Il sangue dei padri Il sangue dei padri

Il sangue dei padri

Letteratura italiana

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Genova, 1964. Hanno vent'anni o poco più, sono senza scrupoli e scalpitano per diventare i padroni della città. Il loro tirocinio è stato la strada - scippi, furti, piccole rapine violente nei caruggi - e ora, mentre l'Italia cambia e soffia il vento di nuove rivoluzioni, Caio, Parodi, Criss, Albino, Pumas e Michele sono pronti a dare l'assalto al cielo criminale di Genova, spazzando via la vecchia malavita al ritmo di Beatles e Rolling Stones. La loro è una banda di fratelli, tutti con la stessa violenta brama di emergere ma con un capo riconosciuto: Caio. Il carisma del leader ce l'ha anche Mauro, detto il Moro: nato come gli altri ragazzi nei vicoli, e nell'immediato dopoguerra, perciò frutto delle colpe e delle storie disperate di chi lo ha messo al mondo, forma con Vittorio una coppia criminale diversa, che rispetta le leggi non scritte della strada. Ma quando i percorsi delle due bande si incrociano, tra pestaggi in galera, risse nelle bische e rapimenti messi a segno, la scia di sangue che si lasciano dietro degenera presto in una serrata caccia agli uomini che ha come teatro il cuore della città.



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Il sangue dei padri 2020-03-09 15:21:56 ornella donna
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ornella donna Opinione inserita da ornella donna    09 Marzo, 2020
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Un noir mediterraneo

Giuseppe Fabro, da più di trent’anni fa l’educatore professionale. Ha fondato tre comunità terapeutiche per il recupero da tossicodipendenze, alcol e disagio sociale. Ora approda in libreria con Il sangue dei padri, un noir piuttosto violento, la cui lettura, non sempre facile da sopportare per i contenuti espressi, trascina lontano nel tempo, con temi di grande attualità.
Essenzialmente è una storia di amicizia, con i protagonisti che:
“si sono giurati lealtà e tra loro si chiamano fratelli.”
Una vicenda di condivisione pura ed eccelsa, ma nel male. Siamo a Genova nel 1964, con qualche incursione all’indietro nel 1946, dove un gruppo di giovani sconvolge la città con le loro razzie, rapine ed ogni tipo di azione delinquenziale. Costoro si chiamano Caio, Parodi, Criss, Albino, Pumas e Michele, e non fanno altro che sopravvivere ad una vita che li ha segnati indelebilmente. Su tutti la stoffa del vero leader ce l’ha sicuramente Mauro, detto il Moro: è frutto della violenza bruta e cieca di un soldato americano che nel 1946 violenta ripetutamente la madre vergine. Lui:
“nato come gli altri ragazzi nei vicoli, e nell’immediato dopoguerra, perciò frutto delle colpe e delle storie disperate di chi lo ha messo al mondo”,
forma con Victor un connubio indissolubile. Tutti razziano senza pietà, spesso con il consenso tacito e terribile delle stesse genitrici, che mai emettono verdetti o giudizi nei loro confronti. La scia di sangue che si lasciano dietro queste due bande di delinquenti è comunque frutto di una educazione errata ricevuta come dell’ambiente in cui tutti loro crescono e si sviluppano. Unico personaggio atto a cercare di portarli sulla retta via è Don Andrea, purtroppo scarsamente considerato ed ascoltato.
Un noir mediterraneo sulla scia maestra di Massimo Carlotto o Jean Claude Izzo, con un distinguo: laddove ad esempio c’era protagonista la città di Marsiglia, qui c’è Genova descritta con somma puntigliosità e conoscenza approfondita. Una storia nera di amicizia al negativo, con una eticità forte di sottofondo, mai giudicata dall’autore, sempre descritta con parole forti e crude. Un giallo ben congegnato, personaggi ben descritti che colpiscono per il vissuto difficile e di sofferenza. Un esordio destinato ad avere un seguito, di sicuro e meritato successo.

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