La romana La romana

La romana

Letteratura italiana

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Pubblicato nel 1947, La Romana segna una tappa importante nello svilupo della narrativa di Moravia. Protagonista del romanzo, ambientato a Roma ai tempi della guerra d'Etiopia, è una straordinaria figura femminile profondamente viva e moderna. "Con la Romana" ha scritto Moravia "ho voluto creare la figura di una donna piena di contraddizioni e di errori e, ciò nonostante, capace per forza ingenua di vitalità e di slancio di affetto di superare queste contraddizioni e rimediare a questi errori, e giungere a una chiaroveggenza e a un equilibrio che ai più intelligenti e dotati spesso sono negati."



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La romana 2021-03-11 09:45:16 Calderoni
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Calderoni Opinione inserita da Calderoni    11 Marzo, 2021
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Il mondo si svela in una stanza

Adriana, sua madre, Gino, Astarita, Giacinti, Sonzogno e Giacomo, detto Mino, sono i principali protagonisti del romanzo La romana. È messa in scena la Roma popolare del periodo delle guerre in Abissinia condotte dal governo fascista. Il tema politico entra in gioco molto tardi nell’intreccio narrativo. A portarlo sotto i riflettori è Mino, studente universitario, nato da un’agiata famiglia che possiede diversi terreni in campagna. È un attivista e agisce contro il regime. È il Pablo de Il compagno di Cesare Pavese ma con una complessità psicologica ben più profonda. Si fatica ad entrare in sintonia con Mino, ragazzo acculturato che non riesce a vivere e verrà schiacciato dal senso del tradimento. La sua anima risulta ancor più irrequieta se paragonata a quella di Adriana, colei la quale ci narra le sue vicissitudini durante una fetta di vita fondamentale per ciascun essere vivente, ovvero il passaggio dall’età adolescenziale all’età adulta. Adriana è innamorata di Mino e prova per lui un amore sincero e non puramente carnale. Adriana, però, ha una psicologia estremamente semplice e lo dimostra costantemente, a partire dalla decisione di diventare una prostituta. Una scelta presa squisitamente per questioni di denaro che poi verrà accettata con passione dalla protagonista, che scoprirà di amare come poche altre cose il sesso. Si concede sfruttando la sua bellezza in grado di catturare l’attenzione, ma quando riceve un rifiuto, la prima sera con Mino, entra in crisi. Pensa che Mino la disprezzi per quello che fa ed Adriana perde addirittura il gusto della vita. Il tutto, però, dura poche pagine e si risolve con la preghiera. «Poi un giorno uscii con la mamma e per caso entrai in chiesa e lì, pregando, mi sembrò di capire che in fondo non avevo di che vergognarmi, che se ero fatta a quel modo era segno che Dio l’aveva voluto, che non dovevo ribellarmi alla mia sorte, ma, anzi, accettarla con docilità e con fiducia e che se tu provavi disprezzo per me, la colpa era tua e non mia»: così si esprime Adriana sul finire del romanzo rivolgendosi ad un afflitto Mino, disintegrato dentro per il suo tradimento. In queste parole c’è la differenza abissale che intercorre tra l’uno e l’altra. L’accettazione della vita di chi ammette la propria ignoranza opposta all’incapacità di chi al mondo non riesce a stare. «Avevo capito che la mia forza