Il cardellino Il cardellino

Il cardellino

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Il giovane Theo Decker sta visitando una mostra di pittori fiamminghi al Metropolitan Museum di New York quando accade l'inconcepibile: lo scoppio di una bomba, calcinacci, sangue e grida dappertutto, e per terra decine di corpi senza vita, tra cui quello della madre di Theo. Sconvolto e in stato confusionale, Theo si allontana dal luogo dell'attentato senza che i soccorsi e le forze dell'ordine riescano a intercettarlo. E, per timore di finire affidato ai servizi sociali, si nasconde nel suo appartamento insieme al pacchetto che una delle vittime gli ha affidato pochi minuti prima di morire. Il tesoro contenuto all'interno, un piccolo prezioso dipinto raffigurante un cardellino, sarà l'unica costante, il centro di gravità permanente nella vita deragliata di Theo, simbolo di un'innocenza impossibile da riscattare.



Recensione della Redazione QLibri

 
Il cardellino 2014-04-26 11:53:29 C.U.B.
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C.U.B. Opinione inserita da C.U.B.    26 Aprile, 2014
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Me ne vado per un po'

C'e' un piccolo quadro nato nel '600 custodito a New York, raffigura un cardellino domestico, un uccellino legato da una catenella. Prigioniero del rumore, degli odori e dei malumori degli abitanti di un'anonima casa dai muri gialli, ti osserva guardandoti negli occhi. Le piume morbide, nessuna vilta' in quella testolina alta . Guarda proprio te che lo stai osservando , tu che forse sei piu' prigioniero di lui e come lui ti affanni a muovere le ali, senza mai alzarti verso il cielo.
Anche Theo vive a New York, finche' durante una visita al museo con l'amata mamma un attacco terroristico gliela strappa per sempre. 
Ed ecco il nuovo Theo, la sopravvivenza di un tredicenne solo al mondo. Come quell'uccellino Theo legato alla vita da una catena sottile, che nonostante i vizi e le tendenze autodistruttive che lo segneranno da adolescente prima, da adulto poi, resta qui.  In questo posto maledetto che gli ha tolto tutto eppure non lo ha privato di scintille che lo hanno scaldato anche nei momenti piu' bui. Un amico, un grande, silenzioso amore. L'affetto di un uomo che lo amera' come un figlio, la passione per l'arte e l'immortalita' delle cose belle.

IL CARDELLINO e' un romanzo corposo di novecento pagine, ma la narrativa di Donna Tartt e' talmente limpida, scorrevole ed amabile da rendere la lettura estremamente veloce e piacevole.
Dilata il tempo l'autrice, le descrizioni di luoghi e sentimenti sono tanto intense che se il tempo dilatato e' quello nella storia, inevitabilmente si dilata anche il tuo tempo, affondato nel racconto di un piccolo, disperato outsider. 
Questo almeno a me e' successo nelle prime settecento pagine, amando il libro riga dopo riga, incrociando le dita perche' continuasse cosi' fino alla fine. E invece no. Il clima drammatico e fortemente problematico narrato con una penna cosi' delicata e suadente di colpo subisce una frenata e la fiction tipicamente americana irrompe e non risparmia nemmeno la signora  Tartt. 
I capitoli che seguono -seppur coerenti con la storia- si trasformano in una sorta di thriller in bilico su un filo spinato, Al Capone da un lembo e Bruce Lee dall'altro a dondolare una trama in picchi assordanti ( verso il basso ).
Peccato che peccato, avrei voluto scrivere il meglio e dare il massimo dei voti, assuefatta come ero alla malinconia di un ragazzino solo e dannatamente triste, una canzone di angeli e perle, il potere di un'opera d'arte e la magia di un uomo che resuscita un antico comò.
Un libro molto bello, una compagnia incantevole nonostante tratti di emarginazione e ragazzini allo sbando, il lungo canto di un violino solista con qualche brutta e inspiegabile stonatura sul finale.
Un poco arrabbiata, vi auguro buona lettura e' comunque molto bello viverlo, finche' dura.
Come Theo, come un uccellino di un quadro inestimabile essere liberi di essere felici, anche solo per un poco.

