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Rapsodia francese
 
Rapsodia francese 2017-03-21 17:45:13 ornella donna
Voto medio 
 
2.3
Stile 
 
3.0
Contenuto 
 
2.0
Piacevolezza 
 
2.0
ornella donna Opinione inserita da ornella donna    21 Marzo, 2017
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il velo soffice e disincantato del destino

Alain Massoulier, medico francese cinquantenne, in giovane età suonava, nel tempo libero, in una band musicale a livello dilettantistico. Per fare il grande salto di qualità provano ad incidere un disco e a proporlo ad una casa discografica. La risposta giunge, tardiva, dopo trentatré anni. Sconvolge totalmente il tranquillo menage quotidiano di Alain, anche perché la casa discografica offre la piena disponibilità ad accoglierli nel suo entourage. Ma che ne è stato degli altri componenti, dopo tanto tempo? Il dottore decide di rintracciare, compito piuttosto arduo, tutti gli altri amici. A cominciare dalla cantante, la bella Bèrengère, di cui era segretamente infatuato, e trova che “il suo viso non era cambiato, ma per certi versi restava molto simile a quello della ragazza anni Ottanta. Il velo del tempo si era limitato a ricoprirlo, offuscando un poco i lineamenti di allora.”. E che dire del noto JBM, che allora era il produttore e il finanziatore della band? Ora è diventato un famoso uomo d’affari, ricchissimo, in forte odore di politica. Si vuole, infatti, candidare alle elezioni della Francia come portavoce di rinnovamento e di cambiamento, anche se lui stesso non ne è molto convinto. Lui è “un uomo geniale che non possedeva niente né appartamento né casa né quadri. Niente. Teneva sempre la valigia pronta su uno sgabello della camera. Come se dovesse partire a fine giornata o nel giro di un’ora”. Inoltre JBM aveva un fratello, Pierre, che “era molto eccentrico, con il suo orologio da taschino e le sue cravatte alla Lavallière”.Antiquario fortemente legato ad un passato che non è più di questo mondo, decide di porre fine alla sua vita ricostruendo alla perfezione il quadro denominato “La morte di Marat”, serenamente adagiato in una vasca, con un braccio penzoloni, che regge ancora la penna tra le mani. Le sue ceneri sono ancora custodite da JBM in un’urna che si porta sempre appresso, in attesa di trovare una giusta collocazione. Poi c’è lo stravagante Lepelle, scultore, la cui opera è un cervello di venticinque metri appena installato alle Tuileries. E ancora Vaughan, pazzoide leader di estrema destra, per cui “Era l’utile idiota. Lo si considerava piuttosto uno di quei profeti di sventura che proliferano prima della catastrofe.”Al termine questa ricerca mette in mostra luci ed ombre di tutti loro, fino al finale, inaspettato e ancora una volta frutto della beffa. La lettura di questo libro è veloce, leggera, scorre in un lampo. Nella narrazione, però, un ruolo importante, anche se non proprio diretto ed esplicito, ce l’ha la politica e l’andamento della società. Dagli anni ’80 il mondo è mutato, e allora viene spontaneo domandarsi: “ E se fossimo arrivati alla fine di un ciclo? E se gli uomini politici come li conosciamo non fossero più competenti, nel mondo attuale, se fossero superati, over?”. Quindi musica e politica, in un fondersi unico, totale, atto a definire il narrato. Un libro che non ha il sapore fascinoso, romantico, d’incanto che aveva il precedente, La donna dal taccuino rosso, ma che ha una forte connotazione d’attualità, d’impegno. Uno sguardo diffuso al futuro, ma con un occhio nostalgico al passato, ricoperto da un velo soffice di polvere incantevole.

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Antoine Laurain, La donna dal taccuino rosso
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Commenti

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Ottima recensione , bene articolata e meditata . Ma la trama non mi attira proprio...
Grazie per l'apprezzamento. Ha ragione, il libro è bello, ben scritto, ma difetta molto di contenuto. Sicuramente molto più affascinante e ammaliatore il precedente, La donna dal taccuino rosso. che consiglio
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