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Addio fantasmi Addio fantasmi

Addio fantasmi

Letteratura italiana

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Una casa tra due mari, il luogo del ritorno. Dentro quelle stanze si è incagliata l'esistenza di una donna. Che solo riattraversando la propria storia potrà davvero liberarsene. Nadia Terranova racconta l'ossessione di una perdita, quel corpo a corpo con il passato che ci rende tutti dei sopravvissuti, ciascuno alla propria battaglia. Ida è appena sbarcata a Messina, la sua città natale: la madre l'ha richiamata in vista della ristrutturazione dell'appartamento di famiglia, che vuole mettere in vendita. Circondata di nuovo dagli oggetti di sempre, di fronte ai quali deve scegliere cosa tenere e cosa buttare, è costretta a fare i conti con il trauma che l'ha segnata quando era solo una ragazzina. Ventitre anni prima suo padre è scomparso. Non è morto: semplicemente una mattina è andato via e non è più tornato. Sulla mancanza di quel padre si sono imperniati i silenzi feroci con la madre, il senso di un'identità fondata sull'anomalia, persino il rapporto con il marito, salvezza e naufragio insieme. Specchiandosi nell'assenza del corpo paterno, Ida è diventata donna nel dominio della paura e nel sospetto verso ogni forma di desiderio. Ma ora che la casa d'infanzia la assedia con i suoi fantasmi, lei deve trovare un modo per spezzare il sortilegio e far uscire il padre di scena.



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Addio fantasmi 2022-07-12 16:51:25 Pelizzari
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Pelizzari Opinione inserita da Pelizzari    12 Luglio, 2022
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Una ferita sempre sanguinante

E’ una storia di emozioni familiari che mi ha particolarmente colpito, perché la protagonista ha una mancanza, di cui soffre per tutta la vita. Da bambina lei e sua madre sono state abbandonate da suo padre. Questo evento crea una crepa, una frattura, una ferita, insanabile, che condiziona ogni suo gesto, ogni suo pensiero. Da bambina il dovere dei compiti è stato la sua salvezza. Crescendo, i suoi legami affettivi sono nati dalla riconoscenza per chi ha individuato la sua voragine e fa scorrere la sua vita come se non fosse sua. Il rapporto con la madre è stato fortemente condizionato, entrambe prigioniere di una tempesta personale invisibile all’esterno ma distruttiva all’interno. Tutta la sua vita è costruita attorno ad una crepa sanguinante, che riesce a sanguinare anche quando quel sangue è diventato secco. La ferita si riapre quando la madre la richiama in Sicilia per aiutarla nella gestione della vendita della loro casa. Lì si riaprono vecchie ferite e ne escono fantasmi. Stile delicatissimo, scorrevole, ammaliante.

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Addio fantasmi 2019-06-08 13:41:07 Mian88
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Mian88 Opinione inserita da Mian88    08 Giugno, 2019
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Ida

«Così nell’insonnia che non finiva più, tra il mio sudore, il respiro regolare di Pietro e la paura di un naufragio attendevo l’alba che non voleva saperne di arrivare. Ma tutto arriva, prima o poi, a distruggere le persone che siamo state o crediamo di essere: alla prima luce del sole mi alzai in silenzio, lo baciai sulle labbra e me ne andai in stazione lasciandolo nel sonno» p. 11

Ida Laquidara, la donna sulla nave che va via dall’isola, via dalla casa con il tetto che crolla, via dalla madre e dall’assenza del padre, via dalla disperazione e dalla morte di un ragazzo di vent’anni, non è la stessa Ida Laquidara, sposata con Pietro, che in quella metà di settembre è partita da Roma per tornare sull’isola, alla casa natia, per tonare da quei fantasmi che mai l’hanno abbandonata sorprendendola e colpendola nei momenti più inaspettati in un perpetrare ininterrotto di flusso temporale. Perché tutto ha avuto inizio con la scomparsa del padre, un uomo che non ha lasciato la propria moglie e la propria figlia a causa di una morte prematura bensì un uomo che semplicemente è sparito nel nulla, se ne è andato a causa di una patologia, la depressione, più grande di lui. Che sia stata colpa mia? Avrei potuto fare di più? Che non abbia saputo sorvegliarlo e dedicargli le cure e le attenzioni necessarie? Queste sono soltanto alcune delle domande che accompagnano la protagonista sin dall’adolescenza. Perché Ida era la custode, in assenza e presenza della madre, di quel genitore addolorato che aveva lasciato il lavoro e che, per non sentire il rumore della sua infelicità, leggeva. Una voragine incolmabile quella dell’eroina che all’inizio dell’opera è chiamata dalla madre a far ritorno in quella casa fatta di ricordi, assenze, silenzi. Ed è proprio da qui che ha inizio il cambiamento perché circostanze e situazioni eterogenee la porteranno a confrontarsi con un dolore diverso, un dolore che non le appartiene, che è di altri e a maturare ed elaborare anche il proprio in un modo completamente nuovo.