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Il cardellino 2021-04-10 10:25:18 silvia t
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silvia t Opinione inserita da silvia t    10 Aprile, 2021
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Bidimesionale

Con ancora nella testa la detonazione all'interno del museo impariamo a conoscere il protagonista di quest'avventura Theo; smarrito tra le macerie, inorridito tra i cadaveri e i moribondi, orfano tra le vie del mondo, ancora inconsapevole di questa atroce verità.
In questo affascinante scenario si apre “Il cardellino” e il lettore pieno di curiosità e di interesse si appresta a perdersi nelle innumerevoli pagine che compongono la trama.
Trama che si può sintetizzare in una parola : bidimensionale.
Ci son alcune cose che ho amato profondamente, una delle quali è l'amore che viene trasmesso per le opere pittoriche, ci sono passi in cui il quadro descritto non solo sembra di vederlo, ma lo viviamo, attraverso le emozioni dalla madre di Theo prima di morire schiacciata dalle vigliacche macerie; la penna della Tartt riesce in questo caso e in pochi altri a far diventare tutt'uno con ciò che descrive in una sorta di realtà virtuale che non può non lasciare stupefatti e dà un senso al corpo pulsante del libro: Il cardellino, quadro mai troppo amato e mai dimenticato che si fa totem illusorio di una realtà cristallizzata e immutabile.
L'altro punto emozionante si ha nella descrizione del lavoro dell'antiquario che sarà un personaggio fondamentale nell'economia del romanzo, ma non troppo ben caratterizzato.
Hobie, questo il suo nome, ripara i mobili riuscendo a portarli a una nuova vita, metafora forse, a voler ben cercare, della vita distrutta di Theo che può attraverso mani esperte tornare a esistere sotto una nuova forma. L'amore per il proprio lavoro, la sospensione del tempo sono accattivanti e coinvolgenti e si sente la passione travolgente di quest'uomo per il suo lavoro che trascende la materialità dell'atto per divenire appunto, metafora del continuo mutamento.

Purtroppo le note di merito, per me, finiscono qui, la trama appunto come dicevo, è poco verosimile, troppi eventi, quando ne sarebbe bastato il primo, si susseguono fitti come un film d'azione.
Uno stile inutilmente descrittivo che invece che colorare l'immaginazione la stupra con un freddo realismo, scorrevole e semplice utilizza un lessico alla portata di tutti.
I personaggi anch'essi bidimensionali non riescono a interagire, a vivere, a trasmettere emozioni e finiscono per diventare cartonati obbligati a recitare una parte.
Infine i piani di lettura non si trovano, se si esclude quello narrativo poco altro riusciamo a estrarre, anche cercando, eppure un attentato terroristico avrebbe potuto spalancare scenari infiniti, riflessioni profonde.

Leggendolo ho avvertito uno sforzo enorme della scrittrice di cercare di dare calore ad una mongolfiera che testarda ed ostinata non ha voluto gonfiarsi condannandosi a restare ancorata a terra invece di spiccare il volo nell'azzurro cielo... un po' proprio come Il cardellino che dà il nome al romanzo.

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Il cardellino 2021-03-29 21:18:19 topodibiblioteca
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topodibiblioteca Opinione inserita da topodibiblioteca    29 Marzo, 2021
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Romanzo di formazione

