Requiem per un'ombra Requiem per un'ombra

Requiem per un'ombra

Letteratura italiana

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Sal Puglise ha sessantatré anni. Alle spalle tanti fallimenti e il futuro non si prospetta certo migliore: pensione da fame, due o tre amici fidati, un pappagallo fissato con le telenovelas e una solitudine che gli si allarga davanti agli occhi. Sulla scrivania pochi casi, squallide fotocopie uno dell'altro. D'altronde il mestiere dell'investigatore privato non è più quello di una volta. Infedeltà coniugali, dipendenti assenteisti, qualche persona scomparsa. E poi la gente, che è sempre meno disposta ad accettare la verità, e ancora meno a pagarla. Ci vorrebbe un caso per chiudere in bellezza, un'occasione per fare un po' di soldi e sparire. Ed eccola l'occasione. Una rapina finita male, una brutta storia che ha riempito le prime pagine dei giornali. Puglise si tuffa subito nel lavoro, le cose si mettono bene, c'è tempo anche per cercare il fratello di Dalia, una cliente bella da mozzare il fiato e misteriosa il giusto. La sua Torino, però, non è più la Shangri-La del jazz, dove potevi incontrare Chet Baker al bancone dello Swing Club e farti offrire da bere, è una città diversa, spigolosa, ammorbidita solo a tratti da una malinconica nota blues. Forse in un altro mondo, forse nel migliore dei mondi possibili, tutto filerebbe liscio, ma non è certo li che abita Sal.



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Requiem per un'ombra 2018-03-03 18:01:04 ornella donna
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ornella donna Opinione inserita da ornella donna    03 Marzo, 2018
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La fine di un investigatore

Mario Pistacchio e Laura Toffanello, pubblicano Requiem per un’ombra, un giallo in cui il protagonista è Salvatore Puglise, detto Sal, un investigatore privato alla soglia della pensione, che qui ci narra alcuni dei suoi ultimi casi. Un giallo alla Chaldler, dalle atmosfere de Il grande sonno, tra hard e giallo puro.

Sal è un uomo di sessantatrè anni, grande e grosso, vestito sempre con un trench un po’ logoro, che ricorda molto da vicino Marlowe, nelle sue intrinseche caratteristiche, molto solo, con l’unica compagnia di un pappagallo Rico, con:

“il buio, quello del tunnel alla fine di ogni luce, Puglise ce l’aveva dentro.”.

Il suo mestiere è quello di indagare nelle vite degli altri, e non sempre lo svolge secondo le regole, con correttezza. Già dal primo appostamento era chiaro che loro erano:

“ombre, Sal, non guardoni”.

Amante del jazz, di cui è un estimatore e un ottimo conoscitore, spesso si muove in un labile confine al limite della legalità. Ora deve occuparsi di una rapina finita male, con il grave ferimento del rapinatore. Ferito da un tabacchino arrabbiato, lui drogato marcio fino al midollo. Non solo: Dalia, una cliente bellissima, affascinante come non mai, gli chiede di ritrovare il fratello Paolo, di cui allega una fotografia con una parte tagliata. Ci riesce, venendo però a conoscenza che lei non si chiama Dalia, bensì Bianca, e non ha fratelli. O sì? E poi perché scompare improvvisamente?

Una scrittura a quattro mani perfettamente riuscita, breve e coincisa, ma affascinante. Poche parole per presentare Sal: qualche ricordo del passato, inserito sapientemente qua e là, l’amore per il jazz, l’ambientazione in una Torino piena di ombre, di guai, di pugni e risse, di un personaggio ambiguo che si fa chiamare “Dio”.

Il libro è un testo meritevole, per lo spessore fisico dei personaggi, per la trama intrigante. Su tutto si agita un velo di solitudine e di amarezza che colpisce. La resa dei conti è implacabile ed amara, non concede sconti, come tutto il resto. Una bella lettura.

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