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La città degli orsi La città degli orsi

La città degli orsi

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Con questo romanzo animato da un’intensa forza drammatica, Fredrik Backman abbandona i toni ironici dei suoi esordi e racconta una storia dove la solidarietà e l’amore combattono con l’ambizione e l’agonismo, una storia che a ogni pagina obbliga il lettore a chiedersi: Cosa farei se mi trovassi in questa situazione? “È l’inizio di marzo a Björnstad e non è ancora successo niente. È venerdì e tutti sono in attesa. Domani la squadra juniores del Björnstad Hockey giocherà la semifinale del massimo campionato nazionale giovanile. Quanto può essere importante?” Molto importante, decisivo. Perché Björnstad, la Città degli Orsi, è così piccola e sperduta in mezzo ai boschi che, se non fosse per il suo enorme lago ghiacciato capace di attirare la gioventù dei dintorni, sarebbe un luogo dimenticato da tutti. Ora gli abitanti stanno con il fiato sospeso in vista della semifinale, le speranze e i sogni sono sulle spalle di un gruppo di adolescenti. Una responsabilità enorme, anche troppo. Nel momento di massima tensione le cose precipitano nel peggiore dei modi. La piccola comunità deve affrontare qualcosa di inaudito: una ragazzina è messa con le spalle al muro, l’eroe dell’hockey è accusato di una colpa orribile, il paese intero si scaglia compatto contro una famiglia. All’improvviso, la grande speranza che ha unito gli abitanti della Città degli Orsi si incrina lasciando emergere segreti e rivalità, in una corsa contro il tempo verso un fucile a due canne puntato contro una persona.



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La città degli orsi 2020-11-16 17:20:07 lapis
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lapis Opinione inserita da lapis    16 Novembre, 2020
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Attimi di vita

Vivere a Bjornstad non è affatto semplice. Una città sperduta in mezzo ai boschi, senza turismo, né miniere, né industrie di alta tecnologia. Ci sono solo buio, freddo e disoccupazione. E poi c’è l’hockey, ovviamente, lo sport nazionale. Solo che a Bjornstad l’hockey non è solo uno sport. È semplicemente tutto.

Rifugio, per i giovani. Fuori la realtà può essere complicata e spaventosa, ma dentro il palazzetto è dritta e comprensibile, governata da poche, semplici regole: la maglia ripaga sempre i sacrifici e il bene del gruppo viene sempre prima del singolo.
Sopravvivenza, per gli adulti. La vittoria del campionato da parte della squadra juniores significherebbe capitale per investimenti, un nuovo liceo, nuovi posti di lavoro. Significherebbe un futuro.
Speranza, per tutti. L’illusione di poter vincere qualcosa, di essere ancora grandi, di un unico, splendido istante di immortalità.

“L'unica cosa che ci regala lo sport sono attimi. Ma che cos'è la vita, se non attimi?”

All’alba della partita decisiva, tutti si aggrappano alla squadra juniores. Chiedono solo una cosa ai giovanissimi talenti: vincere, vincere per tutti. Ma fino a che punto si è disposti ad arrivare pur di difendere il proprio universo?

Un evento doloroso e drammatico farà salire sul banco degli imputati proprio la stella del club, costringendo tutti, ma proprio tutti, a porsi questa domanda. Si può ignorare lo spettro della verità, chiudere gli occhi e fingere che niente sia accaduto, affidandosi al caldo bozzolo della comunità per preservare la propria speranza. Oppure si può scegliere di aprire gli occhi sul dolore altrui, di rendere veri gli insegnamenti dello sport, di non giudicare una colpa monetizzando il valore delle persone coinvolte. E così, scoprire chi siamo davvero al di là del gruppo, e qual è il prezzo da pagare.

Tante sono le storie e i personaggi che Fredrik Backman utilizza per comporre il mosaico di questa piccola città scandinava. La narrazione discontinua e stratificata potrebbe sembrare il difetto di questa intensa storia corale, ma, superata la fatica iniziale del primo centinaio di pagine - in cui prevale la dimensione descrittiva - ci si ritrova completamente immersi in un’appassionante ricchezza di umanità. Backman sa muoversi come un equilibrista tra molteplici punti di vista, paure e sentimenti senza rinunciare a una penna seduttiva e a un ritmo sempre più incalzante. Alla fine, a ciascun lettore rimane tra le mani la cenere di quegli stessi interrogativi a cui cercare di dare una propria risposta: fino a che punto si è disposti ad arrivare pur di difendere il proprio universo?

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La città degli orsi 2018-08-16 19:05:13 68
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68 Opinione inserita da 68    16 Agosto, 2018
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Hockey e vita, legame reciso?