non era di desiderare di essere quello che non ero, ma di accettare quello che ero. La mia forza erano la povertà, il mio mestiere, la mamma, la mia brutta casa, i miei vestiti modesti, le mie umili origini, le mie disgrazie e, più intimamente, quel sentimento che mi faceva accettare tutte queste cose e che era profondamente riposto nel mio animo come una pietra preziosa dentro la terra» dice Adriana di sé all’inizio del capitolo terzo della seconda parte. La romana è il romanzo della sconfitta della figura maschile nella società degli anni Trenta. Adriana non ha il padre, già morto, e incontra sulla propria strada svariati uomini, ognuno dei quali però dimostra atavici limiti nella convivenza con gli altri. La falsità e il doppio gioco di Gino, che interrompono definitivamente l’adolescenza di Adriana, l’avidità di Giacinti, la personalità perversa di Astarita, la crudeltà bruta di Sonzogno. La sconfitta della figura maschile è sancita in ultima istanza dall’uscita di scena di Mino e dall’impossibilità per Adriana di costruire quella famiglia che sognava fin da ragazza, quando passeggiava per Roma con la madre. Ha tentato di costruirla con Gino e con Mino, in entrambi i casi è andata male. Ancora una volta, in Moravia la chiave grazie alla quale indagare nel profondo la realtà è il sesso. È proprio il rapporto fisico tra uomo e donna a muovere i fili dell’intreccio. A spingere verso la prostituzione Adriana è in primo luogo la madre, che nella catena della semplicità psicologica precede, e di parecchio, la figlia. Scompare gradualmente nel corso della narrazione, ma è l’ultimo appiglio al quale si stringe Adriana quando tutto va a rotoli. È emblematico, però, come parli di questo abbraccio finale la stessa protagonista: «Andai a casa, e questa volta, mi gettai tra le braccia della mamma, ma senza piangere. Sapevo che era stupida e che non capiva niente, ma era pur sempre la sola persona a cui potessi confidarmi… La mamma, dopo avere tentato di consolarmi con una quantità di frasi schiocche seppure sincere, disse che non dovevo precipitare nulla». Un appunto sul linguaggio. È molto differente rispetto a quello de La Ciociara. È un linguaggio andante, più comune che popolare ed è accostabile ad un ipotetico standard, sebbene il narratore, proprio come ne La Ciociara, sia interno e la voce sia femminile. Tuttavia, in questo caso il narratore, come detto, è la giovane Adriana, mentre nel romanzo del 1957 è Cesira, madre di Rosetta. Adriana, poi, a differenza di Cesira, alcune volte “si ritira”, lasciando spazio ai personaggi del dialogo e fa molte annotazioni sui modi di parlare altrui. La sua testimonianza, inoltre, appare raccontata molto tempo dopo rispetto ai fatti narrati. Un ultimo aspetto che dal punto di vista linguistico va rimarcato è il seguente: Adriana si prostituisce ma non dice mai parolacce, Cesira invece non ama l’amore fisico ma impreca molto spesso. Infine, un’annotazione sulle descrizioni. Dominano quelle degli interni. Le stanze riflettono il più delle volte lo stato d’animo di Adriana e non casuale è la scelta di Moravia di ripetere più volte la conformazione della camera da letto arredata a proprie spese da Adriana. È il luogo in cui il mondo si svela ad Adriana ed è un mondo crudo e ricco di insoddisfazione, nel quale l’unica speranza è riposta in quel nascituro nel grembo della protagonista.