DonnaTartt ha impiegato circa dieci anni per dare alla luce quest’opera di quasi 900 pagine. Ed in qualche modo questa lunga gestazione viene percepita man mano che si procede nella lettura, rivelando un’accuratezza, una profondità che ruota tutta attorno alla figura di Theo Decker, giovane adolescente che all’improvviso si ritrova senza madre a seguito di un evento terribile, tragico ed imprevedibile: lo scoppio di una bomba, un attentato terroristico all’interno del Metropolitan Museum di New York proprio mentre madre e figlio si trovavano lì a visitare una mostra temporanea di pittori fiamminghi, tra i quali spicca la celebre opera de “Il cardellino”, quadro secentesco del pittore fiammingo Fabritius che suscita un immediato magnetismo agli occhi del ragazzo (“Era una piccola creatura ritratta senza artificio né sentimentalismo; e qualcosa, nel modo compatto con cui se ne stava ripiegata su sé stessa- la sua luminosità, l’espressione vigile e all’erta- mi ricordò alcune fotografie di mia madre da bambina: un cardellino anche lei, con la testa scura e lo sguardo fermo”). Da questo momento in poi la vita di Theo scorrerà in una simbiosi profonda, ossessiva, con questa opera emblematica, misteriosa (“Chissà perché Fabritius ha dipinto il cardellino?”) con la quale si identifica (“Perché, se sono i nostri segreti a definirci, allora il quadro era il segreto che mi elevava al di sopra della superficie dell’esistenza e mi permetteva di conoscermi per quello che sono”) e che assurge simbolicamente a rappresentare ricordi, nostalgie, memorie di un qualcosa che la vita gli ha tolto bruscamente ed inaspettatamente. L’affetto di una madre, l’assenza incolmabile del genitore prediletto che si aggiunge alla precedente assenza di un padre inaffidabile, distratto, egoista ed ubriaco, che pur manifestatosi nuovamente per colmare il vuoto lasciato dall’altro genitore risulterà in ogni caso incapace di costruire un legame empatico con il figlio.

Il cardellino è prima di tutto però un romanzo di formazione, una storia di sofferenze e assenze famigliari, di amori non vissuti e di solitudini, mitigate però da un rapporto di amicizia quasi fraterno tra Theo e Boris. Due ragazzi troppo simili, entrambi caratterizzati da carenze affettive, che si completano a vicenda e che trovano nell’uso smodato di droghe ed alcol quel necessario e indispensabile stordimento per superare la quotidianità. Allo stesso tempo è anche un romanzo con una morale e la Tartt si serve del suo protagonista per raccontarla e comunicarla, rivolgendosi ad un ipotetico lettore destinatario di questa storia svelata dal Theo adulto, in prima persona, a distanza di anni:

“E sento di avere qualcosa di molto serio e urgente da dirti, mio inesistente lettore…….Che la vita – qualunque cosa sia- è breve. Che il destino è crudele ma forse non casuale. Che la Natura (intesa come Morte) vince sempre ma questo non significa che dobbiamo inchinarci e prostrarci al suo cospetto. Che forse anche se non siamo sempre contenti di essere qui, è nostro compito immergerci comunque entrarci, attraversare questa fogna, con gli occhi e il cuore ben aperti”.

Leggere Il cardellino, pur nella scorrevolezza di cui gode il romanzo, non è comunque un’impresa sempre facile in quanto in diversi momenti ho provato quasi una sorta di fastidio nell’eccessiva lentezza di certi passaggi, nei rallentamenti della narrazione per dare spazio alle vicende dei tanti personaggi più o meno di contorno, nel soffermarsi dell’autrice su particolari che in qualche modo dilatano lo svolgersi degli eventi e che a mia personale opinione possono impattare non certo sul contenuto dell’opera, che si definisce complessivamente notevole, bensì sulla sua gradevolezza. In ogni caso rimane un romanzo che arriva al lettore anche (e soprattutto) a distanza di tempo perché va metabolizzato e analizzato a mente fredda.

