Vite spericolate Vite spericolate

Vite spericolate

Letteratura italiana

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Caterina vorrebbe vivere la sua vita in solitudine, isolata. È una scelta lontana nel tempo, ormai radicata, al paese non ci vuole più tornare. Non si vuole più occupare d'inchieste, di affari sporchi e di verità. Purtroppo però a volte la vita non lascia scelta. Laura, sua madre, si ammala di mesotelioma e muore. Al paese c'era una fabbrica d'amianto che ha ucciso tremila persone. L'amianto è un killer formidabile, ne basta una sola fibra per corrompere il corpo, basta respirarne una per essere condannati. Respirare nel posto sbagliato, al momento sbagliato. E arriva la malattia, lentissima ma inesorabile, tremenda. Caterina allora ricomincia a combattere, indaga, cerca la verità, scopre le menzogne, le smaschera.



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Vite spericolate 2010-08-29 07:32:59 ferrarideandre
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ferrarideandre Opinione inserita da ferrarideandre    29 Agosto, 2010
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I misteri italiani che non ti aspetteresti in un r

Patrick Fogli, Vite spericolate (Edizioni Ambiente, 2009) € 12,00.

Recensione di Alberto Ferrari
Caterina è una giornalista d’inchiesta che al momento non lavora. Ma il suo è un ozio forzato a causa di due motivi. Il primo è perché in televisione qualcuno le ha tolto la sedia da sotto il sedere, a lei e al suo giornalismo troppo irriverente, troppo irrispettoso del potere per non dare fastidio a questo qualcuno, nonostante gli ascolti si intuisce siano stati buoni. Il secondo e ben più grave motivo è che ha appena seppellito la mamma. La mamma, insegnante, è morta di mesotelioma come anni prima – pare, il dato è lasciato volutamente nel vago - è capitato al padre e prima ancora al nonno, operai nella fabbrica dell’amianto al paese d’origine. La mamma è morta per aver respirato la polvere che prima il nonno e poi il padre di Caterina si portavano a casa, nei capelli, sulla tuta, dappertutto. Questa polvere è rimasta a lungo ovunque nei luoghi dove veniva prodotta. E probabilmente c’è ancora. Dal 1992 in Italia la produzione d’amianto è vietata per legge, ma le fabbriche chiuse sono ancora lì da bonificare. La Fibronit di Broni è l’esempio a noi più vicino.
La polvere ha fatto in tempo a lasciare il segno nella generazione di chi era bambino o poco più negli anni Sessanta, stando alle informazioni che un medico del paese sta mettendo insieme con uno zelo che va ben oltre quello professionale. Lo stesso sta facendo un avvocato. Sia il medico che l’avvocato vivono al paese, dove la gente è sconvolta per quello che sta ancora accadendo. L’avvocato lavora per fare un fronte comune da opporre contro la fabbrica, citata in giudizio a un secondo processo. Servono prove inoppugnabili per convincere dell’accusa di disastro colposo i giudici. Caterina decide di mettere a disposizione il suo fiuto di giornalista d’inchiesta per dimostrare che esistono prove certe che negli anni Settanta e Ottanta tutti sapevano tutto, pertanto la produzione è andata avanti nella certezza che chi vi lavorava veniva condannato a morte certa per mesotelioma o asbestosi: la forma meno fulminante di tumore professionale per contatto con le polveri d’amianto.
Circola un elenco delle persone che hanno corso seri rischi professionali per l’esposizione all’amianto. Sono operai e dirigenti. I primi sono quasi tutti morti per a causa della maggiore esposizione. Fra i secondi, impiegati e ingegneri addetti al controllo della produzione, qualcuno si è salvato. Per avere un responso più certo, però, bisognerà attendere ancora. Facendo due conti, si può dire che per vedere come andrà davvero a finire, bisogna aspettare fino al 2020, quando si potrà fare la conta degli ammalati per l’esposizione della fine degli anni Ottanta e primi Novanta. Mesotelioma e asbestosi hanno un’incubazione di circa trent’anni e il grado di esposizione è una variabile che incide.
Circola anche un rapporto segreto fatto redigere dalla fabbrica per capire se, analizzando costi e benefici, a un dato momento convenisse andare avanti con la produzione (e con gli omicidi) oppure chiudere tutto. Sappiamo che la decisione della fabbrica fu andare avanti. Evidentemente chiudendo c’erano più costi che benefici.
Caterina è sulle tracce sia del primo che de secondo documento. Sulle medesime tracce c’è anche la fabbrica, che si affida a professionisti senza scrupoli alfine di occultare le prove la inchioderebbero al processo. Chi arriverà prima? Ma soprattutto chi la spunterà? Su questa avvincente lotta si snoda il thriller di Patrick Fogli, il cui titolo, Vite spericolate, è una citazione di Vasco Rossi, riferita alla vita avventurosa di Steve Mc Queen. Nel finale veniamo a sapere che Steve Mc Queen è morto di mesotelioma da amianto. Dunque anche la vita degli operai mandati a morire e dei loro familiari è stata a suo modo spericolata. Spericolata per gli operai, più che avventurosa, è sinonimo di ‘fuori da ogni controllo’. Tuttavia, a causa del mesotelioma, più che di una vita sembra più appropriato riferire di una morte come quella del celebre attore.

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