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La romana 2019-08-07 05:42:11 siti
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siti Opinione inserita da siti    07 Agosto, 2019
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Cercando Camus

Romanzo del 1947, successo di pubblico e di critica ma ben lontano da quella forma perfetta raggiunta nel romanzo d’esordio “Gli indifferenti”. Potremmo definirlo un romanzo appartenente al genere del realismo psicologico, interessante per ambientazione, Roma fascista ai tempi della guerra d’Etiopia, e per i personaggi ritratti: una popolana, prostituta e in coppia con una madre vedova e sconfitta dalla vita, un ragazzo popolano autista presso una ricca famiglia, un giovane studente provinciale appartenente alla media borghesia, un poliziotto , un delinquente. Se vogliamo è presente, con la sua impronta, anche tutto un sottosuolo di umanità sfatta, povera ma viva e pulsante: sono le amiche di Adriana, la giovane prostituta, sono i clienti che si aggirano per strade buie e per taverne e per logore stanze in affitto il tempo necessario per consumare. Il tutto rappresentato dalla voce narrante della stessa Adriana che racconta pochi anni della sua esistenza , dalle pressioni subite dalla madre che, data la sua bellezza giunonica ma non più alla moda, cerca di farla sfondare, appena sedicenne, come modella riuscendo però solo a farla posare nuda per alcuni pittori, fino al suo primo innamoramento, alla delusione per una storia che non potrà avere futuro e al tramonto delle sue speranze giovanili di matrimonio e figli fatte coincidere con il passaggio al mestiere. Da quel momento Adriana diventa un personaggio autonomo, tutta la prima parte era invece tesa a rappresentarla come succube di una madre arrivista, è ora capace di scelte, vittima a questo punto solo della sua condizione sociale. Tuttavia, proprio i molteplici rapporti intrattenuti con i vari clienti la portano a una razionale decodifica della realtà che, pur non facendole mancare momenti di grande sconforto, le daranno anche la possibilità di rafforzare la sua personale attitudine verso la vita, un sano ottimismo, una rassegnata accettazione. Lei diventa il fulcro sul quale convergono individui molto più combattuti intimamente, incapaci di vivere, preda dei propri istinti, delle proprie emozioni o peggio in balia di una totale assenza di linfa vitale, come nel caso di Mino, il giovane studente borghese, vero e proprio nichilista . Questa complessità umana è filtrata dallo sguardo di una popolana, Adriana appunto, e benché lei stessa si rappresenti limitata nell’intelletto e profondamente ignorante , risulta però capace di una lettura che è evidente traduzione del sentire dell’autore che l’ha messa in scena. La sua voce, le sue parole, la profondità di analisi psicologica tradiscono purtroppo l’intellettuale Moravia, e questo è il limite, a mio avviso, più evidente dell’opera. Il romanzo è tuttavia scorrevole, godibilissimo, a tratti noir, capace ad ogni modo di evidenziare una critica al mondo borghese, costante dell’opera dell’autore, che, rispetto al vivace pullulare di vita del ceto popolare privo di sovrastrutture culturali, ne esce sconfitto e mortificato. Ancora una volta sull’onda di un latente esistenzialismo.

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La romana 2016-04-26 12:43:02 joannes88
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joannes88 Opinione inserita da joannes88    26 Aprile, 2016
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Assecondare la propria natura per non soffrire

“A sedici anni ero una vera bellezza. Avevo il viso di un ovale perfetto, stretto alle tempie e un po’ largo in basso, gli occhi lunghi, grandi e dolci, il naso dritto in una sola linea con la fronte, la bocca grande, con le labbra belle, rosse e carnose e, se ridevo, mostravo denti regolari e bianchi. La mamma diceva che sembravo una madonna”

C’è da chiedersi perché La romana sia tra i romanzi meno conosciuti di Alberto Moravia e non abbia raggiunto lo stesso successo di opere come La noia o La ciociara. La sua storia infatti è coinvolgente e la figura della protagonista – Adriana, una giovane prostituta della Roma anni ’30 – è descritta con una delicatezza e una sensibilità fuori dal comune, che possono uscire solo dalla penna di chi sa leggere l’animo umano nelle sue pieghe più intime e profonde, con un livello di immedesimazione spirituale nel prossimo quasi totale. Moravia è capace di tutto questo e il suo romanzo La romana è il ritratto complesso ed estremamente realistico di una ragazza del popolo “piena di contraddizioni e di errori”, che suo malgrado viene trascinata in un tenebroso vortice di eventi scabrosi, a cui tuttavia è costantemente in grado di opporre uno spirito puro e genuino, fatto per amare, che incredibilmente sembra non corrompersi al contatto con un mondo gretto e avaro di felicità.
Adriana sogna di sposarsi e di avere una famiglia ma la condizione sociale, la solitudine e alcune conoscenze sbagliate la conducono lentamente e in modo quasi indolore sulla via della prostituzione, che finisce per accettare non solo come una sua inclinazione naturale (“il mio mestiere non mi piaceva, sebbene, per una contraddizione singolare, ci fossi portata per natura”) ma anche come un amaro ed inevitabile compimento del proprio destino.

“Avevo capito che la mia forza non era desiderare di essere quello che non ero, ma di accettare quello che ero”

La piena e serena accettazione della propria condizione come unico antidoto al dolore dell’esistenza: è questo il fulcro ideale attorno al quale ruota coerentemente l’intero romanzo, anche nei suoi risvolti più drammatici.
L’innamoramento di Adriana per Mino, uno studente freddo e scostante, sembra rimettere tutto in discussione e ridare linfa anche ai quei sogni di vita normale precedentemente abbandonati. Il lettore segue passo per passo l’altalena dei sentimenti contrastanti della protagonista, augurandosi il suo riscatto fino alle ultime pagine, che pur nella loro desolazione lasciano uno spiraglio aperto alla speranza.