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Il cardellino 2020-09-30 14:49:18 Viola03
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Viola03 Opinione inserita da Viola03    30 Settembre, 2020
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Un libro da non perdere

È con grande malinconia e un forte desiderio di avere ancora un po’ di pagine da leggere che ho chiuso questo romanzo.
“Il cardellino” ci conduce nella vita di Theo Decker, poco più che bambino quando perde sua madre in un attentato al museo, dove solo pochi attimi prima ammiravano insieme i pittori fiamminghi e in particolare un piccolo dipinto chiamato, appunto, “Il cardellino”.
Di fronte quel quadro Theo intravede anche per la prima volta Pippa, una ragazzina che è lì con quello che sembra essere suo nonno.
Il rosso dei suoi capelli gli resterà intrappolato nello sguardo, pochi attimi prima che l’esplosione riduca tutto ad un ammasso grigio e informe.
Negli ultimi istanti di vita il “nonno” di Pippa gli affida un anello e “Il cardellino” - miracolosamente scampato al disastro – tessendo inconsapevolmente le fila del destino di Theo.
Tra ricche dimore newyorkesi, confortevoli laboratori pieni di mobili in riparazione, ville semidisabitate sotto i cieli sconfinati di Las Vegas, Theo vaga disancorato da quello che era il suo unico punto di riferimento, sua madre. Senso di colpa, paura, fragilità lo accompagnano fino all’età adulta, tenuti a bada con mix di droghe e alcol, scelte azzardate in un indiscusso percorso di autodistruzione.
Nel suo disorientato percorso di crescita, Pippa e il dipinto diventano le uniche costanti, il simbolo di tutto ciò che nell’esplosione è andato perduto e che resta fermo anche quando tutto si sgretola.
“Il cardellino” è un romanzo ricco di contenuto, pieno di simbologia, proprio a partire dal piccolo dipinto, dove l’uccellino incatenato diviene l’emblema della condizione umana, specchio su tela di Theo che non riesce a spingersi oltre la tragedia, a vivere veramente. La scrittura ricca è ricca di particolari che permettono un’immersione totale nel mondo ideato dall’autrice, una visione a 360° dei minuscoli dettagli che costruiscono un’esistenza.
L’ho amato tantissimo, perché per tutti c’è un momento di rottura, più o meno tragico e tutti conosciamo quei sentimenti bloccanti, quell’incapacità di vivere attanagliati da colpa, rimorso, paura.
Quello di Theo è il dolore di tutti, il dolore dell’esistenza umana così fragile e caduca. Se la centralità del dipinto sembri suggerire che la risposta alla fragilità della vita sia l’arte, è in realtà la figura di Boris che dà a mio avviso un senso a tutto. Boris, l’amore, l’amico, l’antitesi di Theo che affronta la vita senza pregiudizi, senza freni, senza preconcetti, mix di lingue e culture con la capacità di reinventarsi ogni volta e di saper discernere che spesso, per raggiungere il bene, possono essere compiute anche azioni moralmente discutibili.
“Il cardellino” ha una scrittura ipnotica ed evocativa, fatta di descrizioni che sono quasi di miniature dentro un disegno più grande, quello che narra di temi come la sofferenza, la rinascita, la morte, l’amore e la condizione umana in modo accessibile eppure non scontato, come la metafora di quell’uccellino incatenato il cui sguardo è rivolto all’infinito.

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Consigliato a chi ha letto...
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Il cardellino 2020-03-28 09:05:23 Belmi
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Belmi Opinione inserita da Belmi    28 Marzo, 2020
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L'inizio della fine? O la fine della fine?

“Le cose sarebbero andate per un verso migliore se lei fosse vissuta. Ma è morta quand'ero bambino; e benché la colpa di tutto ciò che è accaduto sia solo mia, perdere lei fu come perdere l'unico punto di riferimento in grado di guidarmi verso un luogo più felice, verso un'esistenza più ricca di legami e più congeniale. La sua morte ha tracciato una linea di demarcazione tra il Prima e il Dopo.”

Theo è un ragazzino di tredici anni, la sua vita non è proprio tutta rose e fiori ma per lui quello che conta è la sua mamma. Andare a un museo e vedere “Il cardellino” di Fabritius è purtroppo l'ultima cosa che faranno insieme, da quel momento in poi la vita di Theo e del cardellino saranno legate per sempre, nel bene e nel male.

