Narrativa italiana Gialli, Thriller, Horror Soledad. Un dicembre del commissario Ricciardi
 

Soledad. Un dicembre del commissario Ricciardi Soledad. Un dicembre del commissario Ricciardi

Soledad. Un dicembre del commissario Ricciardi

Letteratura italiana

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1939. L’Italia si prepara a vivere l’ultimo Natale di pace, ma un omicidio squassa il ventre della città. Quanta solitudine che c’è. In Europa la guerra è cominciata, eppure da noi qualcuno si illude ancora che sia possibile tenerla fuori della porta. E poi sta arrivando la più bella delle feste, quella dove si mangia, si beve, ci si abbraccia, quella in cui ci si scambiano doni con le persone care; non bisogna avere pensieri tristi. La solitudine, però, la solitudine vera, è difficile da scacciare. Puoi essere solo perfino se stai in mezzo alla gente, se hai una famiglia, degli amici. Soprattutto puoi essere solo se decidono che sei diverso, magari perché non sai parlare, o perché ami persone del tuo stesso sesso. O perché, dicono, sei di un’altra razza. Anche Erminia Cascetta era diversa, a modo suo. Aveva troppa voglia di vivere, perciò l’hanno uccisa. In questo tempo che accelera verso l’abisso, spetta al commissario Ricciardi e al brigadiere Maione scoprire chi è stato. La chiave di tutto, però, è sempre la solitudine. Che, a volte nemmeno lo sappiamo, ci siede accanto. «Potessi parlarti, ti parlerei della solitudine del cuore. E della condanna che hai comminato, senza nessuna pietà, e senza avere idea di quello che stavi facendo. Potessi parlarti, ti direi che alla fine la colpa è tua. Ma non posso parlarti, giusto? No, non posso. Perché sei morta».



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Soledad. Un dicembre del commissario Ricciardi 2023-12-10 17:46:38 cesare giardini
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cesare giardini Opinione inserita da cesare giardini    10 Dicembre, 2023
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La solitudine e il tempo che scorre ...

Bel romanzo, affascinante, come sanno essere i romanzi di Maurizio De Giovanni che raccontano le vicende del commissario Ricciardi, il protagonista, con il collega Maione, di tante storie complicate e intriganti, personaggio introverso e solitario, ancora disperatamente innamorato della moglie Enrica, scomparsa da tempo ma sempre vicina al suo cuore. Siamo nel 1939, l'Italia fascista sta per stringere uno sciagurato patto d'acciaio con la Germania ed è pronta ad emanare le altrettanto sciagurate leggi razziali, che costringeranno migliaia di ebrei alla fuga o alla deportazione. In un quartiere bene di Napoli viene rinvenuta, assassinata a colpi di bastone, un'agiata e bella donna, Erminia: nella stanza vicina, l'anziana madre, Angelina, costretta a letto, urla e si dispera. Iniziano qui le indagini di Ricciardi e Maione: si passano al setaccio le amicizie della donna, cominciando dall'amante, l'avvocato Catello De Nardo, principe del foro, un settantenne sposato con quattro figli, che mantiene la donna permettendole di vivere nel lusso, non facendo mancare nulla a lei ed alla madre. L'avvocato appare affranto, i due si volevano bene, emerge la sua innocenza, che costringe il commissario a cercare altrove: un giovane innamorato di Erminia, un federale fascista, che proclama però la sua innocenza. Alla fine, grazie all'intuito geniale del commissario e ad alcune evidenze, l'assassino viene smascherato: parlare di colpo di scena è forse riduttivo, anche il lettore più smaliziato resterà sorpreso nell'apprendere l'identità del vero assassino e le sue dolorose e farneticanti motivazioni.
Ma c'è dell'altro. L'amore del commissario per la sua bambina, Marta, affidata alle cure di una nobildonna, Bianca, e della sua governante, Nelide, sgraziata e scorbutica ma piena di umanità. La storia di Bruno Modo, medico legale, e del collega Severi che si rivelerà ben diverso da come Modo l'aveva giudicato. Il terrore che serpeggia in un gruppo di gay, i femminielli napoletani, perseguitati e massacrati a botte da un gruppo di camerati fascisti, decisi a "fare pulizia". Le leggi razziali, che seminano sconcerto e paura in ogni ambiente, persino in questura e nella stessa famiglia di Ricciardi: la piccola Marta ed i suoceri sono di origine ebraica e sono costretti a cercare un rifugio ove nascondersi.
Il regime fascista fa da sfondo, la vita è difficile, le delazioni all'ordine del giorno, il pericolo di essere denunciati incombe in ogni settore. Ma è la solitudine il Leitmotiv che fa da spina dorsale al romanzo, quella solitudine così ben rappresentata e vissuta da Laura e dal nostalgico e struggente tango Soledad: un'italiana fuggita a Buenos Ayres, un'affermata cantante che respinge l'innamorato, si sente sola e sogna la sua terra d'origine. La solitudine, pur nell'imminenza delle feste natalizie, è una caratteristica dei personaggi di De Giovanni: è solo il commissario, confortato dai soliloqui con la moglie che non c'è più, sola la contessa Bianca che si rifugia nell'affetto per la piccola Marta, si sentono soli i diversi e gli emarginati dal regime autoritario, soli i perseguitati ed i sospettati da leggi inique per le proprie idee. Una solitudine che l'autore ci mostra in tutti i suoi aspetti e che può essere superata e sconfitta solo dall'amore, un amore senza pregiudizi: e De Giovanni sa parlarne e descriverlo con grande abilità.
Lo stile è garbato, preciso, incisivo: le vicende sono descritte via via, alternandosi nei vari capitoli e dando anche il giusto spazio al racconto delle esperienze di Laura in Sudamerica.
Grande spazio hanno le riflessioni dell'autore, su ogni personaggio: riflessioni che rivelano a volte una sorta di autocompiacimento da parte dello scrittore, rallentando il ritmo della narrazione dei fatti. Soprattutto quando racconta di Laura in Argentina, dei suoi problemi, dei suoi rapporti con chi la corteggia, intervallati dai testi dei brani cantati.
In questo romanzo c'è tutto De Giovanni, la sua passione civile, il suo amore per la giustizia, la sua capacità di sondare a fondo l'animo dei personaggi.
Ricordando sempre, come recita il testo del tango Soledad, "... non voglio che nessuno immagini quanto umana e profonda sia la mia eterna solitudine, trascorrono le notti e la lancetta dei minuti macina l'incubo del suo lento tic tac".
Il tempo che scorre inesorabile, il peggior incubo di chi si sente solo.

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