contrappasso, il proprio senso di colpa, il rimorso di una madre, un senso umanitario che richiama giustizia, pieta’, semplice responsabilità e consapevolezza.
E allora pare ingiusto avere trattato Ben come un estraneo preferendogli la quiete domestica, averlo escluso dalla famiglia in quanto ossessivo, collerico, pericoloso, condannato dallo sguardo perplesso e impaurito della gente, dalla sua strana forma, da quel colorito itterico con quella strana testa che …” digradava in un declivio assurdo fino alla linea delle sopracciglia”…
E pare giusto reintegrarlo nella famiglia, con pericoli annessi e connessi , ribaltando la quiete ristabilita, amarlo come un figlio, assecondarlo, riportarlo sulla retta via, cercare di educarlo.
Si può ridare vita a una vita sottraendola a morte certa e rovinare la propria famiglia, negando amore e serenità ai propri cari?
Gli errori ritornano, insieme alle colpe, come accettare l’ inaccettabile, affidarsi alla provvidenza, al caso, inquadrare la cruda verità in una solitudine certa sperando in una fine, mentre qualcuno ricerca invano un viso a se’ somigliante.
Il Quinto figlio è un romanzo calato nella durezza del reale partendo da un ideale in parte realizzato. Il sovvertimento dell’ ordine costituito genera un incubo al quale è impossibile sottrarsi scontando un’ invereconda discesa agli inferi, una condanna che riguarda l’ altro, se stessi, una società incauta, generalizzazioni e banalizzazioni, pregiudizi.
Il risultato? Qualcosa e qualcuno da nascondere, la brutalità di gesti e parole, una certa pigrizia mentale che ci attraversa, una vicina lontananza, un continuo rimuginio in attesa di altro, chissà…





























