Con la morte nel cuore Con la morte nel cuore

Con la morte nel cuore

Letteratura italiana

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C’è grande confusione sotto il cielo di Quarto Oggiaro. I tempi sono propizi per descrivere un altro pannello del polittico, urbano e sociale, che Gianni Biondillo ha iniziato a raccontarci con Per cosa si uccide. E l’autore lo fa con un libro generoso, colmo di storie e di personaggi: barboni, ex mafiosi, militari, extracomunitari, professori, maestri, pensionate, balordi, motociclisti, criminali, poveracci, e soprattutto lui, l’ispettore Ferraro, impegnato forse in uno dei casi più difficili della sua vita, uno di quelli che si affrontano «con la morte nel cuore». Ferraro indaga facendo ogni giorno i conti con i suoi malumori, con la sua caotica vita di divorziato, con i pasti serali sempre più indigesti, con l’ennesimo tentativo di prendere una laurea, mentre intorno a lui, e sulla sua pelle, avvengono molti fatti.



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Con la morte nel cuore 2013-03-14 16:13:37 ChiaraLotus
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ChiaraLotus Opinione inserita da ChiaraLotus    14 Marzo, 2013
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Un giallo comico

Anche se questo romanzo è del 2005, ho richiesto l’inserimento della scheda perché ha avuto un ruolo molto particolare nella mia esistenza, che l’ha fatto diventare uno dei miei romanzi preferiti.
Pur essendo il sequel di “Con la morte nel cuore” è facilmente comprensibile anche letto autonomamente, perché assolutamente svincolato rispetto al romanzo precedente.
L’ispettore Michele Ferraro sembra, a prima vista, un “medioman”: un quarantenne divorziato costretto a far i conti con il frigo vuoto, con una laurea nel cassetto, con la solitudine non certo da numero primo, ma da persona fin troppo comune, a metà fra due universi spesso in conflitto.
Cresciuto a Quarto Oggiaro, quartiere popolare alla periferia di Milano poco bonariamente definito “il buco di culo del mondo”, fra contrabbandieri e svitati, si ritrova – per scelte d’emergenza – a dover spesso trasportare in caserma i suoi amici di infanzia.
Lui, che si definisce inventore dell’happy hour per aver saccheggiato il buffet di uno dei locali del centro, è un poliziotto che si nutre di una propria, personalissima idea di giustizia e non si tira indietro quando si tratta di danneggiare irrimediabilmente la jeep di un figlio di papà responsabile di aver dato fuoco al giaciglio di un barbone.
Nonostante una routine fatta di caffè alle macchinette con il collega Comaschi, di dentiere scippate e risse fra immigrati, si troverà ad indagare su una presunta faida di mafia destinata ad inaugurare una nuova stagione della malavita italiana.
Vi confesso una cosa: ho letto questo libro tre volte in circa sette anni, pur essendo un giallo!
So che potrebbe sembrare una cosa un po’ da rincoglioniti: una volta svelati tutti i misteri, che gusto c’è?
Per comprendere questa mia scelta, occorre una piccola nota autobiografica.
Io sono cresciuta in una cittadina italiana molto conosciuta ma anche molto provinciale e, dopo il liceo, mi sono trasferita a Milano per frequentare l’università. Nel capoluogo lombrardo ho trascorso dodici anni della mia vita prima per studio e poi per lavoro. Solo nel giugno scorso ho deciso di tornare nella mia terra, perché dalla metropoli avevo già succhiato tutto il possibile, e sentivo l’esigenza di una vita diversa.
Ciò non toglie che questi anni siano stati fondamentali per la mia formazione.
A Milano ho infatti avuto la possibilità di approfondire la mia passione per la scrittura, anche grazie ai molteplici stimoli che sollecitavano la mia creatività. In particolare fra il 2004 e il 2006 avevo l’abitudine di girare con un taccuino, di sedermi da qualche parte e descrivere le persone intorno a me, immaginando i loro nomi e le loro storie. Riuscivo ad ideare un personaggio o una vicenda familiare anche solo guardando nei carrelli della spesa al supermercato: un single impenitente con un sacco di surgelati, una casalinga “alternativa” con un carrello interamente biologico e così via.
Di conseguenza, quando mi sono trovata fra le mani questo libro mi sono sentita in un certo senso a casa: Biondillo offre uno spaccato estremamente realistico della città di Milano. Descrive gli individui, descrive le stradi, scende nei meandri di ogni singola classe sociale e lo fa con un’ironia estrema. Ho riso, leggendo questo libro. Ho riso tanto perché – ve lo posso giurare – Milano è esattamente così. Senza se e senza ma.
La compagnia dei bimbiminkia che fanno gli splendidi fuori dal bar c’è in ogni città. Ma lo stereotipo universale si fonde con la particolarità dell’ambientazione. Si ha quindi la sensazione che possano essere solo loro, e solo in quel momento.
Biondillo è anche molto bravo a descrivere i sentimenti degli oggetti: si prova una sorta di empatia anche per la sveglia che decide di suicidarsi dopo anni e anni di scarpate sulla testa, e per la macchinetta del caffè che si impegna al massimo per elargire una buona bevanda al suo adorato ispettore Ferraro!
Insomma: 500 pagine scorrono fra le dita senza nemmeno accorgersene!
Se qualcuno di voi decidesse di leggerlo, non esiti a farmi avere un riscontro: sono curiosa!

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Pietro Colaprico
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