“Solo di rado mi soffermavo sulla catena alla caviglia del cardellino e pensavo a quanto fosse crudele la vita di quella creaturina il cui breve battito d'ali lo riportava sempre nello stesso identico punto, senza speranza.”

Saranno diversi i personaggi che troverete fra queste pagine ma lui resta il protagonista indiscusso nonché il narratore. Droga, ragazzi perduti, bugie, false speranze e molta solitudine sono alcuni dei temi trattati.

Donna Tartt mi aveva già conquistato con “Dio di illusioni” e ancora una volta il suo stile mi ha coinvolta e lasciata attaccata alle pagine anche se l'argomento trattato non è proprio nelle mie corde. Il libro può spaventare perché conta ben 892 pagine ma la suddivisione in capitoli aiuta molto e la rapidità con cui sono giunta alla fine mi ha sorpresa. A proposito della fine, la mia valutazione non arriva a cinque stelle proprio per l'ultima parte, forse un po' incoerente con il resto, anche se a fine lettura la sensazione è quella di aver letto un ottimo libro scritto da una grande scrittrice.

“Chi se ne frega, se è buono con te? Non ce n'è mai abbastanza di gentilezza nel mondo, no?”

Buona lettura!

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Il cardellino 2016-01-07 11:08:39 MATIK
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MATIK Opinione inserita da MATIK    07 Gennaio, 2016
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Il cardellino.

"La maggior parte della gente conduce una vita di mite disperazione".
Nonostante questo libro sia lunghissimo, quasi 900 pagine, la lettura non è stata affatto faticosa, la storia di Theo ha inizio nel peggiore dei modi: colti all'improvviso da un forte temporale a New York, madre e figlio trovano riparo all'interno del Metropolithan Museum, lei è amante dell'arte ed in particolare ama il quadro "Il cardellino" di Fabritius, proprio in mostra quel giorno e ne condivide l'immenso amore con il figlio, ma all'improvviso una bomba esplode (attacco terroristico), tutto il mondo di Theo finisce quel giorno, la madre muore e con lei tutto il suo fragile mondo.
Theo ci racconta in prima persona tutto quello che gli accade da quel giorno in poi: il momentaneo vivere con la famiglia ricca del suo amico Andrew, lo strano modo ci conoscere la ragazzina Pippa anche lei l'unica superstite dell'immane tragedia e il restauratore d'opere Hobie, gli unici capaci di comprendono fino in fondo il suo grandissimo dolore, l'incontro che cambierà la sua vita per sempre quello con Boris, colui che diventerà il suo amico, il compagno di mille avventure e che lo inizia all'arte dello sballo con ogni genere di droga, sullo sfondo vigilerà sempre "Il cardellino", una sorta di talismano, che aiuterà Theo a ritrovare se stesso in un percorso lungo e pieno di sofferenza.
"Il quadro mi aveva fatto sentire meno mortale, meno ordinario. Era stato un sostegno, una forma di rivalsa, di nutrimento e di resa dei conti. Era il pilastro che aveva tenuto in piedi la cattedrale. Ed era terribile scoprire, ora che era scomparso all'improvviso, che dentro di me, per tutta la mia vita adulta, ero stato sorretto da questa colossale, crudele, invisibile gioia: credere che la mia intera esistenza avesse trovato il suo equilibrio grazie a un segreto che poteva disintegrarla da un momento all'altro."
Il libro è scritto in maniera superba e racconta il percorso formativo di un ragazzino, pagina dopo pagina, ho sofferto per come il dolore può portare alla completa autodistruzione, mi sono commossa ed ho sperato che alla fine ci fosse per Theo un piccolo spiraglio di vita nuova, di rinascita, l'illusione che il suo cuore potesse accogliere quel poco di bene che la vita ci concede.
"...la vita è breve. Che il destino è crudele ma forse non casuale. Che la Natura (intesa come Morte) vince sempre, ma questo non significa che dobbiamo inchinarci e prostrarci al suo cospetto. Che forse anche se non siamo sempre contenti di essere qui, è nostro compito immergerci comunque: entrarci, attraversare questa fogna, con gli occhi e il cuore ben aperti."

