Narrativa italiana Gialli, Thriller, Horror Il cappello del maresciallo
 

Il cappello del maresciallo Il cappello del maresciallo

Il cappello del maresciallo

Letteratura italiana

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Boscobasso, succulento borgo in provincia di Cremona, è in subbuglio. Non solo il liutaio Arcari è stato trovato morto in circostanze imbarazzanti, ma pare che la sua perfetta mogliettina si sia messa a intrallazzare col becchino, mentre l’ex sindaco è «fuggito» dalla sua tomba: è troppo persino per il maresciallo Bellomo e per i suoi due obbedienti sottoposti. Nel breve volgere di due giorni, mezzo paese viene preso dalla febbre dell’intrigo, che non risparmia nessuno: dalla segretaria comunale Gigliola, zelante in tutto tranne che nel lavoro, al ruvido macellaio milanista Primo Ruggeri, per non parlare della bella barista Elena, contesa tra due uomini e ben decisa a conquistarne un terzo. L’indagine si complica, finché il maresciallo perderà, se non la testa, perlomeno il cappello.



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Il cappello del maresciallo 2014-08-31 18:40:23 ant
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ant Opinione inserita da ant    31 Agosto, 2014
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Spaccato di provincia

Mi ha molto colpito di questo romanzo l'ambientazione e l'aspetto caricaturale dei personaggi descritti, la storia in sè si è scorrevole, ma a mio avviso niente di particolare; quello che spicca è il luogo dei fatti: un paesino della provincia di Cremona, attraversato dal Po, ricco di personaggi molto naif.
La trama: in un sonnacchioso e nebbioso comune della bassa padana avvengono, in un sol colpo, tanti fatti clamorosi e tutti collegati tra loro; si inizia col ritrovamento del cadavere di un famoso liutaio in un luogo frequentato da personaggi viziosi, si passa poi a tresche vere o presunte tra sindaci e avvenenti cassiere del bar, per finire in un crescendo di colpi di scena con figure varie: dal maresciallo dei carabinieri(Nitto di cui il cappello del titolo), alla segretaria comunale col pallino di diventare famosa(la Gigliola), proseguendo con l'avvenente Edvige, passando poi per il furbo becchino Bigio e via andare di personaggi così.
Concludo la recensione , estrapolando dei passaggi in cui vengono descritti sia i luoghi narrati:
...""la nebbia era diventata una sorta di vestito per il paese, un lungo abito che calzava a pennello sul comune addormentato""
che le pietanze locali
...""marubini in brodo-composto in realtà da tre brodi:gallina, manzo e salame da pentola-,salame all'aglio,riso con le verze matte, patùna"""
Spaccato di provincia

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Il cappello del maresciallo 2014-08-26 18:54:35 Bruno Elpis
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Bruno Elpis Opinione inserita da Bruno Elpis    26 Agosto, 2014
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Nebbia in Val Padana

Siamo a Boscobasso (“Un buco di duemila anime in riva al Po”), nel cremonese, un immaginario borgo del quale il romanzo fornisce puntigliosamente una piantina topografica che servirà al lettore per meglio seguire le evoluzioni paesane degli irrequieti protagonisti.

Il liutaio Antonio Arcari, facoltoso cardiopatico, viene ritrovato senza vita alla stazione del borgo. Niente di strano, direte voi… Sì, non fosse che la morte coglie il seguace di Stradivari con le braghe calate, in evidente stato “post coitum” consumato con una delle “belle di notte” che praticano la professione più antica del mondo proprio lì, vicino alla strada ferrata…
La bella e procace moglie (pardon! La vedova!) - quella Edwige Dalmasso sempre pronta a far cadere una spallina della veste o ad aprire dolosamente la vestaglia per lasciar rifulgere il promettente décolleté per attizzare i maschi che la presidiano – non è particolarmente interessata ad approfondire circostanze e cause della morte dell’ex consorte, mentre è molto attenta a organizzare una cerimonia funebre che sia all’altezza della rappresentatività sociale che la ex coppia ha rivestito. Per questo Edwige attiva il Bigio (“quel becchino segaligno dallo sguardo obliquo”), per questo la femme fatale tiene sulla corda il carabiniere Nitto Bellomo, del quale possiede in ostaggio… “Il cappello del maresciallo” del titolo (“Se ne andò dimenticando il suo cappello sulla poltrona di pelle nera”)!

In una girandola di personaggi caricaturali degni di un Andrea Vitali in stato di grazia, Marco Ghizzoni regala tanti sorrisi in una storia che è a metà strada tra la farsa, la sagra paesana (“Se ne andò… con una sporta di mortadella e salame cremonese all’aglio… prosciutto cotto e coppa”) e la pantomima: una vicenda nella quale la dimensione “gialla” è tenue e rischierebbe di essere dimenticata, se non fosse per un solerte appuntato che placherà la curiosità dei lettori più esigenti, tra personaggi che non disdegnano di trafugare salme dal cimitero e ricercare teste sugli argini del Po, nella nebbia della Valpadana…

Lo stile narrativo è lieve, strettamente imparentato con la lingua parlata; i capitoli si susseguono veloci, sempre troncati da rapidi “cliffhanger” (“Il cliffhanger è un espediente narrativo usato in letteratura, nel cinema, nelle serie televisive e in altre forme di fiction, in cui la narrazione si conclude con un’interruzione brusca in corrispondenza di un colpo di scena o di un altro momento culminante caratterizzato da una forte suspense”).
Consigliato… per un divertimento assicurato (ops, la rima!)

Bruno Elpis

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