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Buio. Per i bastardi di Pizzofalcone
 
Buio. Per i bastardi di Pizzofalcone 2015-05-05 18:08:52 Bruno Izzo
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Bruno Izzo Opinione inserita da Bruno Izzo    05 Mag, 2015
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Ombre scure su una città solare

Maurizio De Giovanni è uno scrittore napoletano…così, quasi per caso.
Fino a pochi anni fa svolgeva tutto un altro lavoro, un impiego comunissimo: lavorava in banca.
Poi, costretto per scherzo dagli amici, qualche tempo fa partecipò a un concorso per giallisti esordienti, e da lì spiccò il volo, ora ha al suo attivo una dozzina di libri pubblicati e tradotti anche all’estero.
Quasi tutti gialli. Si tratta di gialli sui generis: il fatto delittuoso, l’enigma, l'omicidio narrato nei suoi libri è un mezzo, un espediente, attraverso il quale De Giovanni parla essenzialmente della sua città, e dei suoi abitanti, i suoi concittadini.
Parla di Napoli e dei napoletani attraverso i tempi, i suoi romanzi più famosi, con protagonista l’emblematico Commissario Ricciardi della Regia Questura, sono infatti ambientati nel capoluogo campano ai tempi del ventennio fascista, mentre i suoi libri più recenti, quelli del ciclo dei “Bastardi di Pizzofalcone”, sono invece localizzati temporalmente ai nostri giorni.
Un excursus storico partenopeo nel tempo, quindi.
Parla di Napoli, parla dei quartieri di Napoli, delle strade, dei vicoli, delle case, degli odori, i suoni, gli umori di questa città, parla anche dei Napoletani: e lo fa con rispetto, con amore.
Parla della città vessata da mille tormenti e da mille sventure, eppure sempre vitale, solare, una creatura viva ed energica nonostante le tante ferite, le innumerevoli cicatrici che ne solcano il corpo e l’anima, il suo “ventre” antico e dolente, ma capace anche di altro, nonostante tutto, in grado di saturarsi di gioia, passione e sentimento, così come lo descriveva Matilde Serao.
Parla dei napoletani, costretti da una fame atavica, da una miseria e un degrado millenari che non riguardano tanto il corpo, il vissuto in sé; la loro è una miseria esistenziale, intrinseca, tissutale, quasi come se un dio assurdo li avesse posti in un incantevole eden, e certamente un paradiso lo è la città del golfo, ma condannandoli però nel contempo a non poter mai usufruire per sempre ed in pace dei frutti di tale paradiso.
Un frutto succoso da non cogliere. Un pomo della discordia.
I napoletani sono angeli condannati perciò assurdamente e inopinatamente a non poter volare nei cieli del loro empireo: quei voli sono destinati ad altri, sono sempre stati depredati da altri, un dio assurdo, ingiusto, invidioso della loro bellezza spontanea nata dal mare e dalla terra insieme, e perciò vendicativo, ha represso le ambizioni e i desideri legittimi dei suoi abitanti per farne invece omaggio agli angioini, agli svevi, ai normanni, ai francesi, agli spagnoli, ai Borbone, ai Savoia, ai tanti e tanti stranieri ed alieni che si sono succeduti nei tempi a raccogliere tutto il bene di questa terra stupenda e martoriata insieme.
Lasciandone privi, defraudando con prepotenza e a forza color che ne dovevano essere i primi usufruttuari.
Condannando i napoletani alla precarietà, al degrado, ai limiti logistici e strutturali che ne condizionano alla nascita e per sempre l’esistenza, ed ai quali i napoletani reagiscono prontamente e con pervicacia con l’inventiva, l’intelligenza, i colori, la gioia di vivere e di assaporare con gusto tutto ciò che è vivo, caldo, ricco di umore e di colore, reagiscono con forza i napoletani con tutti i particolari che, in tutto il mondo, fanno dire a chiunque, ammirato, o invidioso, o semplicemente colpito: ecco, è un napoletano.
E tutto il resto è buio: in confronto a Napoli e ai napoletani, tutto il resto è buio.