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Il cardellino 2015-06-03 20:46:50 luana
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Opinione inserita da luana    03 Giugno, 2015

non solo un quadro

Ho comprato questo libro sapendo perfettamente che non sarebbe stato un libro da spiaggia, nonostante le vacanze fossero vicine, o da autobus e che mi sarei presa tutto il tempo necessario viste le 900 pagine. e invece no.
Ho fatto di peggio.
L'ho letto in macchina a semaforo rosso, davanti ai fornelli, nei 10 minuti che trascorrono tra il finire di lavorare e l'abbassare la serranda, l'ho letto nel tempo che intercorre tra il suono della sveglia e l'uscita del caffè. L'ho letto di notte e di giorno. L'ho divorato.
Comincio con il dire che in Theo io ho rivissuto il dolore, un dolore vero e autentico. quel tipo di dolore che è impossibile raccontare, eppure era lì tra le pagine, tra le righe e le parole.
Difficile non provare quel senso di impotenza che ti stordisce, quella tristezza che ti azzanna i polpacci e sembra dirti "è inutile, indietro non si torna".
Quel dolore che come una folla ti trascina via senza sapere bene dove, l'importante è rimanere in piedi e Theo lo fa portando con se l'unico legame, l'ultimo legame che ha con la madre, con una vita che non avrà più ragion d'essere.
La nuova realtà di theo è fatta di bruttezze e di sfortune (e di un quadro), di droga e di malavita (e di un quadro), di legami illusori voluti e non, dalla quale però germoglia un'amicizia sporca e profonda, a volte bugiarda ed egoista ma disperatamente essenziale e vera.
Perché in fondo l'unico vero legame che Theo si concede è proprio quello con Boris perché tra tante illusioni è l'unico veramente reale.
Donna Tartt scrive emozioni ed io le ho provate.tutte.

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Il cardellino 2015-03-25 17:52:09 ferrucciodemagistris
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ferrucciodemagistris Opinione inserita da ferrucciodemagistris    25 Marzo, 2015
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Il confine policromo tra il vero e il falso

Di Donna Tartt lessi tanti anni or sono “Dio di illusioni”, che ho già recensito in questo spazio. Mi sono avvicinato a questo romanzo sia per quanto mi era rimasto dalla lettura del primo romanzo, ma, in particolare, per le forti discordanze che ho avuto modo di leggere in svariati commenti e anche parlandone con altre persone. Sta di fatto che il romanzo ha un’apparenza che invoglierebbe a lasciar perdere (un tomo di circa 900 pagine paragonabile a un classico dell’800 tipo “Guerra e pace” ma senza confronto alcuno), nonostante l’abstract possa attirare l’attenzione in quanto si riferisce a un piccolo dipinto realizzato da un non molto famoso pittore olandese, Carel Fabritius, nel 1654 poco tempo prima che l’artista passasse a miglior vita a causa di un’esplosione che distrusse la sua abitazione nella città di Delft.

Per quanto sopra ho, quindi, affrontato il romanzo con lo spirito di portarlo a termine…ma che fatica!!
Sì, perché la narrazione è lunga e ripetitiva nonostante una trama che si avvicina molto al thriller ma anche al mondo dell’antiquariato, al traffico delle opere d’arte trafugate da musei e/o collezioni private di pregio e all’incessante dissertazione su alcool, stupefacenti e altre pastiglie contenenti intrugli per calmare e combattere (sic!) il mal di vivere.

Tutto ha inizio con un attentato terroristico a un museo dove l’allora adolescente Theo perde la propria madre, e da quel momento iniziano le sue drammatiche vicissitudini che hanno come punto di riferimento, appunto, questo famoso piccolo dipinto, Il cardellino, miracolosamente rimasto intatto e per puro caso in possesso del Nostro, che segue la vita di Theo nelle sue peripezie esistenziali da New York a Las vegas e Amsterdam fino all'età adulta.

