Narrativa italiana Romanzi Una vita violenta
 

Una vita violenta Una vita violenta

Una vita violenta

Letteratura italiana

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«La trama di Una vita violenta mi si è fulmineamente delineata una sera del '53 o '54... C'era un'aria fradicia e dolente... Camminavo nel fango. E lì, alla fermata dell'autobus che svolta verso Pietralata, ho conosciuto Tommaso. Non si chiamava Tommaso: ma era identico, di faccia, a come poi l'ho dipinto... Come spesso usano fare i giovani romani, prese subito confidenza: e, in pochi minuti mi raccontò tutta la sua storia.» (Pier Paolo Pasolini, Le belle bandiere, 1966)



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Una vita violenta 2022-04-06 14:55:33 Paolo Fiorillo
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Paolo Fiorillo Opinione inserita da Paolo Fiorillo    06 Aprile, 2022
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PERSONAGGI CHE RESTANO APPICCICATI ADDOSSO

E' la storia di un libro diverso da tanti altri, una sintesi neorealista dei passaggi che hanno travolto le grandi città nel primo ventennio post guerra. L'espediente come modello, la vita sempre occasionale, esigenze sempre sul limite della sopravvivenza, quasi come gli uomini fossero animali. Le idee portate dal vento e distrutte dalle esigenze quotidiane di sopravvivenza, dov'è la vera natura. Se proprio dovessimo formulare un parallelismo dovremmo scegliere testi come "On the road", in cui la trama e il senso del libro è il viaggio, quasi senza soluzione di continuità. Chi legge "Una vita violenta" trova un lungo e perentorio scorrere di eventi, di volti (quasi tutti uguali), di luoghi; P.P.Pasolini sceglie di parlare di Pietralata, scorrendo mezza Roma, sempre citata e mai incontrata. I protagonisti sono un nugolo di facce che non vediamo più, indeformi, forse pure indecorose, sicuramente poco amabili. Un mondo altrove che oggi non è e speriamo non torni. Ma era davvero tutto così negativo, per non dire aberrante? Quei volti stravolti dai cambiamenti, di una vita diversa e di un mondo in completa rivoluzione hanno davvero completato il senso dell'opera? Beh sicuramente Pasolini ne era attratto, innamorato forse no, ma sicuramente ne riconosceva valore e contenuti. Per l'appunto, in un mondo che non c'è più.

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On the road, di J. Kerouac
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Una vita violenta 2020-06-04 10:27:18 Belmi
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Belmi Opinione inserita da Belmi    04 Giugno, 2020
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Come animali cavati dalle tane

Già il titolo di Pasolini non promette bene e arrivati alla fine del libro l'autore chiude con un'avvertenza:

“...tuttavia vorrei che fosse ben chiaro al lettore che quanto ha letto in questo romanzo è nella sostanza, accaduto realmente e continua realmente a accadere.”

Siamo dopo la guerra, nella periferia di Roma esattamente a Pietralata detta:

“La Piccola Shangai, in fondo alla scesa fangosa con qualche fratta sventrata, non si distingueva nemmeno, tanto era grigia e disordinata, nel pantano.”

Il libro è diviso in capitoli che ripercorrono la vita di Tommaso e il gergo utilizzato è quello delle “borgate” ovvero un romano di periferia.

La vita di Tommaso e degli altri ragazzi come lui è davvero una vita violenta, spietata. Le emozioni che suscita il protagonista sono davvero forti e il suo tentativo di riscattarsi per avere una vita migliore, ha generato in me emozioni contrastanti viste le sue scelte. Se da una parte ho provato pena e sofferenza per questo “ragazzino”, dall'altra predomina la rabbia e l'ingiustizia.

““Io a bazzicà co' questi ce guadagno,” pensava tutto paonazzo Tommaso. “Ce guadagno anche de prestiggio! Che, vòi mette annà a pijà un caffè o annà a un cinema co' questi o cò quei ricottari? Questi, er più disgrazziato sta a panza ar sole, c'ha er padre dottore, avvocato, ingegnere: tutta gente che nun trema!””

Questi ragazzini nati e vissuti nella violenza la giustificano e la condividono e soprattutto non si fermano neanche davanti a quelli “messi peggio” di loro. La solidarietà non esiste e sono molti gli episodi che l'autore ha voluto mettere in risalto, non risparmiando neanche il ruolo delle forze dell'ordine.

Se Pasolini voleva rendere partecipe il lettore e sensibilizzarlo davanti a questa misera realtà, il libro ha veramente raggiunto l'obiettivo. Leggere in romano non è stato semplice, l'autore alla fine ha messo un piccolo glossario, ma devo precisare che leggere come si parla, ha reso il romanzo ancora più reale e molto più partecipativo.