«Lo conoscevo, quel sacco. Il sacco dentro cui era stato tagliato a pezzi il corpo di una donna o di un manichino, in uno dei miei ultimi incubi. Il sacco di plastica intorno al collo che ogni giorno avrebbe potuto strangolarmi, richiudersi su di me togliendomi l’aria, quello pieno di oggetti vecchi che avevo appena buttato. […] La mia testa avrebbe bisogno di riposare, ma non si può perché oggi il dolore della gente ha preso il posto del mio, e se al mio sono abituata, questo qui invece non so in che modo trattarlo, per prima cosa vorrei chiedergli se c’è sempre stato oppure ha deciso di visitarmi tutto in una volta solo adesso. [...] Dormire non si può, perché le scene si sono inanellate e ora mi tocca tacere e osservare quella catena di montaggio…» pp. 174-178

Sarà un percorso di rinascita affettiva, umana, personale e collettiva che ripartirà da quelle lancette che si sono fermate sulle sei e sedici di quel giorno in cui quella porta si è chiusa inesorabilmente dietro le spalle del babbo e che la porteranno a riprendere in mano la sua vita e a costruirla. Il tutto tra profumo di ricordi, incertezze, paure, fragilità, sofferenza, rinnovata compassione, crescita, maturità. Per ritrovarsi, per conoscersi davvero.

«Tutti desideriamo qualcuno che ci ha lasciato, vorremmo con lui prendere un’ultima volta un bicchiere di vino fra i tavoli di un vicolo, fargli ancora le domande che gli abbiamo già fatto, abbandonarci al tepore, agli abbracci, a un profumo perduto, ispido e familiare, così come ci appare in sogno perché non potrebbe accadere nella realtà? Una volta, una soltanto.» p. 179

«Allora parlavo e mi agitavo, desiderosa di sembrare qualcuno, mentre in questa nuova traversata non faccio nulla: osservo, e gli estranei mi appaiono per quello che sono, che siamo, un gruppo di sopravvissuti ciascuno alla propria battaglia. Vedo una schiera di uomini e donne e bambini monchi di famigliari, amici, amanti; vedo folle di persone che hanno attraversato la morte e ne sono uscite ammaccate, disturbate, mai uguali. Veniamo tutti da un funerale, non solo io che ci sono stata per davvero; tutti abbiamo perso qualcuno e sappiamo quanto lunghissimo e ingiusto sia il tempo davanti a noi, il tempo senza quella persona. Il tempo che cominceremo a contare anno dopo anno, a partire dalla perdita.» p. 195

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Idda di Michela Marzano. Sono due romanzi diversi ma con tematiche affini, estremamente vicini.
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Addio fantasmi 2019-04-07 14:28:16 annamariabalzano43
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annamariabalzano43 Opinione inserita da annamariabalzano43    07 Aprile, 2019
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Quando si fermano le lancette.