Le descrizioni dei molteplici accadimenti sono troppo dettagliati fino quasi al parossismo; gli altri protagonisti, i luoghi, gli ambienti sono analizzati in molte, e spesso inutili, sfaccettature che ne appesantiscono la lettura e, di conseguenza, perde molta della sua verve.

Un lancia, o forse anche due, sono da spezzare a favore dei momenti di riflessione profonda sul senso della vita, sulla casualità degli avvenimenti e sull’esistenza o meno di uno schema prestabilito di cui tutti noi appartenenti all’immanente ne siamo inconsapevoli, sulla solitudine e i suoi mostri.
La parte finale del romanzo riscatta un po’ la pesantezza e, a tratti, la noia della parte iniziale e mediana, con un epilogo che induce alla bellezza della vita e ai valori che un’opera d’arte può dare a tutti coloro di animo sensibile.

Non sono in grado di consigliarne la lettura in assoluto; d’altro canto leggerlo potrebbe essere una sfida dalla quale, almeno per il sottoscritto, si può uscirne vincitori.

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Il cardellino 2014-12-29 12:18:01 aeglos
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aeglos Opinione inserita da aeglos    29 Dicembre, 2014
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UN LIBRO, TANTI SIGNIFICATI

Avrei voluto avere più tempo a mia disposizione per leggere questo libro,
così lo avrei finito prima, ma a pensarci bene anche finirlo prima non sarebbe stato così bello come averlo spesso tra le mani e potere assaporare pagina dopo pagina la storia, un libro che merita una lettura profonda, un libro che, a mio parere, vuol comunicarci molto, la scrittrice non tralascia nessun particolare. Ottimi i passaggi temporali, la vita che scorre, il tempo che cresce, giorno dopo giorno
e il protagonista comincia a crescere, così come i suoi guai. Prima i problemi, che sembrano grandi,
sono in realtà risolvibili, cose di poco conto. Ma più cresce e più conosce persone della malavita,
persone che lo portano a commettere degli errori, che lo fanno stare male.
In queste pagine si dà molto spazio a quelli che sono i sentimenti, le emozioni, dalle persone più care del protagonista, a piccole comparse come per esempio l'incontro con J.P. che lo aiuta a nascondere il cane Popper.
Il protagonista è Theo, un ragazzino, cui la coscienza grava sulla morte della madre e del padre,
s'innamora della ragazzina con cui può condividere l'incidente al museo, ma il suo amore per lei
sembra non dover mai avere un inizio e per questo si rifugia nella droga e si appoggia all'unica persona che in realtà sembra capirlo e che gli vuole bene, Boris.
Il quadro, il famoso CARDELLINO, assume un ruolo importante sopratutto nella metà del libro, quando lui
comincia a crescere e a trovarsi in mezzo a un mucchio di guai; all'inizio, però, ma forse anche alla fine, questo quadro, così come la sua amata Pippa, sono l'unico collegamento con la sua madre morta.
"Sotto le radici del mio amore per Pippa si intrecciavano a quelle dell'amore per mia madre,
al dolore per la sua perdita e all'impossibilità di riaverla. Quella cieca brama infantile di salvare
ed essere salvato, di rivivere il passato e cambiarlo, si era trasferita su di lei."

Così crescono, di anno in anno, i rimpianti, i se e i ma..."Se io non avessi accettato, se io non fossi stato espulso, se io avessi detto no...." Tipico dell'essere umano cadere in questi pensieri dopo che ormai le disgrazie sono successe e non si può più tornare indietro.
Arrivare persino ad incolpare se stessi per non aver saputo prevedere il futuro, per non aver colto
certi segnali che la vita stessa ci dava.
"Credo sia più come quando hai i numeri in colonna e sbagli la prima somma e alla fine i conti non tornano.
Se torni indietro trovi l'errore....il punto è che ti avrebbe condotto al risultato corretto".

