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Il campo del vasaio
 
Il campo del vasaio 2008-06-14 04:45:57 Arcangela Cammalleri
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Arcangela Cammalleri Opinione inserita da Arcangela Cammalleri    14 Giugno, 2008
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Il campo del vasaio di Andrea Camilleri

Teatro tra le quinte e teatralità a scena aperta: complimenti Montalbano!

Tra tutti i romanzi in cui è protagonista il nostro beneamato commissario vigatese, questo è il più “maturo”( se posso permettermi l’aggettivazione), il più compiuto e il più meditato; è come se Camilleri avesse completato un quadro pittorico dando le ultime pennellate ai colori e ai tratteggi consegnandoci un Montalbano di grandissimo spessore; tra le pieghe sempre più scavate del suo animo ora ricche di perfido sarcasmo ora di gaudente goduria culinaria ora di amarume venefico, s’intravede un uomo meno ripiegato su se stesso come se la vecchiaia incombente lo tradisse e, a tradimento, lo disvelasse nelle sue intime fragilità.

I romanzi camilleriani sono come delle magnifiche uova pasquali, sempre sorprendenti e mai scontati! In quest’ultima “Fatica” letteraria due sono i colpi di genio, le alzate d’ingegno architettate con sottile arguzia dall’autore: il riferimento biblico (Il Vangelo di Matteo), l’autocitazione (Montalbano legge Camilleri). E’ tanta la materia argomentativa, a mio parere, da trattare e rilevare che rischio di essere sommersa “dal mare grosso “Incaniato” che doveva essersi mangiata la spiaggia …” La storia, in breve, è il ritrovamento di un cadavere, dentro un sacco nero della munnizza, fatto a pezzi (30 ), dopo essere stato giustiziato con un colpo di pistola alla nuca, nel campo del vasaio, appunto, “ U critaru”. Sembrerebbe un delitto di matrice mafiosa, il cui modus operandi dell’ammazzatina simbolicamente richiamerebbe il tradimento di Giuda per trenta denari, il prezzo del sangue di Cristo. Ma, risalendo a tutta una tradizione artistico letteraria che da Pirandello porta a Sgalambro- Battiato: niente è come sembra, niente è come appare, perché la realtà non sempre è quella che cade sotto i nostri occhi, ma sta dietro le cose, dietro le persone. All’acume di Montalbano che non si accontenta delle apparenze, il fatto si presenta in tutto il suo groviglio inestricabile la cui verità va ben donde.

Nemmeno Dolores “ Dolorosa” per l’immarcescibile e impareggiabile Catarella, femmina straniera, colombiana di “perigliosa” bellezza, pareva finta, ma era vera, (Eccome era vera!), non sufficientemente adusa alla sottigliezza sicula di Montalbano, riuscirà a sparigliare le carte. Montalbano è sì stravolto dallo sciauro di cannella di questa conturbante donna, ma non al punto tale da non riuscire a governare corpo e mente. Attraverso una messinscena teatrale, quasi grottesca, scioglierà il gliommero che lo avviluppa e rocambolescamente sottrarrà l’amico Mimì invischiato nella rete della maliarda e a mettere a posto ogni cosa (come gli dirà con ammirazione il buon Fazio).

Se l’ingegnosa apertura del romanzo è teatro allo stato onirico, la scena matre è l’ autodifesa, per la calunnia sul suo conto, interpretata platealmente e con sommo sdegno davanti al questore, infarcendola, al pari di un attore consumato, con dei titoli di romanzi di Dostoevskij, ma la conclusione di esso è melanconica e dolente di opera dei pupi, metafora della vita, in cui Salvo ad ogni rappresentazione che riusciva a portare a termine, la fatica si faceva ogni volta cchiù grossa, cchiù pisanti. Fino a quanno avrebbe potuto reggere?

Il tono di tutto il romanzo è percorso da una vena dolente che macera il nostro commissario e noi partecipi lettori, cadenzata da interludi paesaggistici dove il mare è lo sfondo permanente e dove l’ironia sardonica raggiunge apici altissimi. Mai la vis beffarda e graffiante di Montalbano ha toccato ed intaccato così tanto il suo sentire e fiutare le cose, mai i suo soliloqui sono stati dei promemoria in cui si squadernano le sue intuizioni e la loro consequenziale soluzione.

Mai lo avevamo visto e sentito così toccato nel profondo dagli eventi quando questi toccano persone che ama e stima, sconquassato dalle lacrime e dalla pena interiore simile ad un eroe tragico, ma stanco. Pronto a inscenare farse degne di un teatrante di burattini pur di perseguire machiavellicamente intenti necessari all’uopo ( non per fini utilitaristici o personali).

Un Montalbano, quasi inedito? Lui, di persona, pirsonalmente va per ben due volte a Boccadasse, a starsene a guardare il mare che, a Vigata o a Boccadasse, sempre mari è. Mah! Non ce la conta giusta, cosa sta a significare?

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Tutti i libri di Camilleri e ne ama incondizionatamente tutta la sua produzione letteraria!
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