Una storia di vuoti e di assenze, “Addio fantasmi” di Nadia Terranova è un bellissimo romanzo che segue l’evolversi del dramma interiore della protagonista mai in pace con il mondo dall’abbandono improvviso del padre, scomparso nel nulla. Sono proprio tali abbandoni che provocano nei bambini e negli adolescenti sensi di colpa ingiustificati, che creano in essi un senso di inadeguatezza rispetto a chiunque li circondi. Così Ida ritorna a Messina, la sua città, ormai lasciata da tempo per stabilirsi a Roma con il marito, chiamata dalla madre, per decidere della vendita della casa ormai quasi fatiscente, dopo anni di trascuratezza, dopo anni in cui l’amore non vi ha più abitato. Qui Ida ritrova il suo passato di bambina e adolescente, rivede i momenti in cui era parte di una famiglia felice e i momenti in cui la felicità stava svanendo mentre la depressione devastava la mente e il cuore del padre. Difficile sopravvivere nell’inconsapevolezza delle motivazioni che spingono un uomo a una scelta così drammatica, ad un allontanamento senza una parola di saluto o spiegazione, e chiedersi se sia morto o sopravvissuto altrove lacera il cuore di Ida che vede nella madre la maggiore responsabile della fine di una vita felice. La serenità di Ida bambina si è fermata alle sei e sedici, con le lancette dell’orologio che hanno segnato il momento più doloroso della sua vita, quando cioè suo padre ha chiuso dietro di sé la porta di casa, tagliando bruscamente con il passato, con gli affetti, con i doveri e le responsabilità. Ora dopo anni di sofferenza interiore, Ida deve far ripartire quelle lancette, deve ricostruire la sua vita, e guardare alla madre con occhi diversi, più compassionevoli e comprensivi. Un cammino difficile e doloroso, che può avvenire solo a contatto con il luogo che l’ha vista crescere, con quella casa che in sé accoglie non solo il vuoto dell’abbandono, ma anche la ricchezza dei ricordi, i profumi delle cose, le voci di chi c’era e di chi c’è ancora.
Un libro profondo, una prosa bellissima, meritatamente segnalato per il premio Strega.

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Addio fantasmi 2019-04-01 13:11:32 Antonella76
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Antonella76 Opinione inserita da Antonella76    01 Aprile, 2019
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Le 6:16...per sempre



Oh Ida, Ida, Ida...
Ida che è rimasta bloccata, ferma alle 6:16 di una mattina dei suoi 13 anni.
Ida che non è mai cresciuta.
Ida che non ha mai superato la perdita del padre, facendone un'ossessione.
Ida che, forse, non ha mai perdonato sua madre per non essere morta di dolore.
Ida che non ha mai perdonato se stessa per non essere riuscita a salvarlo, per non averlo saputo trattenere, per non essere stata abbastanza importante...
"Non vuoi sapere che sono diventata grande, non ti interessa?, chiedevo, e nessuno rispondeva".

Suo padre non è morto, non ha lasciato una tomba su cui piangere, non ha detto loro neanche una parola...è solo andato via, in compagnia della sua depressione, senza fare più ritorno.
Via da lei, da sua moglie, dalla loro casa, dai suoi libri, dalla sua vita che non voleva più.
E loro due, mamma e figlia, non sapendo come riparare quel dolore, hanno deciso di "abitarlo"...non parlandone più, non pronunciando più il suo nome, evitando di creare una tomba fatta di parole e di pianti, e riuscendo, in questo modo, a far sì che la sua bara fosse dappertutto.
Ida ha fatto della "mancanza" la sua galera, barricandosi nella paura e negandosi la possibilità di essere libera, schiava di un'unica immagine ricorrente: un uomo, una sveglia ferma, una cravatta, una bava di dentifricio sul lavandino...
Fino al giorno in cui, per mezzo di un ragazzo, per mezzo di un altro dolore, un dolore estraneo ed ingiusto, non riuscirà a piangere tutto quello che non ha mai pianto, a dire addio a ciò che aveva segretamente custodito per ventitré anni...e a far spostare la lancetta di un minuto.
Le 6:17...finalmente.

Un libro che ho sentito nella testa e nella pancia.
È stato un viaggio intenso, un viaggio all'interno di un dolore non mio, un dolore che non conosco, ma di cui ho sentito il peso.
Chapeau.

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Addio fantasmi 2019-03-06 04:33:56 evelyn73
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evelyn73 Opinione inserita da evelyn73    06 Marzo, 2019
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la scatola rossa