Buio è il luogo dove nascono i delitti, dove semplicemente sono pensati, dove vivono gli assassini.
Napoli con i suoi mille crucci e problemi, e i napoletani laceri, distrutti, consunti dalla difficoltà di vivere, sono invece la luce.
Sempre nei romanzi di De Giovanni appare questa tenera, e stridente, contrapposizione.
“Buio” è il titolo di un romanzo di Maurizio De Giovanni.
Pizzofalcone è uno dei quartieri della Napoli centrale, uno dei più antichi e popolari.
Il commissariato di zona ha una triste storia: alcuni dei suoi membri, dei poliziotti, ben conosciuti e stimati dalla gente del quartiere, si sono macchiati in passato di una colpa gravissima: hanno tradito. Hanno tradito le leggi che avevano giurato di difendere. Hanno tradito la fiducia della brava gente del quartiere. Hanno, infatti, fatto commercio in proprio di un quantitativo di droga sequestrato alla malavita. Ne consegue uno scandalo enorme, e la perdita di stima e di affidabilità del commissariato, al punto che la questura rimugina di chiudere per sempre la sede del commissariato, ormai etichettato come il commissariato dei “bastardi di Pizzofalcone”.
E tale etichetta si applica pure, per transfert, per osmosi, anche a quanti chiamati a sostituire i poliziotti deviati.
Perché da quel momento la gente chiama i poliziotti del commissariato di Pizzofalcone, i “bastardi”. Sono stati chiamati da varie parti della città a sostituire i colleghi che hanno sbagliato, sono in un certo senso i reietti, gli esclusi, gli scarti degli altri commissariati della città, proprio per la nomea che colpisce chi esercita in quel commissariato, dove nessuno vuole giustamente essere trasferito.
Sono poliziotti ciascuno con i propri problemi, i propri limiti e incapacità.
Ma ecco che messi insieme, ecco che avviene l’incredibile, ecco che l’impossibile napoletanamente diviene possibile, reale, concreto, essi fanno spirito di corpo, messi insieme fanno una squadra, una squadra che vale, che funziona.
Tutti insieme fanno “i bastardi di Pizzofalcone”, ma con ben altro significato, stavolta, e restituiscono credibilità, efficienza, rispetto al commissariato, restituiscono dignità e onore all’intero corpo di Polizia.
In “Buio” i bastardi di Pizzofalcone indagano su uno dei reati più odiosi e oscuri del crimine: il rapimento di un bambino a scopo di ricatto.
Il romanzo si snoda su questo filo conduttore: un filo che nasce dal buio della grettezza e meschinità degli uomini, si svolge nel buio delle miserie umane, termina angosciosamente nel buio dell’efferatezza umana.
“Buio” di De Giovanni è la descrizione dettagliata della metà oscura dell’animo umano, una metà che non è di Napoli, o dei napoletani.
“I bastardi di Pizzofalcone” ci proveranno a portare luce in quel buio: ma come spesso accade, il buio non è solo una condizione transitoria, è un buco nero, assorbe qualsiasi luce.
Tanto afferma, con amarezza e pietà insieme, questo bel libro di Maurizio De Giovanni.


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Lettura consigliata
Consigliato a chi ha letto...
Certamente a chi già conosce De Giovanni, ma adattissimo a chi vuole iniziare a conoscerlo.
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Commenti

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Bellissima e dettagliata recensione, come del resto anche l'altra sul commissario Ricciardi. Di De Giovanni ho letto "Il metodo del coccodrillo"; penso, dopo le tue descrizioni con dovizia di particolari dei romanzi appena recensiti, di iniziare la lettura della prima serie con protagonista Ricciardi nel ventennio fascista. Grazie per la segnalazione. Ciao.
Ferruccio
Grazie a te che hai avuto la bontà di leggere il mio scritto. Credo non avrai a pentirtene a leggere De Giovanni; specie, se conosci Napoli, i suoi colori, odori, umori, sapori. Ciao a te!
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