E poi il libro permette di fare raginamenti sulla vita stessa
"Perchè se è vero che il male può discendere dalle buone azioni....dove sta scritto che da quelle cattive può
venire solo il male? Magari a vole il modo sbagliato è quello giusto. Magari prendi la strada sbagliata e
ti porta comunque dove volevi. Certe volte puoi sbagliare tutto e alla fine viene fuori che andava bene."

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Il cardellino 2014-09-08 10:57:24 Virè
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Virè Opinione inserita da Virè    08 Settembre, 2014
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Senza infamia e senza lode

Questo è un libro che non avrei comprato: per la lunghezza, per la copertina poco accattivante, per l’autrice, famosa ma non troppo, lo vedevo esposto tra gli scaffali delle librerie senza che attirasse la mia attenzione più di tanto. Poi invece, capitandomi più volte, tra le mani e sotto gli occhi, articoli ed interviste a questa scrittrice, ho deciso di approfondire, ne ho letto un estratto e alla fine mi son detta “perché no?” e ho deciso di leggerlo.
Bene, le sensazioni che mi ha lasciato dopo averlo completato rispecchiano in pieno l’incertezza e l’impressione avuta nello sceglierlo. Non mi ha preso, ma nemmeno annoiato, ero spinta a leggerlo, ma non curiosa al punto da sfruttare ogni occasione per portarlo avanti. Probabilmente se non l’avessi letto in vacanza, non l’avrei portato a termine o comunque non l’avrei finito in così poco tempo. Son d’accordo con alcune recensioni di altri lettori, la prima parte scorre via veloce, anzi personalmente mi aveva incuriosito sin dalle prime pagine il passaggio della narrazione dal presente al passato e mi sarei aspettata che il romanzo proseguisse su quella strada. Invece no, piuttosto pian piano rallenta sempre di più. Cominci a notare divagazioni che potevano tranquillamente essere evitate (stiamo parlando di un libro di 900 pagine circa, quindi perché "allungare il brodo"?), perché nulla mettono e nulla tolgono alla narrazione e soprattutto una storia che rallenta sempre di più per poi scorrere svelta, forse anche troppo sul finale, che risulta quasi buttato giù di getto, senza essere riletto e corretto, con pochi particolari aggiunti alla storia e tante, troppe considerazioni superflue.
I personaggi sono ben descritti, ma, dopo aver terminato la lettura, posso affermare che siano quasi tutti mancanti di qualcosa, quel particolare in più in grado di suscitare una qualche emozione nel lettore, caratteristica fondamentale per coinvolgere e quindi far apprezzare un libro.
Non posso dire che sia un brutto libro, né dargli un giudizio negativo, ma sicuramente dalle premesse, ovvero dalla trama, dal premio ricevuto e dal numero elevato di pagine mi sarei aspettata un libro di tutt’altro “spessore”.

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Il cardellino 2014-08-28 11:06:25 Clara
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Opinione inserita da Clara    28 Agosto, 2014

Anch'io ho aspettato... aspettato...

Seppur notevole, pulita e lucida, la scrittura della Tartt restituisce un romanzo piatto e noioso, un racconto, minuzioso oltre il tollerabile di una vita che, per quanto avventurosa e piena di avvenimenti, è interessante come la cronaca di una domenica pomeriggio fatta dalla vecchia zia prolissa.
Si aspetta l'inizio del romanzo fino a metà libro poi, sinceramente, si spera che finisca. Credo di aver incrociato un guizzo coinvolgente solo una volta, in tutte le 900 pagine.
Non so, non capisco, quale fosse l'intento di questo resoconto. Certo non assomiglia nemmeno un po' ad un romanzo che si possa ricordare per un'emozione provata.
Se avete letto (e amato) Stoner di Williams, ecco, questo romanzo è il suo esatto contrario...

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