Violento, ingiusto e drammatico, un libro difficile da dimenticare.

Buona lettura.

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Una vita violenta 2017-01-17 09:12:45 enricocaramuscio
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enricocaramuscio Opinione inserita da enricocaramuscio    17 Gennaio, 2017
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Un commuovente spaccato di vita reale

Miseria, fame e violenza sono pane quotidiano per gli abitanti della Piccola Shangai, sordida baraccopoli della periferia romana, tutta fango, pietre e immondizia, in un secondo dopoguerra in cui la povera gente si lecca ancora le ferite lasciate dal conflitto e dal regime. Tra accattoni, prostitute, ruffiani e gente che cerca faticosamente di sbarcare il lunario in maniera più o meno onesta, seguiamo le vicende del giovane malandrino Tommaso Puzzilli, ragazzo di vita, sbandato e nostalgico del ventennio. Insieme alla sua cricca, composta da altri balordi come Lello, Carletto, il Cagone, il Zimmio, il Zucabbo, il Matto, il giovane protagonista vive un'adolescenza che oltrepassa i limiti della legalità e della decenza morale, senza studiare né lavorare, passando il tempo tra alcool, coltelli e cazzotti, a vendersi ad omosessuali in cerca di compagnia, a rubare macchine e rapinare benzinai e prostitute. Mentre i suoi compari continueranno a condurre questo genere di esistenza, le dure esperienze del carcere e della tubercolosi cambieranno profondamente l'animo del protagonista, portandolo alla ricerca di una vita tranquilla, di un lavoro onesto e di una storia seria con una ragazza perbene. Per Tommaso arriverà anche una grave e sentita presa di coscienza che ribalterà totalmente il suo credo politico e la sua idea di impegno civile, portandolo ad abbracciare un nuovo ideale e a compiere un coraggioso gesto di solidarietà che, purtroppo, si rivelerà per lui fatale. Pasolini presenta un preciso e commuovente spaccato di vita reale, portandoci nelle miserie quotidiane di sfollati e sciagurati, tra stracci, disperazione e malcostume, dove vigono le leggi del più furbo e del più forte. Lo fa senza giudicare, senza mettere in cattiva luce nessuno, anzi presentando con simpatia anche i personaggi più laidi e abietti e portando il lettore ad immedesimarsi in essi e a comprenderne le pur riprovevoli azioni e i pur inqualificabili ragionamenti. È invece sulle istituzioni che l'autore punta il dito. Senza mai dirlo apertamente, è chiara l'intenzione di denuncia nei confronti di chi lascia vivere la gente in condizioni ai limiti della decenza, ricordandosi dell'esistenza di questi diseredati soltanto quando deve metterli in galera, di chi assegna le case popolari senza criterio né obiettività, di chi si oppone con fare violento e intimidatorio a chi cerca di far valere i propri diritti e le proprie ragioni. Emblematici in tal senso il capitolo dedicato al rastrellamento notturno di Pietralata e quello relativo alla repressione dello sciopero nell'ospedale Forlanini. Lo stile dell'autore è fortemente influenzato dal dialetto romanesco che domina nei continui e briosi dialoghi ricchi dei tipici intercalare del vernacolo capitolino, di parolacce e di folklore, ma si riflette anche sulla voce narrante, sporcandone spesso la correttezza dell'italiano ma aumentando sia la veridicità del racconto che l'empatia prodotta nel lettore. Tipico esempio di romanzo verista, l'opera di Pasolini ci riporta alle vicende narrate dal miglior Verga, dove personaggi in balia di un'avversa provvidenza provano costantemente a venire fuori dalla miseria senza mai riuscirvi, travolti dall'immutabilità della loro condizione che ne frustra ogni velleità di riscatto ed ogni barlume di speranza. “Non era successo niente: una borgata allagata dalla pioggia, qualche catapecchia sfondata, dove ci stava della gente che, nella vita, ne aveva passate pure di peggio. Ma tutti piangevano, si sentivano spersi, assassinati. Solo in quel pannaccio rosso, tutto zuppo e ingozzito, che Tommaso ributtò lì a un cantone, in mezzo a quella calca di disgraziati, pareva brilluccicare, ancora, un po’ di speranza.”

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Una vita violenta 2014-07-10 18:51:52 pupa
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pupa Opinione inserita da pupa    10 Luglio, 2014
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EROISMO E DRAMMATICITA'

Questo romanzo rimane uno dei capolavori della narrativa contemporanea, non certamente per la sua ideologia, ma per la drammaticità della narrazione condotta quasi totalmente sul filo del dialogo vivace e ricco di carica umana. L'uso del dialetto romanesco popolare di borgata non è soltanto oggetto di ricerca filologica e stilistica, bensì necessità realistica di adeguare il dialogato all'azione dei personaggi e del romanzo: avventure, furti, coltellate, parolacce, amore e sventure costituiscono un magma unico col linguaggio romanesco in uno svolgimento drammatico che si risolve nella morte eroica del personaggio principale, a cui si subordinano tutte le vicende del romanzo.

