Di rabbia e di vento Di rabbia e di vento

Di rabbia e di vento

Letteratura italiana

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Ritorna Carlo Monterossi, il protagonista di Questa non è una canzone d’amore e di Dove sei stanotte. Ritorna la Milano noir, sghemba e sorprendente, di Alessandro Robecchi. Un «morto» che viene a riprendersi un tesoro. Una donna che sembra vissuta più volte. Un passato cattivo che ritorna e lascia misteriosi indizi sulla pista. E in esso la polizia cerca risposte a domande che appaiono impossibili. Stavolta Carlo Monterossi, il detective per caso della nuova Milano nera vividamente dipinta da Alessandro Robecchi, è un detective per rabbia.



Recensione della Redazione QLibri

 
Di rabbia e di vento 2016-03-13 20:07:38 silvia t
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silvia t Opinione inserita da silvia t    13 Marzo, 2016
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Di rabbia e di vento

Forse il mondo là a Milano è davvero così, forse Robecchi si limita raccontare uomini reali e la freddezza metallica dei personaggi è voluta; o forse ci mostra la pochezza degli uomini con le loro contraddizioni, la totale perdita di valori e la snervante e inutile ricerca degli stessi in situazioni al limite del credibile.
La struttura del racconto è quella di un giallo, tra l'altro neppure così banale, interessante e avvincente: se fosse letto sulle pagine di un quotidiano locale.
La vicenda si svolge in una Milano claustrofobica, le cui strade, vicoli e viali sono intrecciati in un nugolo di nomi che si sovrammettono uno sull'altro nel vano tentativo di restituire al lettore l'atmosfera con interminabili serie di nomi di strade, forse caratteristiche, ma che alla lunga rimangono solo echi vaghi e ridondanti nella mente; ma quello che davvero rende la lettura irritante è la continua aspettativa di capire i motivi che fanno nascere determinate emozioni: forti profonde, vive, ma del tutto prive di pathos.
A volte ci sono personaggi che possono, anche solo con un silenzio, una pausa, un sospiro restituire uno stato d'animo perso, una paura nascosta, un'angoscia che urla dal profondo; sono quelle figure che rimangono nella mente e di cui rimaniamo amici per sempre; non è questo il caso: qui ogni figura suscita emozioni contrastanti, da una parte l'autore cerca di spiegare le loro ragioni, dall'altra il lettore non riesce a sentire niente e alla fine non comprende il perché di tutto.
Lo stile di Robecchi è difficile da giudicare, si ha l'impressione che sia una penna classica contaminata dalla modernità: la continua rottura della quarta parete e la scelta del narratore onnisciente rendono tutto molto pesante e anche quando la trama si dipana e l'entusiasmo dovrebbe arrivare al suo apice, qualcosa non funziona, la voglia è quella di giungere alla fine e non di scoprire chi sia l'assassino e quale sia la storia che si cela dietro le vittime.
In conclusione non è una lettura spiacevole, rimane la sensazione che sotto forma di racconto avrebbe reso meglio e che una maggiore sintesi e delicatezza stilistica avrebbero reso il tutto molto più piacevole.

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Di rabbia e di vento 2017-04-18 18:02:20 cesare giardini
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cesare giardini Opinione inserita da cesare giardini    18 Aprile, 2017
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Carlo Monterossi, eroe d'altri tempi.

Di rabbia e di vento: rabbia per tutto quello che non va per il verso giusto, per l’ingiustizia che permea di sé i rapporti umani, per i malvagi che la fanno franca e per i poveracci o gli indifesi che subiscono sempre e comunque, vento che investe, gelido e continuo, una Milano quasi spettrale, livida, ma con il cielo sempre azzurro e limpido. Da queste premesse si dipanano le nuove imprese del produttore e autore televisivo Carlo Monterossi, personaggio caro allo scrittore Alessandro Robecchi, che ne fa come di consueto una specie di paladino delle cause perse, sempre con una vena sottile di ironica malinconia. Questa volta c’è di mezzo uno strano delitto, un gestore di un salone automobilistico per ricconi viene ucciso a revolverate e, subito dopo, per poco non viene fatto fuori anche un poliziotto che, travestito da frate, passava per caso da quelle parti. Ci sono le premesse per un’indagine complicatissima, che riesce a collegare il delitto ad un precedente sequestro di persona e ad un fantomatico tesoro il cui nascondiglio è noto ad un’affascinante e coltissima escort d’alto bordo, con tanto di laurea in lettere…. Si susseguono i colpi di scena, il nostro protagonista, coadiuvato da Oscar Falcone, amico da sempre e investigatore a tempo perso, e dalla coppia di poliziotti Carella e Ghezzi, vuole a tutti i costi venire a capo dell’intricata vicenda, cercando di seguire tracce apparentemente labili, frequentando caffè della periferia e bische clandestine, esponendosi in primo piano con la tacita complicità di un vicesovrintendente Ghezzi più attivo che mai. Il romanzo corre via veloce, si moltiplicano le perquisizioni, altri delitti mettono a dura prova la pazienza di investigatori dilettanti e non, fino all’individuazione del colpevole, al ritrovamento del tesoro nascosto ma anche all’amara conclusione che, come afferma un poliziotto in un momento di sconforto, “non c’è giustizia” : Carlo Monterossi, costretto tra l’altro a vivere una vita (quella della finzione televisiva e delle false apparenze) che non gli appartiene, cerca un’affermazione personale nel perseguire il suo impegno civile e nell’aiutare i meno fortunati. Ed il tesoro, da lui ritrovato, servirà proprio a questo nobile scopo.
Robecchi si rivela anche in questo romanzo grande scrittore. Alternando lucide e sferzanti accuse a battute ironiche, trasforma il protagonista di tanti suoi romanzi in un romantico eroe d’altri tempi, con la coscienza pulita e la soddisfazione non banale di agire sempre a favore di chi meno favori ha avuto dalla vita.

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