Bjornstad è la città dell’ hockey, vive di hockey, uno sport di squadra con regole semplici al quale votarsi al di fuori di ogni singolarismo, che nella semplicità di gesti ripetuti ed anche violenti nasconde un peculiare codice di lealtà ed appartenenza.
Come si può amare uno sport a tal punto da farne la propria ragione di vita e tramutarlo in essenza, come ci si può votare ad una causa dimenticando le più comuni regole di convivenza?
Quale il confine tra lecito ed illecito, pubblico e privato, sospetto e condanna, amicizia e omertà , interesse personale e bene comune?
Una storia di violenza gratuita nei confronti di una ragazza atrocemente oltraggiata neila propria intimità, spogliata in un attimo di presente e futuro da un gesto brutale ed inconcepibile dai più rigettato e dimenticato in nome di altro, di una appartenenza omertosa, di un successo tanto flebile quanto desiderato, della durata di un attimo, di conflitti riguardanti il proprio senso di fallimento, di interessi personali ed economici che violano ogni decenza.
Ma che cos’ è una comunità? È la somma delle nostre scelte, l’ odio e’ assai più semplice dell’ amore e a Bjornstad regnano vergogna e silenzio, per qualcuno non ci sarà più un posto dove non avere paura mentre l’ interno delle case continua a nutrirsi del proprio silenzio.
Ogni vendetta, fine a se stessa, ha il sapore della sconfitta, la forza ineluttabile della propria coscienza diverrà macigno insostenibile e la pena più grande anche se un riscatto è sempre possibile tralasciando quella violenza che richiama esclusivamente altra violenza.
Conosciamo l’ autore dai suoi testi più noti, che hanno trasferito un mondo sui generis, tra il reale e l’ immaginifico, con protagonisti singolari e storie d’ amore, solitudine e riscatto, inserite in una satira amara ed in un giuocoso mostrarsi.
Il registro di “ La città degli orsi “ è indubbiamente diverso ed insegue una trama ricca di suspance, complessità psicologica, indubbia amarezza.
Non credo, tuttavia, oltre una struttura più romanzata, una composizione a tratti prolissa ( nella prima parte ), un eccesso di buonismo stereotipato, si debba parlare di un Backman così cambiato e camaleontico, il suo raggio d’ azione abbraccia le debolezze umane all’ interno di una comunità ristretta, un mondo ovattato di solitudini pensanti e silenzi parlanti, con un preciso codice di appartenenza, insito nella comunità stessa, anche se la vividezza di alcuni suoi personaggi ( Ove e Britt Marie ) è solo un ricordo.
Ed allora l’ interesse per lo sport non è che un modo per raccontare storie in quella città degli orsi che non è vicina a nulla, ed ogni storia vive la solitudine del proprio protagonista, sia Mira che non è mai tornata dalla propria tempesta o Kevin che nel giorno più importante della sua vita è il ragazzo più solo al mondo.
Tante storie per un’ unica storia, costruita dalle decisioni ed azioni dei singoli uomini, perché questa è la vita ed ogni gesto esprime una precisa volontà’ di potenza ad indirizzare la propria vicenda ed il destino degli altri.

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La città degli orsi 2018-08-06 17:34:36 Mian88
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Mian88 Opinione inserita da Mian88    06 Agosto, 2018
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La forza degli orsi

«Non si smette mai di avere paura di cadere dalla cima, perché chiudendo gli occhi si possono sempre percepire l’acido lattico e il dolore di ogni singolo passo fatto per arrivarci»

Bjornstad, la città degli orsi, “non è vicina a nulla, sembra un posto innaturale perfino sulla cartina”. Eppure è una città dove l’orso è sentito, dove la tenacia e la forza di volontà sono corollari essenziali che si sommano ad una serie di codici non scritti che sono propri di ogni cittadino. E Bjornstad, come ogni suo abitante, vive di e per l’Hockey. Tutta la sua esistenza, tutta la loro esistenza, ruota attorno a questo. Ecco perché tutti sono in fermento, ecco perché quella partita della squadra degli Juniores è vissuta come una battaglia personale di ciascun singolo individuo in funzione di una collettività più grande. Perché il club viene prima di tutto, prima dell’io, prima di qualsiasi cosa.

Bam-Bam-Bam-Bam-Bam.

Kevin, è il giocatore di punta del Bjornstad Hockey, ha diciassette anni e la sua famiglia è una delle più prestigiose del luogo. È stato notato anche dagli sponsor, il suo futuro sembra essere assicurato. Benji, è la sua ombra in campo e fuori nonché migliore amico a cui il campione non può mentire, Lyt, Bobo, Fillip, sono gli altri suoi compagni di squadra. Nessun tradimento è ammesso, loro sono i vincitori, coloro che potranno garantire un nuovo futuro di rivincita e rispetto per questa cittadina alla ricerca di un riscatto.
Attorno a questi ragazzi ruotano anche degli adulti tra cui Peter, il direttore sportivo, David e Sune due allenatori in contrasto, Mira, avvocato penalista e madre di Maya e Leo nonché moglie del direttore, Fatima, donna delle pulizie, e suo figlio Amat, giovane, veloce giocatore di Hockey che si ritroverà a far parte della squadra per le sue qualità, Zacharias, l’amico bullizzato dagli Juniores stessi e tutta un’altra serie di personalità sempre e comunque legate allo sport.

Bam-Bam-Bam-Bam-Bam.

