Certe fortune Certe fortune

Certe fortune

Letteratura italiana

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Alle prime ore del 5 luglio 1928, come concordato, Gustavo Morcamazza, sensale di bestiame, si presenta a casa Piattola sorprendendo il Mario e la Marinata, marito e moglie, i quali non avrebbero scommesso un centesimo sulla sua puntualità. Invece il Morcamazza è arrivato in quel di Ombriaco, frazione di Bellano, preciso come una disgrazia, portando sull’autocarro il toro promesso e due maiali, che non c’entrano niente ma già che era di strada… Il toro serve alla Marinata, che per conto suo già da qualche anno ha messo in piedi un bel giro intorno alla monta taurina: lei noleggia il toro e poi lucra sulla monta delle vacche dei vicini e sulle precedenze, perché, si sa, le prime della lista sfruttano il meglio del seme. Ma con un toro così non ci sarebbero problemi di sorta. Se non lo si ferma a bastonate è capace di ingravidare anche i muri della stalla. Almeno così lo spaccia il Morcamazza, che ha gioco facile, perché la bestia è imponente: milleduecento chili di peso e centosettanta centimetri al garrese. Da fare paura. Un animale del genere, però, bisogna saperlo tenere, perché se dovesse scappare ce ne sarebbe per terrorizzare l’intero paese; chiamare i carabinieri; o solleticare il protagonismo del capo locale del partito, tale Tartina, che certe occasioni per dimostrare di saper governare l’ordine pubblico meglio della benemerita le fiuta come un cane da tartufo. E infatti… Con Certe fortune torna sulla scena allestita da Andrea Vitali il maresciallo Ernesto Maccadò. Già alle prese con gli strani svenimenti della moglie Maristella, che fatica ad ambientarsi nel paese lacustre, il maresciallo deve anche occuparsi del subbuglio che agita le contrade bellanesi, tra la monta taurina, la prossima inaugurazione del nuovo tiro a segno e un turista tedesco chiuso a chiave nel cesso del battello: quanto basta per impegnare a fondo la pazienza e la tenuta di nervi di un santo.



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Certe fortune 2020-08-28 08:57:29 sonia fascendini
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sonia fascendini Opinione inserita da sonia fascendini    28 Agosto, 2020
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Storie di pulzelle e di banditi

Ecco un altro libro in stile Andre Vitali. Leggero, simpatico, capace di strappare qualche risatina. insomma un bel compagno con cui trascorrere qualche ora durante le vacanze. la vicenda è quella del povero Benito, un toro mezzo cieco, nato senza corna ma mastodontico per dimensioni. arrivato in quel di Bellano con l'intento di andarsene dopo pochi giorni lasciando in eredità agli abitanti del lago molti vitellini sani e robusti. A causa di due zitelle curiose, di personaggi pettegoli e maldicenti e infine per mano di un gruppo di ragazzotti desiderosi di fare gli eroi avrà una fine ingloriosa. Come in tutto questo saranno coinvolti i carabinieri e come Benito sarà riscattato ce lo racconta Vitali. Lo fa in un romanzo lunghetto ma gradevole da leggere, con qualche ammiccamento come è nel suo stile, ma sempre rimanendo ben saldo sullo spartiacque tra la volgarità e il buon gusto.

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Certe fortune 2019-03-11 11:14:08 cesare giardini
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cesare giardini Opinione inserita da cesare giardini    11 Marzo, 2019
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Le vicende di un toro guercio e sfortunato.

E’ il 4 luglio del 1928: in una frazione di Bellano arriva, su un autocarro modificato per trasporto bestiame, un toro di nome Benito. Il bestione, pur senza corna e guercio, è noto nel circondario per la sua focosità ed è atteso con impazienza da una coppia di contadini della zona che lo noleggerà per la monta delle vacche: si prevedono grossi affari, gireranno un bel po’ di soldi. Ecco però l’imprevisto: grazie a maliziose manovre di due zitelle quarantenni, curiosamente eccitate, Benito riesce a fuggire dalla stalla in cui è stato rinchiuso, vagando innocuo per la campagna e gettando nello sconforto quanti erano in attesa delle sue prestazioni. Questo l’inizio e il succo della nuova storia bellanese di Andrea Vitali, che, con il consueto stile sobrio e ironico, ci presenta una serie di personaggi, tutti godibili, dal maresciallo dei carabinieri Maccadò con i suoi fidi ai militi della locale sezione del fascio. Tra questi due estremi, in sorda rivalità tra loro, tutta una sfilza di macchiette che intervengono nella vicenda a tempo debito: un giornalista succube dei padroni politici del momento, un primario chirurgo che vorrebbe nobilitarsi agli occhi dei colleghi con interventi non alla sua portata, una suora dalla voce cavernosa che se ne intende di armi, calibri e proiettili, un portantino scansafatiche e opportunista del locale ospedale, un singolare montanaro con la fama di guaritore, con bacche, radici ed erbe, indifferentemente di uomini e animali, e tutta una serie di comprimari che ruotano a titolo vario attorno alla vicenda del povero (si capirà alla fine perché) Benito. La cattura del toro, con la scusa della sua supposta pericolosità, ad opera di un gruppo di boriosi militi fascisti, si ritorcerà sugli stessi: per i danni fatti saranno messi alla gogna e dovranno sborsare una cifra salatissima ai proprietari della bestia. Tutto merito del maresciallo Maccadò, che, oltre a diventare padre (toccanti gli intermezzi con la moglie Maristella ricoverata in ospedale in dolce attesa), guiderà le indagini sulle vicende del toro Benito scoprendo loschi intrighi…
Andrea Vitali dà un’ulteriore prova della sua vitalità e della profonda conoscenza dei luoghi in cui è nato e dei suoi compaesani. Ammirevole l’ inesauribile fantasia nel raccontare sempre storie nuove, anche se, a volte, si notano cali di tensione, qui più evidenti che in altri romanzi.

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