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Il medico cinquantenne Alain, che da giovanissimo suonava in una band musicale a Parigi, riceve dopo trentatre anni una lettera di ingaggio di una casa discografica, rimasta nascosta dietro all'armadio di un ufficio postale. La rivelazione tardiva scatena in lui una crisi ad ampio raggio sulla sua vita presente - il lavoro noioso e borghese, la moglie imbottita di sonniferi che lo tradisce, i figli ormai lontani - che lo porta a riflettere sulla radiosa possibilità di «come sarebbe potuta andare». Comincia così a cercare i vecchi membri della sua band che nel frattempo si sono fatti una vita, ma senza trovare il coraggio di contattarne direttamente due: la cantante, la bella Bérengère Leroy, di cui era segretamente innamorato ma che al tempo era fidanzata con JBM, produttore e finanziatore della band. E JBM, appunto, che è diventato uno degli uomini d'affari piú importanti di Francia e che vogliono candidare alle elezioni come «uomo politico nuovo», anche se lui non ne è molto convinto. Sposato con un'ereditiera senza amore, gentile e infelice, JBM prova affetto solo per la sua brillante e giovane assistente, Aurore, che ama come una figlia. JBM non lo sa ma Aurore è figlia di Bérengère, ed è stata cresciuta da un uomo che non era suo padre. C'è poi Sebéstien Vaugan, che nella band suonava il basso, che nel frattempo è diventato il leader megalomane di un gruppo di estrema destra. C'è l'artista contemporaneo Stan Lepelle, il batterista del gruppo, la cui ultima opera è un cervello di venticinque metri appena installato alle Tuileries. Lepelle ha una relazione con una giovane attrice di film porno russa (che alla fine del romanzo seduce Alain). C'è il figlio di un conducente del metrò che suonava il sintetizzatore e aspirava a comporre canzoni, Frédéric Lejeune, che ora si è trasferito in Thailandia e predica sulle bellezze dei locali contro l'animo ripugnante dei francesi, con un figlio che forse si è arruolato nell'Isis, forse no…



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Rapsodia francese 2017-03-21 17:45:13 ornella donna
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ornella donna Opinione inserita da ornella donna    21 Marzo, 2017
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il velo soffice e disincantato del destino

Alain Massoulier, medico francese cinquantenne, in giovane età suonava, nel tempo libero, in una band musicale a livello dilettantistico. Per fare il grande salto di qualità provano ad incidere un disco e a proporlo ad una casa discografica. La risposta giunge, tardiva, dopo trentatré anni. Sconvolge totalmente il tranquillo menage quotidiano di Alain, anche perché la casa discografica offre la piena disponibilità ad accoglierli nel suo entourage. Ma che ne è stato degli altri componenti, dopo tanto tempo? Il dottore decide di rintracciare, compito piuttosto arduo, tutti gli altri amici. A cominciare dalla cantante, la bella Bèrengère, di cui era segretamente infatuato, e trova che “il suo viso non era cambiato, ma per certi versi restava molto simile a quello della ragazza anni Ottanta. Il velo del tempo si era limitato a ricoprirlo, offuscando un poco i lineamenti di allora.”. E che dire del noto JBM, che allora era il produttore e il finanziatore della band? Ora è diventato un famoso uomo d’affari, ricchissimo, in forte odore di politica. Si vuole, infatti, candidare alle elezioni della Francia come portavoce di rinnovamento e di cambiamento, anche se lui stesso non ne è molto convinto. Lui è “un uomo geniale che non possedeva niente né appartamento né casa né quadri. Niente. Teneva sempre la valigia pronta su uno sgabello della camera. Come se dovesse partire a fine giornata o nel giro di un’ora”. Inoltre JBM aveva un fratello, Pierre, che “era molto eccentrico, con il suo orologio da taschino e le sue cravatte alla Lavallière”.Antiquario fortemente legato ad un passato che non è più di questo mondo, decide di porre fine alla sua vita ricostruendo alla perfezione il quadro denominato “La morte di Marat”, serenamente adagiato in una vasca, con un braccio penzoloni, che regge ancora la penna tra le mani. Le sue ceneri sono ancora custodite da JBM in un’urna che si porta sempre appresso, in attesa di trovare una giusta collocazione. Poi c’è lo stravagante Lepelle, scultore, la cui opera è un cervello di venticinque metri appena installato alle Tuileries. E ancora Vaughan, pazzoide leader di estrema destra, per cui “Era l’utile idiota. Lo si considerava piuttosto uno di quei profeti di sventura che proliferano prima della catastrofe.”Al termine questa ricerca mette in mostra luci ed ombre di tutti loro, fino al finale, inaspettato e ancora una volta frutto della beffa. La lettura di questo libro è veloce, leggera, scorre in un lampo. Nella narrazione, però, un ruolo importante, anche se non proprio diretto ed esplicito, ce l’ha la politica e l’andamento della società. Dagli anni ’80 il mondo è mutato, e allora viene spontaneo domandarsi: “ E se fossimo arrivati alla fine di un ciclo? E se gli uomini politici come li conosciamo non fossero più competenti, nel mondo attuale, se fossero superati, over?”. Quindi musica e politica, in un fondersi unico, totale, atto a definire il narrato. Un libro che non ha il sapore fascinoso, romantico, d’incanto che aveva il precedente, La donna dal taccuino rosso, ma che ha una forte connotazione d’attualità, d’impegno. Uno sguardo diffuso al futuro, ma con un occhio nostalgico al passato, ricoperto da un velo soffice di polvere incantevole.

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Antoine Laurain, La donna dal taccuino rosso
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