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L'addio
 
L'addio 2016-06-03 03:03:49 Bruno Elpis
Voto medio 
 
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Stile 
 
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Contenuto 
 
2.0
Piacevolezza 
 
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Bruno Elpis Opinione inserita da Bruno Elpis    03 Giugno, 2016
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Perché cantate, tremate e piangete?

Antonio Moresco pronuncia “L’addio” in una storia tetra e martellante tanto nello stile narrativo enumerante azioni quanto nell’incalzare degli interrogativi pseudo-filosofici.

La città della morte e la città della vita sono in contatto tra di loro, non si sa bene quale sia il prius, quale il post.
Le scene iniziali si svolgono nella città dei morti: l’oltretomba assomiglia tanto al nostro mondo, ma è afflitta da una litania straziante (“Tutta la citta dei morti era percorsa da un coro verticale di voci di bambini morti”) che induce D’Arco, poliziotto trapassato nell’affrontare il caso dei serial killer nubendi (!), a tornare nella contigua città dei vivi per estirpare l’origine del male (“Perché cantate e intanto tremate e piangete?”).
Con lo sguardo atono (“Perché lei ha gli occhi bianchi”) e un aspetto niente affatto rappresentativo (“Il mio corpo pieno di ferite cicatrizzate ricevute durante le azioni condotte nella città dei vivi”), pilotato da un bimbo che non parla ma scrive (“Ti porto io sono qui per questo”) e conosce i luoghi ove si annidano i persecutori, il vendicatore dei bambini ingaggia una vana missione punitiva, compie una strage di persone malvage dedite ad abusi ed espianti d’organi, passa da scannatoi alla reggia della luce (“Nella terza notte è avvenuto il combattimento con l’Uomo di luce e con le sue legioni”)…

Il clima è angoscioso (“Stava già camminando sui suoi alti trampoli”), le descrizioni metropolitane sono asfissianti (“Siamo entrati in un anfiteatro che si apriva in mezzo a un cerchio di torri ancora di nudo cemento e ferro”), il lettore s’interroga (ma chi li sceglie questi finalisti dello Strega?) e chiede tregua a un autore che si sente investito – anche lui come D’Arco – di una missione tanto salvifica nelle intenzioni (“Non voglio inorridire nessuno, non voglio scandalizzare nessuno”) quanto inane nell’esito.

Peccato, in passato avevo apprezzato la poesia inquietante de La lucina!

Giudizio finale: finalista?, lugubre, ipossico

Bruno Elpis

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Commenti

6 risultati - visualizzati 1 - 6
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Moresco non è per tutti. Questo romanzo ti dà una vaga idea di come possono essere gli increati, con un ritmo di scrittura martellante, ipnotico con ripetizioni di frasi e di espressioni ossessive che danno al romanzo il ritmo di un cantico. Forse ti potrebbe piacere fiaba d'amore, è più tipo la lucina, un po' più narrativo e ossessivo più d'amore che di morte.
Riprendo la tua domanda: ma chi li sceglie questi finalisti dello Strega?
Bruno, dalle tue ultime letture vedo una soddisfazione dietro l'altra...
:-)
Tieni duro
un vero peccato, confidavo almeno in Moresco....
se le migliori letture dell'anno sono rappresentate dai finalisti dello Strega, mi viene da dire che in Italia "il piatto piange"
@ Mario: sì, in questo libro non è per me... :-)

@ Cri: ping pong, ping pong, rispondi tu, rispondo io, ahahahah :-)

@ CUB: per compensazione, ti devo aggiornare sui gatti selvatici. Sulla riva tre fiocchi, rosa, azzurri, chi lo sa... abbiam capito che il maschio alfa ci porta una cucciolata di questi tempi... :-)

@ Silvia: urge tuo parere!!! Io e Mario abbiamo bisogno dell'auf eben per dirla con Hegel :-)

Ciaooo
In risposta ad un precedente commento
Cristina72
04 Giugno, 2016
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Rispondo io: forse i finalisti dello Strega non vengono scelti in base a criteri meritocratici, forse... :-)
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