Attirata da recensioni positive e apprezzando il romanzo introspettivo/psicologico, ho iniziato questa lettura con entusiasmo. La narrazione si è rivelata pesante, noiosa, ripetitiva, prolissa, ridondante .... Vi si narra il percorso catartico di Ida (oggi voce narrante di donna adulta, che vive un matrimonio freddo con Pietro, a Roma), che circa vent'anni prima, all'età di 13, anni ha vissuto la sparizione misteriosa ed improvvisa di suo padre Sebastiano. Questo, colpito da depressione, un giorno sceglie di andarsene, abbandonando moglie e figlia nella loro casa di Messina. Circa vent'anni dopo, con la solita motivazione della madre anziana che decide di vendere la casa, Ida torna in quella casa d'infanzia a Messina per portare un aiuto pratico alla madre: la casa dev'essere ristrutturata prima di essere venduta e occorre decidere quali oggetti tenere e quali oggetti buttare. Questo breve soggiorno offre a Ida l'occasione di ripensare a tutta la sua vita, che è tutta imperniata sull'episodio della scomparsa del padre. Ora donna, rievoca il suo passato, intriso di dolore e angoscia; si riaffacciano ricordi prepotenti e Ida rinfaccia alla madre, in un dialogo fra le due stentato anche molti anni dopo, come non si sia mai data voce al loro dolore, ma si sia sempre cercato di soffocare tutto, impedendo una rielaborazione della scomparsa del padre (e del marito) e lasciando che il fantasma del padre, il suo pervasivo ricordo, la impigliasse, trattenendola in una gabbia devastante di ricordi, bloccando il suo percorso di crescita e costringendola a rimanere sempre ancorata al passato, incapace di sganciarsene in maniera sana.
Ida, tuffandosi nel passato e rievocandolo, rivedendo oggetti dell'infanzia e incontrando l'amica di un tempo - Sara - compie un viaggio a ritroso nella sua memoria, rievoca la sua storia e si libera infine da fardelli e macigni mai elaborati che hanno segnato la sua vita fin lì e che hanno compromesso anche il suo modo di relazionarsi agli altri. Questa liberazione avviene attraverso un gesto simbolico purificatorio, descritto verso la fine della vicenda, quando Ida si affranca dai suoi tormenti devastanti e laceranti, dando finalmente una sepoltura simbolica al padre; ora può iniziare a respirare e guardare oltre.

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Addio fantasmi 2018-10-03 18:01:51 ornella donna
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ornella donna Opinione inserita da ornella donna    03 Ottobre, 2018
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Un lutto impossibile da elaborare

Addio fantasmi di Nadia Terranova è un libro profondo ed intenso, scritto con una prosa incantevole ed affascinante, che racconta di una donna dalla vita segnata da un lutto, la cui elaborazione è impossibile da elaborare. E’ il racconto di un’assenza, di
“una famiglia monca e colma di silenzi.”.
E’ la storia di Ida che, a tredici anni, vede scomparire nel nulla il proprio padre, che, professore di liceo, sprofonda in una depressione, in un vuoto senza fondo, che lo porta a stare tutto il giorno in casa a letto, con le persiane chiuse, sprofondato nel suo dolore senza fine. Da quel momento Ida rimane impigliata in quell’assenza, che è, al contempo, una presenza asfissiante e dolorosa. E’ un lutto che però non riesce ad accettare, non riesce a elaborare. Non ha una tomba a cui fare riferimento, su cui piangere, non ha un corpo, è evanescente. E’ un tutto e un nulla. E’ un tormento non sapere neppure se è vivo oppure no. E’ un fantasma, da cui fuggire. E lei con quell’assenza ci convive da allora, ma lo fa da lontano, da Roma, dove si è sposata con Piero. Ma:
“Per tutta la vita era stata la figlia dell’assenza”,
è una colpa che le grava addosso, annullandola. Fino a quando la madre la richiama a Messina, perché vuole ristrutturare la loro casa, per poi venderla. Per lei è una tragedia. Ritorna nella sua vecchia stanza, che:
“ora è satura di speranza inutilizzata.”.
Solo un oggetto si sottrae dall’oblio:una scatoletta rossa. Sarà proprio questa scatoletta, di cui è necessario liberarsi, a simboleggiare il cambiamento, il distacco, la separazione netta che costa dolore e fatica, ma necessaria. La scatola è il passato, poi c’è un presente tutto da vivere e da ricostruire. E così tra le acque tra Cariddi e Scilla che il padre ha degna sepoltura virtuale, e finalmente assume i connotati
“del fantasma che esce di scena.”.
Il libro è bellissimo nella sua tragedia intima, nel suo profondo dolore e nella sua sofferenza. Una sofferenza che segna la vita di una donna, che si libra alta nel cielo, fiera e sicura della sua esistenza. Intensi i sentimenti vissuti e descritti con perizia: i ricordi, la morte nel cuore, i rimproveri, i sensi di colpa, i dolori, l’addio. E’ la storia di un commiato vissuto e sentito con intensità, un non dimenticare mai in vista, però, della ricerca per ristabilire un ordine prestabilito, che doni sicurezza e un barlume di serenità.

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Consigliato a chi ha Letto Daniel Mendelsohn, Un'Odissea. Un padre, un figlio. con la differenza che qui, in questo libro, il lutto è da elaborare. Nella Terranova è un percorso alla ricerca dell'elaborazione.
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