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La romana 2012-03-09 19:29:58 macchiolina
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macchiolina Opinione inserita da macchiolina    09 Marzo, 2012
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Per l'ennesima volta:leggiamo Moravia.

Leggere Moravia ,per me, è come seguire una linea dritta e chiara.La sua prosa è misurata ed egli ci prende per mano accompagnandoci lungo il racconto,con calma e pacatezza.Da maestro paziente ci fa notare tutti i particolari,ci descrive con tale accuratezza gli ambienti che è come se ci fossimo dentro,e dei personaggi esalta con così tanta maestria carattere e particolari fisici da farceli immaginare come fossero davanti a noi,pronti a chiederci qualcosa.Di loro ci descrive e spiega chiaramente motivazioni e pensieri,con i suoi modi un pò freddi e distaccati ma pieni di lirismo.In questo caso in particolare l'effetto è accentuato dal fatto che il romanzo è scritto in prima persona e noi ci ritroviamo a seguire la protagonista dal di dentro,passo passo,lungo tutta la sua evoluzione sentimentale e psicologica,capendo perfettamente (anche se magari non le condividiamo in alcun modo)le motivazioni che la conducono lungo il percorso di vita che essa sceglie.Per l'ennesima volta:leggiamo Moravia.

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La romana 2012-01-03 17:11:01 Cristina72
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Cristina72 Opinione inserita da Cristina72    03 Gennaio, 2012
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Discendere la china e restare puri

Può una giovane donna, che sogna di diventare madre e moglie felice, essere al tempo stesso una prostituta per vocazione? A quanto pare sì, soprattutto se esce dalla penna di uno scrittore come Alberto Moravia, maestro nel tratteggiare personaggi con luci ed ombre.

La caduta di Adriana, protagonista del romanzo, ha inizio dal “sentimento di complicità e intesa sensuale” che prova nel ricevere denaro da un uomo, dopo un atto sessuale estorto quasi con la forza. A questo punto, tra miseria, amicizie dubbie e pressioni conniventi della madre, discendere la china diventa facile, soprattutto dopo che il suo sogno d'amore va in frantumi.

La scoperta di essere in fin dei conti tagliata per la prostituzione la rende più forte e consapevole, e quella che avrebbe dovuto essere la camera della sua prima notte di nozze diventa la stanza dove ricevere i clienti. Non c'è più posto per l'ingenuità, ma l'animo di Adriana resta in qualche modo puro, mentre il “mestiere” diventa routine.
Ed è un Moravia meno distaccato del solito quello che fa inginocchiare la donna al grido di “Cristo, abbi pietà di me”, nei momenti in cui percepisce il vuoto dell'esistenza sua e di tutti gli esseri umani, “degni di compassione, non fosse altro che perché vivono”.

Con uno sguardo al noir, varie situazioni si intrecciano e ogni genere di uomo passa dal letto della donna, ma uno solo, il più indifferente alla sua bellezza, conquista il suo cuore. L'amore appassionato di Adriana per Mino, personaggio complesso e tormentato, rimette tutto in discussione, con un finale che chiude dolorosamente il cerchio.

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La romana 2011-06-20 19:31:56 Rosaliaa
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Rosaliaa Opinione inserita da Rosaliaa    20 Giugno, 2011
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La perfezione

E' il miglior romanzo di Moravia, a mio parere. E' anche molto diverso dagli altri, dal marchio tipico del Pincherle, quello de "Gli indifferenti", "La noia", "Agostino", ad esempio. La borghesia c'è, anche se di sottofondo e il sesso c'è, ed è naturalizzato. Per quanto Adriana sia una prostitura il sesso non è la chiave per capire il romanzo. Una chiave non l'ho poi trovata, dovrei rileggerlo altre due volte, perché La Romana è uno scritto che incanta, che prende, che non lascia tempo all'analisi, che sbatte dopo aver affascinato con la parola maestra e con quei personaggi reali, vicini, belli e con Roma che domina beata. E poi Mino, quel ragazzo idealista e freddissimo, pazzo poi, per una morte assurda. Non oso dire nulla di questa creatura perfetta, perché in questo caso (forse solo in questo) ogni commento è idiota.

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