Fuori da questo mondo fatto di puck, testosterone, bastoni e cameratismo, c’è la quindicenne Maya, che sogna di fare la cantante, che ama suonare e che è inseparabile dalla sua coetanea Ana. Ma ci sono anche i ragazzi stessi che osservano, scrutano, con le loro paure, le loro introspezioni, i loro segreti.

Bam-Bam-Bam-Bam-Bam.

Una notte come tante, ed è proprio un segreto a cambiare tutto. Che fare? Tacere? Non tacere? Parlare? Chi mi crederà? Se taccio soltanto io persona sola soffrirò per quel che è accaduto. Ma avrò la forza e il coraggio per farlo? Oppure la soluzione giusta è parlare, rivelare ogni lato più oscuro di quel buio che ora è diventato la mia ombra? Non può tacere, lo sa bene. E sa anche quali e quante conseguenze deriveranno dalla sua impossibilità di far finta che non sia mai accaduto proprio perché la sua anima ha sanguinato abbastanza.

Bam-Bam-Bam-Bam-Bam.

Le conseguenze. Una città pronta a schierarsi, una città che si è già schierata. Le conseguenze, ancora. Il dolore. L’isolamento. La verità. Sguardi che si incontrano, la paura. La ricerca di un “buio più grande” per contenere quello in cui si è caduti. Anime, persone, pensieri. Il giusto e lo sbagliato. Il bene e il male. Gli interessi in gioco. Cosa fare. Come continuare a guardarsi allo specchio. Come sopravvivere. Come tornare a vivere.

Bam-Bam-Bam-Bam-Bam.

Mi fermo qui sulla trama. Non svelo altro e spero che in futuro anche chi leggerà questo libro non lo faccia perché se così fosse ne verrebbe pregiudicata la morale e l’essenza del componimento stesso.
Se però avete già avuto modo di leggere alcuni scritti di Fredrik Backman sappiate che questo è molto diverso dai suoi precedenti lavori. Questo autore è noto per la sua grande capacità narrativa, diretta, chiara, immediata, ironica e avvalorata dalla tecnica compositiva più difficile in assoluto, ovvero quella dello “Show don’t tell” (“mostrare ma non raccontare”) e spesso è stato accusato di utilizzare un unico format stilistico tanto da far sì che i suoi elaborati “tendano ad assomigliarsi un po’ tutti”. Ecco, se deciderete di leggere questo volume, il primo elemento che noterete è che vi starete trovando di fronte ad un testo completamente rivoluzionato e diverso rispetto al passato.
Può darsi ancora che sarete scoraggiati dal continuare la lettura perché oggettivamente fino a pagina 100 si parla di Hockey, Hockey e ancora Hockey. Ecco, non fatelo, andate avanti. Perché solo proseguendo verrete messi a confronto con il lato più oscuro dell’animo umano. Assisterete ad un fatto che verrà giudicato, percepito, recepito in modo diverso da ogni voce narrante eppure, al tempo stesso, tutti non esisteranno a puntare il dito senza conoscere i fatti. Senza appurarli, semplicemente basandosi sulle apparenze. Non solo. Ci sarà chi si chiederà cosa sia giusto e cosa sia sbagliato, chi tacerà nonostante “sappia”, chi tacerà “nonostante abbia visto”. E questo perché tanti sono gli interessi sul piatto della bilancia, tante sono le paure, tanta è la voglia di poter far finalmente parte di qualcosa.
Il lettore verrà così messo di fronte ai fatti. Si interrogherà, rifletterà, amerà i personaggi, li odierà. Ma sarà anche colto dal profondo senso di unione che uno sport può fare e resterà anche sorpreso da quelle stesse anime di cui sino alla fine ha diffidato per tutti i loro comportamenti.
Quella di Backman è una grande prova. Perché si è rimesso in gioco, si è innovato e ha osato, ma anche perché è riuscito a creare una perfetta istantanea di quella che è la società oggi, una società fatta di opportunismi, di apparenze, di futilità, di assenza di valori, ma anche di uomini e donne che hanno ancora un codice morale da rispettare e da far rispettare. Ed è riuscito anche a far provare un gran senso di appartenenza all’hockey a chi, come me, non segue nemmeno una partita di calcio. La passione per questo ti entra dentro e lascia il segno.
Un romanzo possente, forte, che suscita meditazione, che chiede di essere letto con pazienza e senza fretta, ma che non delude le aspettative.

«A volte si dice che il dolore è psicologico, mentre la mancanza è fisica. Il primo è una ferita, la seconda una parte del corpo amputata, il petalo di un fiore appassito in confronto a un tronco spezzato. Ciò che cresce molto vicino all’oggetto del suo amore finisce per condividerne le radici. Possiamo parlare della perdita, possiamo elaborarla e darle tempo, ma la biologia ci costringe ancora a vivere secondo determinate leggi: le piante divise a metà non guariscono, muoiono. […] La gente dice che è diventata matta, perché è così ce dice la gente che non sa cosa sia davvero la solitudine» p. 156

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