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L'altro capo del filo
 
L'altro capo del filo 2016-12-01 19:29:44 catcarlo
Voto medio 
 
3.0
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
2.0
Piacevolezza 
 
3.0
catcarlo Opinione inserita da catcarlo    01 Dicembre, 2016
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Un certo piacere e molti dubbi

La ventiquattresima apparizione in lungo di Montalbano è senza dubbio gradevole: il piacere del ritorno a casa, in luoghi e insieme a personaggi conosciuti tra i quali Fazio ha sempre più importanza, è sollecitato quasi ininterrottamente nella maniera più efficace (del ‘quasi’ ne parliamo dopo) e le figure rimanenti risultano ben delineate, dal dottor Osman all’intero personale della sartoria. Lo stile è fluido e i colpi di scena arrivano al momento giusto, così che non ci si fa pregare a procedere nella lettura per cercare di rivelare verso quale sbocco ci si stia dirigendo: quando però si chiude il libro e se ne riesamina il contenuto a mente fredda, forse anche perché indispettiti da uno scioglimento che a dir poco fa cascare le braccia le numerose magagne appaiono subito evidenti. Lasciamo stare i noti leit-motiv che iniziano a stancare nella loro ripetitività come le mangiate da Enzo seguite dalle camminate al molo per non parlare delle cene di Adelina – per essere un ultrasessantenne che non fa troppo movimento, il commissario mangia in modo davvero eccessivo: le mancanze più palesi sono nella costruzione della trama, dando un’impressione ora di posticcio, ora di forzatura. Alla prima categoria, si iscrivono le iniziali cento pagine, dedicate alle ondate di arrivi dei migranti al porto di Vigata a cui si aggiunge una breve indagine per scoprire i colpevoli di uno stupro su di una ragazzina a bordo di un barcone: all’inizio si pensa che ci sia qualche collegamento col resto della trama, ma nel prosieguo la questione viene messa in un angolo lasciando il sospetto che l’episodio serva solo a Camilleri per esprimere le sue pur condivisibili opinioni sull’argomento. Come detto, il giallo vero e proprio prende il via nel secondo terzo del volume, ma, seppur a lungo ben strutturato, patisce alcune assurdità a dir poco imperdonabili: a parte l’inspiegabile fissa di Augiello per Trupia, o Montalbano è senza scampo pronto per la pensione perché le sue facoltà razionali sono ormai venute meno oppure è impensabile che non gli venga in mente (che a nessuno venga in mente) di farsi dare l’elenco delle chiamate sul cellulare della vittima, a maggior ragione visto che l’aggeggio è sparito. Nei saluti finali, l’autore afferma che, malgrado la cecità e i novant’anni, è intenzionato a non abbandonare il suo personaggio: viste le capacità dello scrittore, il colpo di reni non è da escludere, altrimenti, considerato l’esito di questo romanzo, ci sono molti dubbi che possa essere la scelta giusta.

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