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Una vita violenta 2013-08-23 08:19:54 chicca
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chicca Opinione inserita da chicca    23 Agosto, 2013
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Una vita violenta


Questo è decisamente uno di quei romanzi che ti appassiona dalla prima all’ultima pagina, leggendolo ci si sente parte della borgata romana in cui vive Tommaso Puzzilli, un giovane del sottoproletariato urbano che vive di espedienti.
Tommaso e i suoi amici vivono in baracche fatiscenti, passano il tempo al bar o organizzando piccoli furti, arrivano a prostituirsi per poter portare la ragazza al cinema o per comprare qualche sigaretta.
La vita di Tommaso cambia quando alla sua famiglia viene assegnato un alloggio delle case INA, qui lui si sente parte di quella piccola borghesia composta perlopiù da impiegati comunali, cercherà il riscatto , che arriverà ma troppo tardi.
Il ritratto che Pasolini fa di quel mondo e di tutti i suoi abitanti risulta lucido e spietato, non vi è spazio per orpelli e giochi linguistici, tutto è descritto in modo quasi fotografico, riuscendo comunque a trasmettere l’umanità e i sentimenti dei personaggi, di una città, di un’epoca intera.
Capolavoro della letteratura italiana del novecento, assolutamente da leggere.

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Una vita violenta 2013-02-15 20:11:46 antares8710
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antares8710 Opinione inserita da antares8710    15 Febbraio, 2013
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Vita e morte nelle periferie romane

Finalista del premio Strega del 1959 (assegnato poi al Gattopardo di Tomasi di Lampedusa), Una vita violenta di Pier Paolo Pasolini è successivo al più famoso Ragazzi di vita del 1955. I due romanzi hanno come obiettivo quello di raccontare, nella maniera più cruda e diretta possibile, la miseria e la disperazione del proletariato romano del secondo dopoguerra. Un proletariato rozzo e animalesco che vive di espedienti nelle periferie allora malfamate di Roma, fatte di sporcizia e baracche, dove la miseria dei luoghi riflette la miseria umana di chi ci abita. Pasolini descrive benissimo questo universo primitivo: i personaggi che compaiono nel romanzo sono ladri, assassini, prostitute e ragazzi poco più adolescenti che vendono il loro corpo per pochi spiccioli. La descrizione di Pasolini, nonostante risenta dei canoni del neorealismo, si discosta decisamente da questa corrente, per abbracciare una raffigurazione della realtà ancora più cruda e più feroce. Non c'è ideologia nel racconto di Pasolini. C'è solo l'inifinita tristezza e l'immoralità di questi personaggi, animati da uno spirito di sopravvivenza animalesco, uno spirito di sopravvivenza che li porta ad vivere una vita di violenza e nefandezze.
Le vicende del protagonista Tommaso Puzzilli, seguono la sua crescita morale e sociale, dall'infanzia fatta di furti e bravate con altri coetanei, fino al sacrificio finale, che lo porterà a riscattare la sua condizione umana. Tommaso vive il suo "stato di natura" (per dirlo alla maniera di Rousseau) ma cerca sempre in tutti i modi una forma di riscatto, che all'inizio sembra provenire dall'amore sincero e genuino che prova per la bella Irene, per la quale fantasticherà una vita matrimoniale insieme. Ma un'altra occasione di riscatto si presenta per la famiglia di Tommaso, che rientra in un progetto per l'assegnazione delle case popolari. Il nostro protagonista è felice perchè si sente, finalmente, appartenere al ceto medio. Tommaso è convinto che quella casa dignitosa possa, una volta per tutte, cancellare il suo passato e la sua povertà. E' l'imborghesimento del proletario, tematica molto cara a Marx e molto presente in tutti i racconti pasoliniani.

Mi sento di consigliare questo romanzo per il grande affresco che ci presenta sulla realtà proletaria e periferica della Roma degli anni Cinquanta. E' un libro crudo, spietato, senza compromessi, che può dar fastidio a più di qualche lettore. Pasolini non cerca in nessun modo di drammatizzare o, al contrario, edulcorare la realtà che ci racconta: il suo stile è asciutto e racconta i fatti con un approccio quasi giornalistico. Interessante poi è l'uso che fa del dialetto romanesco, sul quale si fece consigliare anche da Franco Citti.

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Ragazzi di vita di P.P.Pasolini
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